Brucio nel vento |
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Un film di Silvio Soldini.
Con Ivan Franek, Barbara Lukešová, Ctirad Götz, Caroline Baehr, Cécile Pallas.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Svizzera 2002.
- 01 Distribution
uscita venerdì 18 gennaio 2002.
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Roberto Nepoti
La Repubblica
Si è parlato molto, la scorsa stagione, di rinascita italiana, quando il talento consolidato di Nanni Moretti e quello emergente di Gabriele Muccino hanno fatto sperare in una nuova fioritura del nostro cinema. Poi lo sboccio con la parziale delusione di Venezia è parso frenato. Però la rinascita c'è. Lo dimostra una produzione coraggiosa e difficile come Brucio nel vento, film forse non perfetto ma bello, intenso e struggente diretto da Silvio Soldini. La storia, adattata dal breve romanzo di Agota Kristof Ieri, è incentrata su un fantasma d'amore; ennesima riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che le storie migliori sono quelle che raccontano un'ossessione. Figlio di una giovane prostituta di villaggio, Tobias fugge all'Ovest dopo avere accoltellato l'amante della madre. Non vi trova un'aria serena, ma un triste lavoro alla catena di montaggio, una vita grama tra altri emigrati alle prese con la povertà e le umiliazione quotidiane. Tobias, invece, vuole scrivere e amare: amare Line, che ha conosciuto da bambino e cerca in tutte le donne che incontra. Un giorno giunge in Svizzera, nella fabbrica in cui lavora il giovane, proprio Line. È sposata, ha una bambina, è sorella di Tobias per via paterna; nessun ostacolo, però, sembra insormontabile al visionario innamorato. Brucio nel vento è il film migliore di Soldini, nettamente superiore al celebrato Pane e tulipani. Per gradi, il regista installa un'atmosfera di squallore poetico quanto mai suggestiva e contagiosa, facendoti sposare la pazzia d'amore di un personaggio che all'inizio appare bizzarro, poi si conquista la tua solidarietà e il tuo affetto. Lui soprattutto e il carisma dell'interprete Ivan Franeknon ha una parte secondaria in ciò ma anche la trepida Line, il patetico Janek, affamato di patate e di contatti umani, e altri caratteri di contorno. Nella colonna delle cose meno riuscite vanno iscritte l'improvvisa accelerazione degli eventi (e del ritmo cinematografico) nell'ultima parte, le allucinazioni di Tobias, il commento musicale un po' troppo straziante di Giovanni Venosta. Però il bilancio è largamente in attivo; c'è da restare sorpresi, anzi, per la qualità del risultato a fronte di problemi, estetici e produttivi, di cui è intuibile la complessità. Ottimo il doppiaggio di Fabrizio Gifuni e Licia Maglietta; anche se gli spettatori più sofisticati non vorranno perdersi l'edizione originale con sottotitoli.
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