Titolo originale | Pa-go |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 89 minuti |
Regia di | Park Jungbum |
Attori | Lee Seung-hyeon, Choi Eun-seo, Park Yeong-deok . |
MYmonetro | 3,03 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 15 agosto 2019
La giovane Yea-eun ha paura del mare che le ha portato via i suoi genitori. Rimasta sola sull'isola, viene accolta e maltrattata dalla gente del villaggio.
CONSIGLIATO SÌ
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In seguito al divorzio dal marito, l'ispettore di polizia Yeon-su Nam si trasferisce con la figlia presso il reparto di polizia marittima di un'isola, in una comunità di pescatori. Fin dalla serata organizzata per darle il benvenuto, però, Yeon-su si accorge della strana relazione che esiste tra alcuni degli abitanti e una giovane ragazza orfana cresciuta sull'isola dopo la morte in mare dei genitori, Yae-eun. Ritenendo di aver scoperto un giro di prostituzione, la poliziotta inizia a indagare. Quando le autorità cittadine cercano di portare Yae-eun lontano dall'isola, finiscono però per provocarne la fuga verso le montagne.
Il terzo film del regista Park Jung-bum si presenta come una decostruzione del genere poliziesco, in cui l'elemento criminale è invisibile agli occhi. Forzando per farlo emergere, e invertendo il rapporto causa-effetto dell'indagine di polizia, si finisce inglobati da un male sistemico.
La premessa è intrigante e coerente con il cinema del regista, che già nel precedente Alive aveva concentrato lo sguardo sui sottili equilibri socio-economici che tengono insieme una comunità professionale. Qui l'effetto è ancora maggiore, grazie alla tipica reticenza culturale del mondo-isola a cui si aggiunge la prospettiva dell'outsider protagonista. Investigatrice indefessa con gli occhi fissi sul blocco note, Yeon-su cerca più o meno consapevolmente lo scontro frontale con una realtà troppo complessa per la sua logica binaria, in un'atmosfera che ricorda le paludi morali del Sicario di Villeneuve.
Park Jung-bum le attraversa con dedizione ammirevole, tirando via gli strati di ambiguità uno dopo l'altro. In passato aiuto regista di Lee Chang-dong, sembra a volte arrivare vicino ai livelli di messinscena rurale e di non-detto dell'eccellente Burning, ma è labile il confine tra ellissi affascinanti e semplice mancanza.
Nella figura sacrificale di Yae-eun, il film crea un simbolo di innocenza lentamente plasmata dai soprusi "invisibili" della collettività, e incapace di avvicinarsi all'acqua che circonda l'isola per liberarsene. È una delle immagini pregne di cinema che costellano il film, e che trova una catarsi nel bel finale accomunando Yae-eun e Sangyi, la figlia della protagonista. Sono loro le forze che resistono allo status quo imposto dagli adulti, vagando per l'isola come temibili cinghiali selvatici.
In seguito al divorzio dal marito, l'ispettore di polizia Yeon-su Nam si trasferisce con la figlia presso il reparto di polizia marittima di un'isola, in una comunità di pescatori. Fin dalla serata organizzata per darle il benvenuto, però, Yeon-su si accorge della strana relazione che esiste tra alcuni degli abitanti e una giovane ragazza orfana cresciuta sull'isola dopo la morte in mare dei genitori, Yae-eun. Ritenendo di aver scoperto un giro di prostituzione, la poliziotta inizia a indagare. Quando le autorità cittadine cercano di portare Yae-eun lontano dall'isola, finiscono però per provocarne la fuga verso le montagne.