Anno | 2020 |
Genere | Docu-fiction, |
Produzione | Italia |
Regia di | Cosima Spender |
Uscita | giovedì 31 dicembre 2020 |
Tag | Da vedere 2020 |
Distribuzione | Netflix |
MYmonetro | 4,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 4 gennaio 2021
La docu-serie in 5 episodi racconta la controversa storia della comunità di recupero di San Patrignano fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978, a Coriano, in provincia di Rimini. La serie è stato premiato ai Nastri d'Argento,
ASSOLUTAMENTE SÌ
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La storia della comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano e del suo fondatore Vincenzo Muccioli, controversa figura che dal 1978 al 1995, anno della sua morte, seppe strappare alla droga e restituire alla società migliaia di ragazzi e ragazze, spesso utilizzando metodi violenti e per questo finendo a processo. Muccioli e la sua creatura, detta "Sanpa", sono raccontati dal figlio, da ex ospiti della comunità, da giornalisti, magistrati e psicanalisti e da documenti e materiali d'archivio frutto di un lavoro di ricerca lungo due anni.
La prima docu-serie italiana di Netflix restituisce la complessità di una storia d'umanità e violenza, dedizione e tradimento, dando voce alle parti in causa e restituendo il clima sociale e politico di tre decenni di storia italiana.
Chi è stato Vincenzo Muccioli? Un santo, un martire, un manipolatore, un violento, un despota, un uomo caritatevole diventato un potente con manie di controllo? In cinque episodi e altrettante ore di durata, SanPa raccoglie più elementi possibile per provare a rispondere alla domanda, arrivando a una molteplicità di risposte che non sciolgono volutamente la questione e lasciano al fondatore di San Patrignano la sua aura di grandiosità e decadenza, potere megalomane e indubbia importanza.
Gli autori Gianluca Neri, Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli, insieme con la regista Cosima Spender, raccontano la vicenda umana e giuridica di San Patrignano affidandosi all'unione delle testimonianze dei protagonisti e del materiale d'archivio recuperato (riprese dentro San Patrignano, servizi televisivi, interviste, inserti vari): una scelta che porta a rinunciare consapevolmente alla classica voce narrante come guida del racconto, ma per questo anche a una regia e uno sguardo capaci di aiutare la memoria dei singoli a diventare storia e soprattutto interpretazione dei fatti.
Perché, come dice il figlio di Muccioli, Andrea, sempre al fianco del padre e dopo la sua morte responsabile di San Patrignano fino al 2011, "ci sono i fatti, e i fatti parlano chiaro". La comunità di recupero per tossicodipendenti, infatti, nata nel 1978 per accogliere, disintossicare, amare, curare, reinserire nella società prima decine, poi centinaia e infine migliaia di ragazzi e ragazze finiti nella trappola dell'eroina, ha saputo diventare una realtà senza eguali in Europa e forse nel mondo. Una città quasi indipendente sulle colline di Rimini, "un piccolo stato" come si sente dire, creato dal nulla da un uomo dai metodi decisi e discutibili, abile comunicatore e seduttore, una volta arrestato e due volte processato, eppure mai condannato.
Attorno ai fatti, però, ci sono le idee e le leggi, espressioni di una condotta pubblica che non tiene conto della memoria, della soggettività e del dolore delle famiglie (disposte ad accettare botte, catene e sequestri di persona pur di veder salvati i figli), ma si affida al sistema democratico e al diritto inalienabile della libertà, non sempre rispettosi di storie e memorie personali. Tale visione nella serie è espressa dal giudice Vincenzo Andreucci, che indagò Muccioli nel primo processo del 1984 per le violenze a San Patrignano e poi nel secondo del 1993 per l'omicidio di Roberto Maranzano (ospite ucciso a forza di botte nella comunità e poi abbandonato in una discarica nel napoletano), e da una figura straordinariamente lucida come Fabio Cantelli, ex tossico ospite di SanPa, responsabile delle relazioni pubbliche della comunità e poi transfuga perché incapace di accettare le bugie del suo padre-salvatore, a cui lo lega tuttavia un commovente rapporto di amore e odio, riconoscenza e desiderio di liberazione.
Nelle parole di Andreucci e Cantelli, ma anche nelle testimonianze di altri ospiti di SanPa, tutti o quasi concordi nel riconoscere l'importanza di Muccioli nelle loro vite e il trauma di un distacco inevitabile, risiede la tragedia storica e umana di San Patrignano. Pur nella confusione di uno stile e di una scrittura pasticciate e ripetitive, la serie trasmette in maniera efficace il ruolo decisivo di San Patrignano nell'Italia degli anni '80 e dei primi anni '90, tra la fine della contestazione e l'invasione dell'eroina, il reflusso e la scoperta dell'Aids, il riaffermarsi di un sentimento autoritario e populista (agghiaccianti in tal senso le parole di Montanelli...) e l'esistenza sempre uguale e sempre diversa di legami inestricabili fra potere politico e potere economico, controllo sociale e persuasione dei mass media.
Muccioli è stato una figura esemplare e al tempo stesso criticabile; un uomo che ha affrontato la piaga dell'eroina alla sua maniera rude e paternalista, arrivando però a sentirsi, se non al di sopra, comunque al di là della legge. «Lei è prima di tutto un cittadino», gli disse una volta Enzo Biagi: e basta questa affermazione rigorosa e semplice a metterne a nudo la grandiosità monumentale, come di un uomo troppo ingombrante per essere dimenticato e troppo ambiguo da essere difeso oltre ogni ragionevole dubbio.
Cinque episodi dai titoli epici come una tragedia e che desiderano narrare l’ascesa e la caduta della figura mastodontica e paternalistica di Vincenzo Muccioli e della comunità da lui creata sulle ultime curve degli anni ’70. Una comunità ricavata da un podere di sua proprietà e riconvertito a stato libero dalle droghe e impiegato per reinserire socialmente, attraverso [...] Vai alla recensione »
Docu-fiction sconcertante, che se da un lato è dotata di una qualche valenza estetico-artistica, dall'altro risulta completamente inadeguata a dare una raffigurazione scrupolosa, obiettiva e veritiera del personaggio di Vincenzo Muccioli
Ho guardato questo docufil con mio figlio sedicenne. Ottima ricostruzione dei fatti, coglie luci ed ombre ma lascia che sia lo spettatore ad assolvere o a condannare quel microcosmo attraverso il quale sono passati migliaia di giovani. Per chi come il sottoscritto ha studiato a fondo le "istituzioni totali" (nello specifico le caserme) molti meccanismi legati alla nascita di gerarchie parallele [...] Vai alla recensione »