Regista amante del cambiamento e appassionato della sperimentazione, Olivier Dahan è un autore cangiante, assiduo esploratore dei generi con una particolare predilezione per il crudo realismo. Una realtà affidata alle storie autentiche di donne forti sul palcoscenico e sui set, ma frantumate nell'intimo dell'anima. A Dahan non interessa tanto la costruzione del mito di Edith Piaf o l'esaltazione dell'icona patinata di Grace Kelly, ma il loro lento percorso di destrutturazione individuale, con la graduale presa di coscienza della netta separazione tra il mondo rappresentato e quello vissuto. Appassionato ed esperto di musica, dietro la cinepresa si dedica alle note stonate dell'esistenza femminile, trovando la sua massima carica espressiva nel canto disperato, ma ancora carico di sogni, del "Passerotto" di Parigi.
Nato a La Ciotat, paesino della Costa Azzurra, il 26 giugno del 1967, Dahan studia presso la Scuola D'Arte di Marsiglia. Prima di dedicarsi al cinema, si cimenta nella pittura e nella direzione di molti videoclip per star internazionali e celebri case discografiche. Dopo la necessaria palestra dei cortometraggi dirige il suo primo film, Fréres (1994), seguito dal torbido Dèjà mort (1998) caduta negli inferi di una giovane 20enne. Netto cambio di registro con il successivo Pollicino (2001), adattamento della fiaba di Charles Perrault, mentre in La Vie promise (2002) ritorna sulle briciole di dignità raccolte da una prostituta alla ricerca del suo ex marito. Due anni più tardi riceve la pesante eredità lasciata da M. Kassovitz e gira il sequel I fiumi di porpora 2 - Gli angeli dell'apocalisse (2004). La storia tutta al maschile priva il regista francese dei suoi temi più cari, così il film delude le aspettative e si rivela un seguito confusionario e non così necessario. A questa caduta di stile segue l'opera della svolta, il racconto biografico del talento smisurato e fragile di Edith Piaf. In La vie en rose (2007), il cui titolo originale è La Môme, Dahan affida ad una straordinaria Marion Cotillard la straziante incarnazione di una donna sensibile, arista sublime che sublimava nella musica le delusioni della sua vita. L'attrice si deturpa senza mai dare l'impressione di indossare maschere; è corrosa, ma allo stesso concede al suo personaggio un'indiscutibile grandezza. L'equilibrio e il tatto dimostrato da Dehan permettono al film di vincere due premi Oscar (a Marion Cotillard e al trucco), un Golden Globe, quattro premi BAFTA e 5 César. Il trionfo spinge Dehan ad addentrarsi nel connubio musica-dolore, tema portante del successivo My Own Love Song (2009). Sperimentatore di generi, nel 2013 si avventura per la prima volta nella commedia con Dream Team (2013), film corale che tenta di sfruttare elementi popolari come il calcio e il fenomeno di Omar Sy. Sembra quasi una voluta boccata di spensieratezza prima di immergersi in un altro impegnativo biopic come Grace of Monaco (2013). Nicole Kidman diventa Grace Kelly in un film che si prospetta ambizioso e desideroso di esplorare ancora le tinte rosa di donne che implodono dentro incubi travestiti da sogni invidiabili.