Anno | 2020 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Regia di | Nelson McCormick, Dennie Gordon, Wayne Yip, Alfonso Gomez-Rejon, Millicent Shelton, Michael Uppendahl |
Attori | Al Pacino, Greg Austin, Dylan Baker, Jeannie Berlin, Tiffany Boone Louis Ozawa Changchien, Caleb Emery, Henry Hunter Hall, Jerrika Hinton, Carol Kane, James Le Gros, Logan Lerman. |
MYmonetro | 2,72 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 13 gennaio 2023
1977. Un eclettico team si avventura in una sanguinosa ricerca per assicurare i nazisti alla giustizia e ostacolare il loro nuovo piano genocida. La serie ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, 3 candidature a Critics Choice Super,
CONSIGLIATO SÌ
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I nazisti non sono fuggiti solo in Sud America dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma si sono rifugiati negli Stati Uniti e vivono un'esistenza tranquilla. Al sicuro, mischiati alla popolazione americana tramano nell'ombra per creare negli Usa il Quarto Reich. Contro di loro un'organizzazione segreta, The Hunters, i cacciatori di nazisti. Ricca di riferimenti culturali alla New York degli anni Settanta, la serie mette in scena un gruppo di uomini e donne disposto a tutto per restituire una parte del male fatto dai nazisti. Sanguinari, vendicativi, coraggiosi i Cacciatori sono in lotta contro il tempo per impedire che un terribile complotto abbia successo.
Si conclude la serie: buono il settimo episodio e l'interpretazione di Jennifer Jason Leigh
Recensione
di Andrea Fornasiero
Dopo la scoperta della vera identità di Meyer e la sua conseguente morte, la banda di cacciatori di nazisti è fuggita all'estero per evitare l'FBI, ma qualcosa è andato molto storto e il gruppo ha finito per sciogliersi. Ora Jonah vive a Parigi e sta per sposare Clara, ma continua in segreto a dare la caccia ai nazisti. Trova una pista che condurrebbe nientemeno che ad Adolf Hitler e contatta l'agente FBI Milly Morris, a sua volta caduta in disgrazia. I due radunano gli altri cacciatori e partono alla volta del Sud America, dove Harriet li porta a incontrare la micidiale Chava. Nel mentre però Joe è stato ricondizionato psicologicamente da Hitler e ora opera al fianco del Führer, di Eva Braun e di Travis che si è da poco riunito a loro.
La seconda e ultima stagione di Hunters arriva alla resa dei conti tra i redivivi vertici nazisti e i loro multietnici cacciatori, ma l'unico episodio davvero buono è quello pressoché sconnesso dal resto della storia.
I problemi della narrazione principale di Hunters infatti sono diversi, da una parte il ritorno di Al Pacino con numerosi flashback sul passato di Meyer sembra solo un modo per riportare la star sullo schermo e, anche arrivati al finale di stagione, la sua sottotrama risulta tutt'altro che incisiva. L'altro problema è che il protagonista e produttore Logan Lerman, con il suo faccino pulito da ex Percy Jackson, proprio non ce la fa a calarsi nei panni di un giovane uomo tormentato dai propri demoni e da profondi conflitti morali. Il look anni '70, con il capello lungo e la barba (però troppo perfettamente curata), decisamente non basta. Gli altri cacciatori hanno poi una presenza ridotta, e non aiuta che la precedente stagione risalga ad almeno tre anni fa, vanificando il precedente lavoro di approfondimento svolto su di loro. Se la si dimentica, come probabilmente ha fatto larga parte del pubblico, i compagni di Jonah finiscono per diventare figure bidimensionali.
Ci sono naturalmente anche lati positivi, in una serie ad alto budget come Hunters, a partire dall'arrivo della sempre ottima Jennifer Jason Leigh: in tutte le scene in cui è presente, tra cui non a caso l'incipit della stagione, c'è un netto salto in avanti di qualità. Le sequenze d'azione con complessi corpo a corpo, spesso in notevoli location, sono ben coreografate e hanno anche una certa brutalità. Viene però a mancare il senso del pericolo rispetto alla prima stagione, perché troppe volte vediamo i personaggi immuni a piogge di pallottole nemiche o reduci da un violento corpo a corpo ma senza un livido.
Addirittura in uno degli ultimi episodi i protagonisti si ritrovano nel bel mezzo di un'imboscata, sotto il fuoco nemico di armi automatiche letteralmente da tutti i lati, ma se la cavano semplicemente con le loro pistole e sparando "meglio"... alla cieca. Scene del genere rendono l'azione pretestuosa e anche il dramma morale, che vorrebbe essere il vero cuore della serie, è troppo didascalico e risaputo per turbare la routine del racconto.
