Gli ultimi minuti del volo United 93 la fantasia ha l'emozione della verità
di Natalia Aspesi La Repubblica
Il cinema catastrofico ha sempre il lieto fine: mentre ne succedono di ogni colore lo spettatore gode del suo rassicurante batticuore perché sa che poi, come di dovere l'eroe (Tom Cruise, Sylvester Stallone?) si salverà salvando la sua innamorata, i compagni d'avventura e addirittura il mondo intero. Ma con United 93 non c'è illusione, non c'è sollievo: la data è fatale, quella dell'11 settembre2001, la storia è incancellabile, quella del solo tra i quattro aerei dirottati quel mattino dai kamikaze arabi, cui fu impedito di centrare il probabile obiettivo, forse Washington, forse la Casa Bianca, dalla rivolta dei passeggeri.
L'apparecchio si schiantò pochi minuti prima in un punto disabitato della Pensylvania: tutti morti, i 33 passeggeri, i 7 membri dell'equipaggio, i 4 terroristi. Certo un film porta generalmente con sé la pesante inautenticità della fiction, soprattutto quando affronta una tragedia realmente accaduta, per di più molto recente. Ma il regista inglese Paul Greengrass (autore di Bloody Sunday, rievocazione della sanguinosa marcia per i diritti civili nell'lrlanda del Nord del l972), ha affrontato la grande ferita americana con appassionato rispetto e lucida misura, evitando manipolazioni facili o esagerazioni emotive: nulla si sa di certo di quello che avvenne in quei 30 minuti di orrore, forse è impossibile che una folla di passeggeri sia riuscita a entrare nella cabina di pilotaggio e a immobilizzare i terroristi. Ma il regista riesce a dare agli inevitabili momenti di fantasia la sommessa emozione della verità, senza mai scadere dalla tragedia al melodramma, dalla disperazione al sentimentalismo.
Quattro ragazzi arabi dall'aria di studenti per bene pregano il loro Dio, all'aeroporto uno di loro al cellulare dice "Ti amo" a chi sa di non vedere mai più. il Boeing 757 della United Airlines, volo 757 da Newark a San Francisco parte in ritardo, e i suoi passeggeri sono gente qualsiasi, facce qualsiasi. in volo, alle 9,28, i quattro terroristi hanno già ucciso i piloti, sgozzato una hostess e si sono messi ai comandi, uno grida e picchia, l'altro grida e tiene in mano una bomba. Caos, terrore, prega qualche passeggero, pregano i terroristi, ognuno il suo Dio, quello della salvezza, quello della morte. Dai cellulari qualcuno ha saputo: due aerei di linea come il loro hanno squarciato prima una poi l'altra delle Torri Gemelle, e il mondo intero sta assistendo in diretta, dai teleschermi, al crollo, ai fuoco, ai morti, alla grande paura, a quella che sembra la fine dei mondo. Le notizie confuse riguardano anche un altro attacco, questa volta sul Pentagono. Fanno presto i passeggeri a capire: anche loro sono diventati un'armadi distruzione verso chi sa quale obiettivo. "Nessuno ci aiuterà, dobbiamo aiutarci da noi", dice qualcuno. Moriranno comunque, perché non ribellarsi almeno al disegno terroristico? Un gruppo entra nella cabina di pilotaggio, ingaggia una lotta con i terroristi, mentre l'aereo perde quota, precipita, si schianta: forse gli eroi speravano di salvarsi, forse hanno voluto sacrificarsi per impedire una strage programmata e ancora più spaventosa.
United 93 si svolge in tempo reale, 30 minuti di terrore, con tecnica documentaria, alternando con ritmo sapiente, sempre più accelerato e angosciato, le scene all'interno dell'aereo con quelle a terra, nelle torri di controllo in cui dagli schermi svaniscono i segnali degli aerei dirottati, e tutta quella supertecnologia non serve più a nulla, e la folla di esperti, impotente, si agita incredula, tra ordini e contrordini, telefonate a vuoto, confusione, paralisi, impossibilità a capire cosa sta davvero succedendo. Nelle torri di controllo del Kennedy non sono i loro radar ma la CNN a mostrare il crollo del World Trade Center. Le forze aeree militari non rispondono, non si trovano i responsabili, mandare o no i caccia contro i due aerei rimasti in volo, abbatterli con tutti i loro passeggeri? Viene in mente quell'agghiacciante momento di Farenheit 9/11 di Michael Moore quando si vede il presidente Bush mentre legge compiaciuto agli scolaretti il libriccino "La capretta": un addetto gli sussurra che a New York è successa una catastrofe. Lui resta imbambolato, poi riprende a leggere, fino a quando ritorna l'addetto per comunicargli che anche la seconda torre è stata colpita.
Greengrass ha costruito una storia corale, senza protagonisti, senza singoli eroi, anche per confortare i parenti delle vittime che si erano offesi per gli onori resi solo ai quattro passeggeri exat1eticheu~ando i cellulari erano apparsi i soli eroi della tragedia. Anche per questo il regista ha scelto attori sconosciuti o non attori, o addirittura veri piloti, vere hostess, veri addetti alle torri di controllo, perché nessuno evocasse una forma di protagonismo: non si fanno i nomi delle vittime, non quelli degli attori.
Da La Repubblica 27 maggio 2006
di Natalia Aspesi,