Le sue idee non sono poi così insolite e bizzarre, come alcuni critici francesi dicono. In realtà, infatti, lo sono molto meno di come potrebbero sembrare. Il regista francese André Téchiné è considerato il maestro dei giganteschi controcampi psicologici che ribaltano il campo e le inquadrature scena per scena, battuta per battuta, primo piano dopo primo piano. Mettere in pratica questo concetto al suo livello, con la tecnica e il linguaggio che gli sono propri, gli permette in primo luogo di dar conto sempre di due realtà ben diverse.
Secondo uno stile melodrammatico tradizionale, analizza infatti le diversità e le assonanze umane cercando di fare dei buoni film e dando vera e propria vita ai suoi personaggi che si dibattono fra commedia e dramma. Mai nessuno, prima di lui, aveva messo in atto una cosa del genere con una radicalità metodologica e così esibita fin dentro la sceneggiatura. Sfruttando le leggi del cinema, ci invita a identificarci non con un attore ben preciso, ma con tutti i protagonisti della vicenda. Difficile essere equidistanti dall'uno o dagli altri, soprattutto nelle scene dove lo scontro fisico e psicologico hanno una centralità importante. Coerentissimo, asciutto, concreto, quasi disperato, Téchiné accarezza il cinema tedesco di Fassbinder e ci obbliga a riflettere su un medesimo fatto, mettendo a confronto due opinioni direttamente opposte: il che è un ottimo antidoto contro le certezze immobili della nostra realtà. Eroi, vigliacche, violenti e mansuete, si legano tutti con intelligenze e sensibilità al collante unico, l'amore, che è la chiave di volta per la bellezza e la profondità dei caratteri interpretati. Il suo occhio non fa altro che seguirli, squadrarli, raccontare un pezzo della loro storia, poi si allontana, abbandonandosi con il rispetto giusto per la verità del loro cuore, che solo essi sanno.
Formazione ed esordi
Dopo essersi laureato all'IDHEC, ovvero l'Institut des Hautes Études Cinématografiques di Parigi, comincia da subito il lavoro di critico cinematografico entrando nei Cahiers du Cinéma, dove scriverà dal 1964 al 1968. Simultaneamente, nel 1965, dirigerà il suo primo cortometraggio Les Oiseaux anglais, seguito nel 1971 da The banquet. Diventa poi assistente regista per il programma televisivo francese "Discorama", passando a diventare regista teatrale per lo spettacolo "Chantage au théâtre". Nel 1968, è ancora aiuto regista nel film Les Idoles di Marc'o, con Pierre Clémenti, e ricoprirà lo stesso lavoro anche per L'amour fou (1969) di Jacques Rivette.
La sua opera prima è Paulina s'en va (1970), pellicola drammatica con la nostra Laura Betti, immediatamente seguita dalla regia della serie televisiva Michel - L'enfant-roi (1972). Anche attore, recita per Jean Eustache ne La maman et la putain (1973), accanto a Jean-Pierre Léaud. Particolarmente abile come sceneggiatore (Aloïse, 1975), dirige Jeanne Moreau nella commedia drammatica Souvenirs d'En France (1975), genere che sarà poi replicato nel film Barocco (1976) con Isabelle Adjani e Gérard Depardieu.
La Palma d'Oro
Sempre con la Adjani firma il biografico Le sorelle Brontë (1979) e nel 1981 passa a Catherine Deneuve in Hôtel des Amériques. Dopo aver firmato il documentario per la tv L'atelier del 1985, lo stesso anno parla di educazione sentimentale con il film Rendez-vous, vincendo la Palma d'Oro come miglior regista. Torna alla macchina da presa, l'anno successivo con una Deneuve impegnata ne Il luogo del crimine (1986). Seguiranno alcune pellicole mediocri e che non verranno comprate dal mercato italiano e quindi, mai apparse sui nostri grandi schermi. Il nome di Téchiné, torna infatti nel 1991, accanto a quello di Philippe Noiret in Niente baci sulla bocca. Il ritorno al suo genere, la commedia drammatica, avverrà con Ma saison préférée - La mia stagione preferita(1993) con la Deneuve, ma è con L'età acerba (1994) che conquista veramente tutti. La storia di tre ragazzi, una femmina e due maschi, che si scontrano, si innamorano, si desiderano fra di loro è uno dei più bei film che avesse mai potuto girare, tanto è vero che vince meritatamente i César per la miglior regia, film e sceneggiatura.
Gli anni duemila
Dopo Les Voleurs (1996) con Catherine Deneuve, nel 1999 viene scelto come membro per la giuria del Festival di Cannes. Torna ad affacciarsi al nostro panorama con la coppia Deneuve-Depardieu ne I tempi che cambiano (2004) e anche stavolta è forte la dicotomia sentimentale che lega i protagonisti della sua storia. A questo punto della carriera, dopo I testimoni, In the Name of My Daughter e Being 17, è ormai chiaro che Téchiné non crede nella tendenza a cercare sempre i "buoni" e i "cattivi", "quelli come me" da "quelli come te", ma si sforza nel tentativo (a volte mal riuscito) di raccontarli umanamente e non è un merito da poco. Del resto spinge ognuno di noi a percorrere la stessa storia e a cercare di raccontarcela come storie viste e vissute con occhi differenti. Mezzi toni, sfumature, confronti fra generazioni, mediocrità e pienezza, vuoto esistenziale e gioia di vivere, capacità e incapacità di amare sono le carte con cui questo autore gioca.