Lo showrunner David Weil ricorre infatti a drastiche misure per sparigliare le carte in tavola e negli ultimi due episodi non usa nemmeno più la sigla, firmando puntate del tutto anomale. La settima in particolare, che Weil ha anche diretto, è ambientata nella casa di un architetto che ha lavorato per i nazisti. Ha un tono favolistico, con colori accesi da libro illustrato per ragazzi ma pure con le situazioni più splatter di tutta la stagione. Siamo a metà tra le trappole di Mamma, ho perso l'aereo e l'immaginario pastelloso, infantile e surreale di Una serie di sfortunati eventi. Episodi anomali di questo tipo ce li si aspetta in una serie come Fargo, che riprende il gusto coeniano per la digressione aneddotica, mentre qui l'effetto è più un disperato tentativo di piazzare una puntata di culto - che comunque è superiore alle altre della stagione.
L'ultimo episodio invece torna a essere diretto dal principale regista di questa annata, Phil Abraham, e per tre quarti buoni immagina un processo impossibile, in un esercizio di retorica speculativa non banale ma nemmeno molto convincente, che viene poi guastato da un finale action con l'ennesima improbabile sparatoria.
Il producer Jordan Peele avrebbe dovuto essere più presente per salvare Hunters e fargli cambiare pelle. Invece la stagione trova vitalità solo con episodi del tutto anomali, mentre ha smesso di credere nei propri personaggi, tranne per il protagonista che però ha un problema di interprete. Anche i villain, costretti sulla difensiva, non riescono a essere più provocatoriamente sopra le righe e, arrivati al finale, si ricordano con piacere solo Jennifer Jason Leigh e il settimo episodio.
Una serie sulla vendetta che strizza l'occhio a Tarantino ma non manca di una forte prospettiva etica
Recensione
di Andrea Fornasiero
Jonah è un ragazzo ebreo nella New York del 1977, è un nerd e cerca di portare a casa qualche soldo spacciando erba, ma la sua inesperienza lo mette subito nei guai con un bullo antisemita. La vera tragedia che sconvolge la sua vita è però l'omicidio della nonna, perché ha assistito al fatto di nascosto e non si perdona di non essere intervenuto. Il ricco amico della donna, Meyer Offerman, gli offre la possibilità di riprendere il controllo e vendicarsi e finisce per introdurlo alla sua banda di cacciatori di nazisti. Presto Jonah e la squadra di Meyer scopriranno che è in atto una cospirazione per costruire in America il Quarto Reich.
Prodotta da Jordan Peele e scritta e ideata dall'autore di origini ebraiche David Weil, la serie strizza l'occhio al cinema di Tarantino, tra Bastardi senza gloria e Grindhouse - A prova di morte, ma non manca di una forte prospettiva etica.
I numerosi discorsi sui supereroi tra amici sono solo l'inizio di una riflessione sulla vendetta e la giustizia che attraversa Hunters, dove il tema a tratti sembra passare in cavalleria di fronte all'iperviolenza, per poi ritornare prepotentemente al centro della vicenda. Jonah infatti impiega tempo prima di abbracciare i modi della squadra, non riesce a uccidere e si chiede spesso cosa avrebbe voluto sua nonna, ma il carisma di Meyer Offerman lentamente sembra convertirlo alla causa. Roxy Jones, che agli occhi di Jonah appare come un'eroina della blaxploitaion, si ritrova presto in un corpo a corpo con una nazista ed esce traumatizzata dallo scontro. Pure i personaggi che più hanno facilità a uccidere come l'asiatico Joe Torrance e la suora inglese sorella Harriet, appaiono disturbati o inquietanti e non solo per riderci sopra.
Per quanto inizialmente, in linea con l'ingenuità di Jonah, la vendetta sui nazisti sembri una divertente scampagnata in stile Bastardi senza gloria, presto diventa una questione traumatica e un rovello etico insolubile. Lo vivranno in particolare Murray e Mindy Markowitz, che per tutta la vita hanno sognato di potersi vendicare di un uomo ma quando se lo ritrovano come prigioniero non sanno più che farne. Emblematico anche il confronto tra Offerman e il reale cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal, interpretato da Judd Hirsch, che crede nella necessità di consegnare i criminali di guerra alla giustizia per non scendere al loro livello. Forse è questa la vera grande prova che gli ebrei devono superare, suggerisce, e la serie finisce per dargli ragione in uno degli ultimi colpi di scena.
