Designated Survivor: 60 Days

Film 2019 | Drammatico

Regia di Jong Sun Yoo. Una serie con Geun-Su Won, Chong-ok Bae, Yoon-young Choi, Jun-ho Heo, Kim Joo-Hun, Han-na Kang. Cast completo Genere Drammatico - Corea del sud, 2019, Valutazione: 3 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Ultimo aggiornamento lunedì 30 settembre 2019

Un Ministro si trova a dover scongiurare una guerra tra Corea del Sud e Corea del Nord.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
Una serie politica ad alta tensione che immortala perfettamente le dinamiche sudcoreane.
Recensione di Lorenza Negri
lunedì 30 settembre 2019
Recensione di Lorenza Negri
lunedì 30 settembre 2019

La Corea del Sud viene scossa da un attentato terroristico che stermina tutti i membri del Parlamento riuniti in Assemblea nazionale incluso l'amatissimo Presidente Yang, sostenitore di una politica di distensione nei confronti della Corea del Nord. Al suo posto viene convocato Park Moo-jin, timido e meticoloso professore universitario a cui il Presidente stava per revocare ufficialmente la carica di Ministro dell'Ambiente in seguito a una divergenza di opinioni. Park non conosce le strategie politiche e tantomeno ha la scaltrezza sufficiente per muoversi tra le trappole dei suoi avversari, ma per tutta la durata dei sessanta giorni del suo mandato fa del suo meglio per scongiurare l'ombra del conflitto con la Corea del Nord, prima sospettata dell'attacco.

Designated Survivor: 60 Days è il remake di Designated Survivor, il thriller politico americano firmato Abc con Kiefer Sutherland nei panni del sostituto Presidente degli Stati Uniti.

La versione sudcoreana, da poco conclusa su Netflix (lo show è una serie originale della piattaforma digitale), segue i due mesi di mandato di Park Moo-jin, il "sopravvissuto designato" alla carica di Presidente ad interim. A differenza dell'originale, un pasticcio rovinato dalle incessanti ingerenze del network e dall'avvicendamento di vari showrunner, il remake asiatico Designated Survivor: 60 Days è un thriller politico equilibrato e avvincente, con in più dosi industriali di pathos.

Park Moo-jin, ministro "tecnico" che il Presidente Yang ha voluto al suo servizio per risolvere la spinosa questione dell'inquinamento ambientale - giudicata fondamentale per il mantenimento dei buoni rapporti con il governo americano - è uno docente universitario che si affida alla logica e alla matematica in qualsiasi ambito della propria vita. Idealista, privo di malizia e di ambizioni politiche, è un uomo timido, a disagio quando al centro dell'attenzione e senza malizia diplomatica. Quando scopre un errore di calcolo nella documentazione presentata duranti i confronti con il governo americano e si rifiuta di scendere a compromessi con gli Usa, il Presidente Yang lo liquida. Poco dopo, la sede dell'Assemblea viene distrutta da un attentato terroristico che lo rende l'unico successore alla carica presidenziale: è l'inizio dei sessanta giorni più duri della sua vita.

Designated Survivor: 60 Days non è il tipico k-drama di genere comedy o romance diffuso in Europa; al contrario è una serie politica drammatica nel quale la tensione scuote quasi fino alle lacrime, specialmente durante i primissimi episodi. In questi Park, dapprima restio ad accettare la carica ma poi persuaso da istanze morali e dal senso di responsabilità, deve decidere se assecondare l'esercito sudcoreano e gli alleati americani e muovere guerra al Nord.

La situazione che si crea - non c'è solo l'attentato, è anche scomparso un sottomarino nucleare nordcoreano nei pressi delle coste del sud - ricalca quella di Caccia a ottobre rosso, con il dittatore Kim Jong-un incapace di ammettere di aver perso ogni traccia del sommergibile e l'alleanza decisa ad attaccare preventivamente, mentre il mite Park si prodiga per mantenere la pace con pragmatismo e delicatezza.

I sedici episodi della serie si dividono tra disamina politica e disamina della natura umana. Lo show offre un'onesta analisi della situazione sudcoreana, divisa tra l'ombra della guerra fredda e del conflitto e prospettive di distensione, tra l'aggressività dei rappresentanti dell'esercito le astuzie dei politici dell'opposizione che cercano di trarre profitto dal vuoto di potere fino alla stampa pronta a tutti per monetizzare l'evento. A farne le spese per primi i nordcoreani fuggiti al Sud vittime di ondate di razzismo e strumentalizzati dal sindaco di Seoul per promuovere la propria candidatura a successore del defunto Presidente Yang. La disamina della corruzione degli alti funzionari e dell'opportunismo dei guerrafondai non soffoca la declinazione da action thriller che informa la serie: i momenti più cruciali che vedono il Presidente Park alle prese con prese di posizioni potenzialmente esiziali sono, come accennato, costruite con sufficiente maestria da appassionare l spettatore fino alla fine e gli indizi di una cospirazione interna formano alla fine un quadro coerente.

I cittadini della Corea del Sud temono per ottime ragioni lo strapotere militare e per loro non è lontano il ricordo di una situazione politica tesissima tra colpi di stato e legge marziale che li ha attanagliati fino a pochissimi decenni fa (date un'occhiata al bellissimo A Taxi Driver con Song Kang-ho per averne un'idea): Designated Survivor evoca efficacemente quelle atmosfere.

L'altro polo della narrazione è dedicato a fornire una risposta alla tesi secondo la quale anche il meno ambizioso degli individui dopo aver sperimentato il potere non vorrà più rinunciarvi. Il Presidente Park all'inizio è atterrito da un ruolo a cui non è preparato e da una situazione praticamente ingestibile: il suo disagio è rappresentato dal tremolio del piede inquadrato a più riprese e che nei momenti di massima tensione gli paralizza l'intera gamba. Park indossa - letteralmente - un paio di scarpe del Presidente che questi gli aveva regalato al suo ingresso nella Blue House. Quelle scarpe non sue, troppo strette e troppo scomode sono la metafora puntale del giudizio che Park ha del proprio ruolo. Tuttavia, grazie al potere della logica, della pazienza e dell'apertura mentale acquisiti nella professione universitaria - e a un'esasperata onestà che col tempo viene smussata dall'esperienza e dalla strategia - Park riesce a fare la scelta giusta.

Gli ultimi episodi rispondono alla domanda sulle tentazioni del potere in un modo che, brillantemente, ribadisce l'integrità morale del protagonista aprendogli tuttavia un futuro in politica. Le premesse per una seconda stagioni ci sono tutte.

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lunedì 30 settembre 2019
Lorenza Negri

Remake del thriller americano con Kiefer Sutherland, il nuovo k-drama originale Netflix immortala perfettamente il suo paese. Vai all'articolo »

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