Titolo originale | Stardust |
Anno | 2020 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 109 minuti |
Regia di | Gabriel Range |
Attori | Jena Malone, Johnny Flynn, Marc Maron, Roanna Cochrane, Jorja Cadence Allie Dunbar, Brendan J. Rowland, Milan Carmona, Myles Dobson, Derek Moran, Anthony Flanagan, Julian Richings, Aaron Poole, Monica Parker, Ryan Blakely, Gord Rand, Paulino Nunes, Richard Clarkin, Jeremy Legat, Annie Briggs, Olivia Carruthers, Geoffrey McGivern, Lara Heller, Martin Askew, Dylan Roberts, Oliver Becker, James Cade, David Huband, Gracie Robbin, Tara Wink, Tanacia Reedon, Violetta Pioro, Kenzie Delo, Drew Moss, Liam Buckley, Tracy Baker. |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 1,70 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 29 ottobre 2020
La storia del primo viaggio di Bowie negli USA.
CONSIGLIATO NO
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1971. David Bowie è all'aeroporto di Washington D.C. da dove deve partire il tour di lancio negli Stati Uniti del suo ultimo album, The Man Who Sold The World. Space Oddity è stato un successo internazionale, ma questa nuova creazione musicale è considerata troppo dark per incontrare i favori del pubblico americano. Tuttavia l'addetto stampa della casa discografica Mercury, Ron Oberman, crede nel talento di Bowie e gli ha preparato quel tour promozionale: peccato che la mancanza di un permesso di lavoro e di un budget consistente non permetta a David di fare concerti o esibirsi in radio e televisione e limiti il tour a performance in feste private e interviste. E David non ama parlare con i giornalisti: in particolare quelli che vogliono a tuttii costi trovare una correlazione fra il suo ultimo album e la follia.
Stardust dichiara fin dall'inizio che "gli eventi narrati sono in gran parte fiction", e questo in sé non sarebbe un problema, anche parlando di un artista conosciuto e osannato in tutto il mondo. Ma è davvero difficile riconoscere nell'attore protagonista Johnny Flynn lo spirito struggente e iconoclasta di David Bowie: se è vero che il film racconta un Bowie ancora in cerca della propria identità di performer più che di musicista, è anche vero che molti dei suoi tratti distintivi si erano già manifestati anche prima di Space Oddity.
La scarsa somiglianza fisica fra Bowie e Flynn inoltre non aiuta, così come non aiuta una sceneggiatura che descrive il cantante inglese come sciocco e arrogante, e sua moglie Angie come villana, ferocemente ambiziosa e costantemente sopra le righe.
Per contro funziona molto bene il personaggio di Ron Oberman grazie all'interpretazione ricca di sottotesti e sfumature di Marc Maron, comico e autore molto apprezzato negli Stati Uniti, che aveva avuto un piccolissimo ruolo (nei panni di un promoter musicale) in Quasi famosi, il film che forse Stardust avrebbe dovuto emulare, incentrandosi non sulla figura di Bowie ma su quella dell'addetto stampa che deve cercare di renderlo appetibile al pubblico yankee.
Invece la scelta del regista Gabriel Range e degli sceneggiatori Paul Van Carter, Nick Taussig e Matt Code sembra essere quella di unirsi al coro dei biopic musicali degli ultimi anni, da un lato creando una ricostruzione vintage più kitch che rock, dall'altro concentrandosi su una trama (melo)drammatica che ha a che fare con rimossi psicologici e dinamiche famigliari problematiche.
Ben poco di ciò che ha reso David Bowie un'icona e l'ha fatto amare dal pubblico riesce a trasparire in questa rappresentazione da un lato fortemente didascalica, dall'altro più interessata a imputare l'"alienità" di Bowie a un background tormentato che a capire l'essenza del suo genio musicale e interpretativo. Il viaggio dell'artista per diventare Ziggy Stardust cui allude il titolo del film ci lascia in realtà all'oscuro sulle sue qualità interiori e la natura intrinsecamente rivoluzionaria del suo talento, spesso riducendolo a un superficiale insicuro e presuntuoso.
Il film reinventa in fiction una frazione della parabola bowiana, quella successiva al successo di Space Oddity, segnata dalla fredda accoglienza di The Man Who Sold The World, concentrandosi sul relativo, fallimentare tour americano: impossibilitato a esibirsi, per la mancanza del visto di lavoro, David Bowie, acerbo comunicatore, colleziona incontri con la stampa segnati da incomprensioni e dal sospetto [...] Vai alla recensione »
David Bowie non è mai stato così moscio come nel quasi biopic diretto da Gabriel Range, presentato dentro la Selezione ufficiale, intitolato Stardust. Quasi biografico perché la pellicola segue un arco temporale brevissimo, quando la rockstar non è ancora né rock (l' unico successo è Space Oddity del 1969, accusata di essere un mezzo plagio dei primi Bee Gees) né tantomeno stella.
Se c'è uno spartiacque nella successione di metamorfosi che è la carriera di David Bowie è la transizione compresa tra gli album "The Man Who Sold the World" e "Hunky Dory". Indagare sul 'buco nero' della crisi che sfocerà nella nascita dell'extraterrestre Ziggy Stardust, con i suoi "Spiders from Mars", è il non facile compito che si assume "Stardust", biopic molto sui generis confezionato da Gabriel [...] Vai alla recensione »
Si può fare un film su David Bowie con un attore brutto o, se preferite, non bello come lui era a incarnare David Bowie? Soprattutto, si può fare un film su David Bowie senza le canzoni di David Bowie? Se vi piacciono, per così dire, le emozioni forti, Stardust è il vostro film. In cartellone alla Festa del Cinema di Roma, regia di Gabriel Range, dà a Johnny Flynn (Emma) il compito di incarnare il [...] Vai alla recensione »
Siamo indubbiamente nell'epoca del biopic musicale. Solo nel 2018 Bohemian Rhapsody si portava a casa, alla 91a edizione degli Oscar, ben quattro statuette e il primato come biopic musical di maggior successo nella storia del cinema. Il film sui Queen, e prima il rilancio musical di La La Land, hanno ridato luce commercialmente a questi prodotti, portando in sala sempre più lavori simili (tutti attendiamo [...] Vai alla recensione »