D'altra parte anche i metodi della banda trovano le loro giustificazioni di fronte a un complotto iperbolico che il governo americano, connivente con la presenza di nazisti sul proprio territorio, è del tutto incapace di fermare. Nei passaggi che descrivono l'operazione Paperclip, che ha portato i nazisti in America, o le ampie occasioni che hanno avuto presso la NASA e il dilagare dell'antisemitismo e del razzismo tra i bianchi americani, emerge chiaramente l'influenza di Jordan Peele. Il tono è spesso amaramente ironico, con siparietti finto-promozionali e altri espedienti sopra le righe, come un immaginario quiz sulle ragioni per odiare gli ebrei, ma ci sono diversi passaggi che raccontano fatti realmente accaduti. In questo è utile vedere la serie dando un'occhiata di tanto in tanto all'interfaccia X-Ray di Prime video, nella sua versione inglese, dove sono visualizzati vari trivia che informano su quali siano gli eventi reali e quali quelli fittizi e cosa questi ultimi stiano a significare.
Particolare scalpore ha suscitato la scena della partita a scacchi con esseri umani ad Auschwitz, che è del tutto inventata come appunto indicano le note alla serie stessa. La scena è stata attaccata dall'Auschwitz Memorial e Weil ha dovuto spiegare che l'intento era di mostrare torture che non fossero specifiche ma rappresentative, così come i numeri sul braccio dei sopravvissuti della serie sono tutti superiori a quelli dei reali sopravvissuti di Auschwitz. La questione può essere dibattuta naturalmente, ma in ultima analisi il tono pulp della serie di Weil non vuole documentare i crimini nazisti, che dà per assodati e che comunque ricorda anche in modo fedele in altri flashback, bensì trattarli in modo sensazionalistico che li renda scioccanti anche agli spettatori cresciuti con Schindler's List. Non è un'operazione di grana fine, del resto Hunters non vuole e non cerca di essere un Figlio di Saul televisivo, ma nei suoi momenti più forti è abbastanza estremo da non lasciare indifferenti. Basti dire di una scena del primo episodio, con una vecchia nuda sotto una doccia, per molti secondi anche frontalmente, mentre viene gassata.
C'è un'escalation di orrore nelle azioni dei personaggi di Hunters e ogni realtà che emerge è sempre più spaventosa, al punto da far quasi dimenticare gli inciampi della trama, che soprattutto negli ultimi capitoli ha diversi problemi. Per esempio chi dovrebbe ammazzare i cacciatori di nazisti finisce per essere premiato senza esserci riuscito e un personaggio dato quasi per morto alla fine di un episodio, è in piedi a parlare con gli altri quasi nulla fosse già nella puntata successiva, secondo la più banale delle retromarce.
Il cast comunque tiene alta l'attenzione anche nei momenti più autoindulgenti del racconto, che ha puntate davvero molto lunghe (la prima di un'ora e mezza e molte altre sforano i sessanta minuti): Pacino si concede con generosità, Logan Lerman mette a frutto la sua faccia da bravo ragazzo, Saul Rubinek è un ebreo in crisi di fede che elargisce paciosamente saggezza, Josh Radnor alleggerisce con i suoi modi da attore vanesio e Tiffany Boone è una presenza che buca lo schermo e ha una delle battute migliori della serie. "Sono una donna nera in America" dice a sua figlia "i supereroi non valgono niente in confronto a me".
Infine anche tra i nazisti ci sono interpretazioni notevoli, dal viscido opportunista Dylan Baker che apre la serie dissacrando il sogno americano, alla spietata Lena Olin compiaciutissima di ogni momento sadico, fino all'efficiente sicario interpretato da Travis Leach, a cui è messa in bocca la più nera tra le morali della serie: "Voi insegnate la malvagità, ma gli americani superano sempre il maestro".
New York City, 1977. Nonostante siano passati ben più di trent'anni dalla conclusione della II Guerra Mondiale, in giro per il mondo - e specialmente negli Stati Uniti d'America - circolano ancora diversi ufficiali nazisti. Anzi, più che diversi: sono centinaia e non si sono fatti una ragione della sconfitta del loro regime, al punto che cospirano per riportare in auge il Reich e fondarne un quarto, proprio negli USA. Il problema è che costoro si mescolano con la gente comune e sono difficili da individuare se non per i Cacciatori, un gruppo di persone molto diverse tra loro che hanno deciso di formare una squadra di ricerca e di cancellazione della nuova minaccia nazista. Il team, eterogeneo e variamente assortito, ha infatti scelto come propria missione nella vita la distruzione delle sacche di resistenza naziste e, soprattutto, di contrastare la messa in pratica del nuovo piano genocida delle SS sopravvissute.
Serie ideata dallo sceneggiatore, attore e produttore David Weil nonché prodotta dal premio Oscar Jordan Peele, Hunters mette in scena ciò che tecnicamente si chiama ucronia, cioè la rappresentazione di un'epoca storica passata - in questo caso gli anni 70 del 1900 - con delle differenze sostanziali rispetto a quanto realmente accaduto, per esempio eventi mai verificatisi, persone fittizie e così via. Stavolta si parte dall'ipotesi che una rete nazista clandestina non solo sia sopravvissuta al 1945 ma si sia anche trasferita in America e lì abbia prosperato fino al punto di rappresentare nuovamente un grande pericolo per la comunità.
