Titolo originale | Cinecittà - I mestieri del cinema Bernardo Bertolucci: no end travelling |
Anno | 2019 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 55 minuti |
Regia di | Mario Sesti |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | 3,02 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 31 maggio 2019
Un'ultima chiacchierata con Bernardo Bertolucci.
CONSIGLIATO SÌ
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Nell'immaginario collettivo le origini del cinema sono un treno, una stazione, i binari. Questa è la scena primaria. Grazie al treno lo sguardo della macchina da presa divenne mobile. Lanciato dallo schermo su spettatori incantati nel 1896, il treno attraversa l'intera storia del cinema e percorre trasversalmente tutti i generi cinematografici. È il luogo ideale allora per cominciare una riflessione sul cinema. Lo sa bene Mario Sesti, critico e regista che fa tesoro di un frammento per costruire un discorso amoroso (e barthesiano) sul cinema di Bernardo Bertolucci. Ma facciamo un passo indietro. Nel 2016, nel quadro della Festa del Cinema di Roma, l'autore emiliano partecipa a un incontro col pubblico e regala per l'occasione a Mario Sesti una sequenza inedita di Novecento, una locomotiva in corsa che impone il treno come protagonista assoluto della nuova mitologia comunista in marcia sulle rotaie "con muscoli d'acciaio e forza cieca di baleno".
Il Novecento è il secolo del cinema e Novecento, sinfonia pastorale e affresco epico sulla nascita del comunismo sulle rive del Po, è la stazione di partenza di un documentario che interroga Bernardo Bertolucci in capitoli indipendenti.
Proprio come nel libro di Roland Barthes, possiamo 'leggerne' uno oggi e il prossimo domani. La casualità cronologica delle pagine e sullo schermo traduce un sentimento intimo, uno stato d'animo singolare. L'originalità del lavoro di Sesti è nella sua struttura, un movimento amoroso diviso in sezioni (scene d'amore, Francia, il tempo, il set, dissolvenza...) che attraversa il cinema e il pensiero di Bertolucci sul cinema e lo organizza in frammenti, oggetti, figure, passaggi, fratture. Le situazioni descritte da Bertolucci, la poesia che volge nel desiderio del primo film, l'ammirazione per il cinema hollywoodiano, il tradimento del padre biologico (Attilio Bertolucci) per quello artistico (Pier Paolo Pasolini), le citazioni colte e gli aneddoti che scorrono sulle immagini di un cinema fatale e ostaggio del suo milieu sociale, sono prestiti di amicizia (a Sesti e allo spettatore), tracce di un rapporto intimo costruito negli anni attraverso incontri, interviste, confronti. Conversazioni che volgono in chiacchiera tra amici avvicinandosi al grado zero del (suo) cinema. Bernardo Bertolucci: no end travelling non ha trama se non quella dell'indagine appassionata di un autore e della sua produzione prima e dopo la rivoluzione. Dibattuto da sempre, come il militante comunista di Prima della Rivoluzione, tra le aspirazioni marxiste e le origini borghesi, il suo cinema è una cassa di risonanza di contraddizioni intime che non cesseranno di interrogarlo nel corso della carriera.
L'esplosione spaziale dei suoi film perde o raddoppia i personaggi, moltiplicando una serie di riflessioni in cui l'autore si cerca, spesso invano, dietro la posizione assegnata dalla classe sociale e dalla Storia. Affascinato dal padre, poeta e critico della "Gazzetta di Parma", adottato da Alberto Moravia che adatta nel 1970 (Il conformista), iniziato al cinema da Pier Paolo Pasolini sul set di Accattone, infervorato da Jean-Luc Godard (il rapporto tra sessualità e politica, la giovinezza militante, la rivendicazione di una radicalità estetica, la diffidenza verso il linguaggio dominante), Bertolucci, incline all'autoanalisi, si racconta in un appartamento come Marlon Brando, a cui chiese di dimenticare la lezione dell'Actors Studio e di essere semplicemente se stesso. Tra istinto e ragione, artificio e realismo, utopia sentimentale e lirismo marxista, favola politica e superproduzione di lusso, imperatori e dreamers, che sognano la rivoluzione culturale nelle alcove piuttosto che sulle barricate, il suo cinema confessa fino alla fine un eterno desiderio di trasgressione e abbandono sensuale. Nato nelle tenebre del fascismo, perseguitato tutta la vita da uno scandalo a base di sodomia e burro (Ultimo tango a Parigi), vincitore barocco di nove Oscar (L'ultimo imperatore), Bernardo Bertolucci muore a Roma il 26 novembre del 2018, lasciandoci con la sua opera, la nostalgia infinita di un'innocenza carnale, di un rifugio privato, di un comunismo amoroso. Lasciandoci quel suo treno che ha attraversato di prepotenza due secoli e offerto allo spettatore un 'viaggio immobile' nel buio della sala, vicinissimi allo schermo, "per ricevere le immagini per primi, ancora nuove, ancora fresche". Bernardo Bertolucci: no end travelling, nel modo di un treno, è un produttore di narrazione. È il percorso di un bambino viziato del (e dal) cinema che ha preso tutto quello che poteva offrirgli.
Mario Sesti ci ha consegnato un ricordo molto personale del suo rapporto con Bernardo Bertolucci, Bernardo Bertolucci: no end travelling, è un documento precisamente contrappuntato da date ed eventi, fotografie e ricordi che mescolano la sua biografia personale con quella del regista di Novecento. Scomparso il 26 novembre 2018 dopo una lunga malattia, Bernardo Bertolucci ha rappresentato l'anello di [...] Vai alla recensione »
L'assolo di Bernardo Bertolucci. L'Italia, l'America, la Francia, l'Oriente: una vita nel segno del cinema. Testimonianze da un maestro, il suo ricordo più bello. Bertolucci non dietro la macchina da presa, ma davanti. Protagonista assoluto, con Mario Sesti, questa volta regista, che dipinge il suo ritratto più umano. Non solo l'arte, ma soprattutto l'uomo, l'analisi di una carriera immortale, da La [...] Vai alla recensione »
Il regista Mario Sesti, critico e giornalista cinematografico, ricorda i suoi incontri con Bernardo Bertolucci, le numerose interviste pubblicate su giornali e settimanali, quelle in video per i film di Bertolucci editi in dvd, prima di una lunga conversazione in video con lui, completamente inedita, realizzata poco più di un anno fa per una serie dedicata ai "mestieri del cinema".
Un treno corre verso di noi, con le sue bandiere rosse, e noi corriamo con lui, all'indietro, senza vedere dove andiamo, trascinati dal suo furore. Un'inquadratura di Novecento non montata, regalata da Bernardo Bertolucci a Mario Sesti. «Ti regalo l'inizio del cinema», gli disse. Ma prima ancora di parlare di cinema, il giorno del primo incontro, gli chiese: «Quando hai scoperto di non essere immortale?». [...] Vai alla recensione »