Salvate il soldato Ryan |
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Un film di Steven Spielberg.
Con Tom Hanks, Tom Sizemore, Edward Burns, Matt Damon, Barry Pepper.
continua»
Titolo originale Saving Private Ryan.
Guerra,
Ratings: Kids+16,
durata 167 min.
- USA 1998.
- UIP - United International Pictures
uscita venerdì 30 ottobre 1998.
MYMONETRO
Salvate il soldato Ryan
valutazione media:
3,89
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Irene Bignardi
La Repubblica
Da Venezia, dove Salvate il soldato Ryan ha inaugurato l'ultima edizione della Mostra, mi chiedevo, per sintetizzare le mie perplessità di fronte al colossale film di Steven Spielberg, da che parte stesse il regista, quale fosse in realtà la sua posizione nei confronti della guerra, dei suoi orrori, dei mostruosi paradossi che racconta con tanta perizia registica nel suo tragico affresco. Anche se continuo a pensare che, come ci si poteva aspettare da uno dei massimi inventori di immagini e di icone del nostro tempo, Salvate il soldato Ryan ha dei pezzi di cinema straordinari, la perplessità e gli interrogativi restano. Perché il limite del film di Spielberg sta in una onesta e ben intenzionata ambiguità di fondo che parla attraverso un autentico sdegno, un'autentica pietas. Con il risultato di trasmettere un messaggio contraddittorio. In che cosa consiste l'ambiguità di Spielberg? Nel fatto che affrontando la Seconda Guerra Mondiale con gli occhi di chi ha visto il cinema sul Vietnam - la guerra "sbagliata" del suo paese e della sua generazione - Spielberg applica quello sguardo, e la scelta di raccontare l'orrore, all'intoccabile (o quasi) guerra "giusta", quella che gli Americani combatterono nel ruolo di angeli liberatori sul suolo europeo. Così i due elementi del film, da una parte la terrificante carneficina che Spielberg mette in scena come un cinegiornale dell'epoca, raccontando con venticinque minuti di magistrale ricostruzione lo sbarco degli americani a Omaha Beach, in Normandia (venticinque minuti di cinema che, ne sono certa, metà degli spettatori guarderanno per così dire a occhi chiusi, tanto brutale è il realismo della messinscena di un orrore che sappiamo reale, e che, in quanto realmente accaduto, non possiamo respingere in un angolo della coscienza come facciamo con il cinema della violenza), dall'altra il quesito etico che è al centro del nucleo narrativo del film (è giusto mandare otto uomini a morire per salvare la vita di uno solo, anche se questo è l'ultimo figlio rimasto a una poveretta che ne ha persi tre in guerra?), sembrano una denuncia antibellicistica che in realtà non possono essere. Perché per Spielberg le guerre "giuste" esistono - e cosa scegliere di meglio che l'attacco dei salvatori americani al mostro nazista? E il quesito etico sul soldato Ryan che va salvato a rischio della vita degli altri (e magari del dolore delle mamme che di figli ne hanno uno solo...) non trova risposta, visto che il ragazzo si rifiuta di essere "salvato", e fa il suo dovere di soldato fino in fondo - e fino in fondo al film, poiché è Ryan ormai vecchio che vediamo inginocchiarsi nella distesa di croci di un cimitero di guerra, in quella che è la cornice e la sintesi morale della storia, a ricordare il capitano accanto a cui ha combattuto. A dispetto della "giustezza" delle guerre in questione, il grande cinema antimilitarista di Milestone, di Kubrick, di Losey, di Rosi, avrebbe affrontato la questione in maniera problematica. Spielberg invece - l'uomo che è riuscito a trovare uno spiraglio di speranza persino nella tragedia dell'Olocausto, il portatore di una inestirpabile fiducia nelle magnifiche sorti e progressive dell'umanità - nel mandare il capitano Miller (Tom Hanks, sempre più bravo nel suo ruolo di uomo qualunque, di eroe controvoglia) e il suo campionario di uomini alla ricerca del soldato Ryan (Matt Damon, il nuovo eroe nazionalpopolare), rappresenta, mette in scena, racconta, un'impresa di quelle che Bob Dylan chiamava (lui sì con qualche ironico dubbio) "with God on my side ", con Dio dalla nostra parte. Certo non ci sono trionfalismi, ma solo amarezza, nella visione di questa guerra. E non ricordo un altro film in cui si veda un GI sparare a un soldato tedesco che ha alzato le mani in segno di resa. Ma dopo il folgorante inizio e il suo bombardamento di terrore, di suoni intollerabili, di emozioni, pur inventando dei momenti fortissimi (penso alla voce di Edith Piaf che risuona sul villaggio devastato dove i nostri devono tenere "quell'ultimo ponte" contro i tedeschi), Spielberg si perde nell'anticlimax di una serie di situazioni esemplari che fan parte del repertorio cinematografico e che finiscono per essere soprattutto un omaggio alla generazione dei padri. E da un film debordante, troppo semplice e troppo complesso allo stesso tempo, esce chiaro l'invito, indirizzato a una generazione distratta e amnesiaca, a ricordare una guerra che è stata lo spartiacque del secolo, e l'ultimo momento dell'innocenza americana prima che gli Usa da angeli liberatori diventassero i padroni dell'impero.
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