«La serie è stata ideata da David Weil, ispirato da quest'idea dei cacciatori di nazisti, e ha scritto questo copione che per me è magnifico. È un ragazzo molto dolce, penso sia un vero artista ed è molto bravo»
Al Pacino
Amazon ha molte aspettative sulla serie e l'ha promossa anche con un (costosissimo) spot andato in onda durante il seguitissimo Super Bowl. Lo spunto narrativo seguito da Weil deriva dalle notizie relative a una serie di gruppi di vigilanti volontari anti-nazisti, molto spesso di origini ebraiche, che davvero si sono formati negli anni del secondo dopoguerra per pattugliare le città americane e cercare prove di eventuali cospirazioni. Ovviamente le somiglianze con i fatti storici si fermano qui e tutto il resto è un lavoro di fantasia.
La star indiscussa della serie nonché l'ideale nome di richiamo in cartellone è Al Pacino, che veste i panni di Meyer Offermann, il capo dei Cacciatori. Al suo fianco troviamo un cast molto composito che vede anche qualche partecipazione eccellente, come quella dell'ex Ted Mosby di E alla fine arriva mamma! Josh Radnor o del caratterista Saul Rubinek, visto soprattutto in Warehouse 13 e in molte altre produzioni per il piccolo e grande schermo (lui, peraltro, è davvero figlio di due ebrei polacchi sopravvissuti alla deportazione in un campo di concentramento). Gli altri personaggi principali hanno i volti di Logan Lerman, Jerrika Hinton, Lena Olin, Carol Kane, Greg Austin, Tiffany Boone, Louis Ozawa, Kate Mulvany e Dylan Baker.
Fino alla penultima puntata la serie è incalzante: ambientazione e scenografia curatissime, cast da applausi e sceneggiatura che, grazie al ritmo alto frutto di un mix equilibrato di stili, tiene incollati giocando sul sottile confine tra verità (fatti aderenti alla realtà storica e realmente accaduti) e verosimiglianza (fatti mai accaduti, ma non distanti da ciò che realmente [...] Vai alla recensione »
La serie parte bene, mettendo in campo elementi che fanno ben presagire. Poi però si mostra incerta su quale strada intraprendere: satira, dramma, jewsploitation, pulp tarantiniano. E non sapendo scegliere le intraprende tutte lasciando confuso lo spettatore. I buchi di sceneggiatura sono evidenti. Dalla settima puntata in poi la confusione regna sovrana, per esempio.
New York 1977. Jonah è un adolescente ebreo, con un dono, riesce a compiere deduzioni incredibili e decrittare qualsiasi tipo di codice. La tragedia piomba nella sua vita con l omicidio di sua nonna (sopravissuta ai campi di concentramento), avvenuto davanti ai suoi occhi.Il ricco ebreo Mayer Offerman ( un gigionissimo Al Pacino) introdurrà Jonah alla " caccia ".
Hunters inizia alla grande con una regia bellissima che fa ricordare in certi versi Quentin Tarantino , l'atmosfera e la trama va un pò sfinendo nel passare degli episodi per poi riprendersi alla fine con dei colpi di scena.Un grandissimo Al Pacino e un bravissimo Logan Lerman che avevo apprezzato molto nel film Fury con Brad Pitt
Dopo una spiazzante scena iniziale incontriamo Jonah Heidelbaum (Logan Lerman, giovanissimo in Quel treno per Yuma nel 2007 e protagonista adolescente di Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini, 2010). Siamo negli anni '70, Logan è un ragazzo di New York appassionato di fumetti e vive con la nonna, sopravvissuta all'Olocausto. Quando il ragazzo assiste impotente all'omicidio della [...] Vai alla recensione »
«Non tutti i bianchi sono nazisti, ma tutti i nazisti sono bianchi». È da questo sillogismo claudicante che deve aver preso le mosse il bislacco nucleo embrionale della serie di David Weil: Hunters costruisce su un contrasto stridente non solo le sue premesse narrative - ebrei sopravvissuti ai lager + simil-black panther danno la caccia ai gerarchi del fu terzo Reich -, ma anche la giustificazione [...] Vai alla recensione »
Ce l'ha insegnato Benigni, le tragedie della Storia possono diventare fiction. Accade in Hunters, dove un gruppo di ebrei (tra loro, un'attivista delle Black Panthers, Tiffany Boone), va a caccia di nazisti: le vittime diventano carnefici. Con una squadra di persone "nervose" il leader (Al Pacino, in una rara apparizione tivù) dichiara guerra ai responsabili della pagina più buia della storia mondiale. [...] Vai alla recensione »