Memore della lezione del cinema muto, che omaggia costantemente, Blake Edwards rientra a pieno titolo nel novero dei grandi registi della commedia americana. Attento ai risultati commerciali e alle caratteristiche di genere, Edwards lascia un segno indelebile nel cinema a stelle e strisce, che ha attraversato, con il suo spirito corrosivo e la sua tagliente e sagace vena satirica, dalla metà degli anni Cinquanta agli inizi dei Novanta. Edwards si è cimentato con i generi più disparati, dal dramma al musical, dal poliziesco al western. Ma è nella commedia che ha indossato il suo vestito migliore, rinnovando e spingendo oltre le soglie dello slapstick (La pantera rosa, Hollywood Party) e della commedia sentimentale sofisticata e sexy (Colazione da Tiffany, 10), affrontando il tema dei complicati rapporti uomo-donna, o criticando ferocemente quello stesso mondo dorato al quale apparteneva, ma da cui spesso si sottraeva: Hollywood.
Gli esordi
William Blake McEdwards nasce a Tulsa, in Oklahoma, il 26 luglio 1922. I suoi genitori divorziano quando è molto piccolo e la madre si risposa con Jack McEdwards, direttore di scena e produttore esecutivo cinematografico, figlio di J. Gordon Edwards, regista del cinema muto, uno dei preferiti della diva Theda Bara. Trasferitosi con la famiglia a Los Angeles all'età di tre anni, Blake si diploma alla Beverly Hills High School e poi presta servizio nella Guardia Costiera. Grazie al patrigno, inizia a lavorare come comparsa, fino a ottenere un contratto alla 20th Century-Fox, dove svolge varie mansioni che gli permettono di entrare nel mondo della produzione. Nel 1942 esordisce come attore con un piccolissimo ruolo ne I cavalieri azzurri di Henry Hathaway. Appare in quasi venticinque film dalla metà degli anni Quaranta, tra cui B movies come Strangler of the Swamp (1946) di Frank Wisbar e classici come I migliori anni della nostra vita (1946) di William Wyler. Inizia a sviluppare quel senso dell'umorismo che caratterizzerà la sua intera carriera lavorando come sceneggiatore del serial radiofonico hardboiled "Richard Diamond, Private Detective" (1949) della NBC. Dalla radio passa alla televisione, scrivendo la serie Four Star Playhouse (1952-1954) e poi The Mickey Rooney Show (1954-1955), in collaborazione con il regista Richard Quine, con cui lavora anche al cinema, scrivendo diverse delle sue opere, tra cui la commedia musicale interpretata da Mickey Rooney Marinai a terra (1953), il musical Cruisin' Down the River (1953) e il noir Il terrore corre sull'autostrada (1955). Edwards è ormai pronto per la sua prima regia: nel 1955 dirige il musical Quando una ragazza è bella, scritto con Richard Quine e sviluppato essenzialmente per consentire le esibizioni canore di Frankie Laine. Nel 1957 firma il drammatico Le avventure di Mister Cory, con Tony Curtis nei panni di un cameriere di un albergo di lusso che diventa direttore di un'elegante casa da gioco, film ricco di graffianti annotazioni satiriche sul mondo dei ricchi. Nel 1958 crea, scrive, dirige e produce la serie poliziesca Peter Gunn, diventata famosa per la sua colonna sonora jazz, composta da Henry Mancini. Questa prima collaborazione sarà il preludio di un felice sodalizio artistico, che frutterà al compositore ben quattro premi Oscar.
Il successo
Dopo aver diretto nel 1958 le commedie La tentazione del signor Smith e In licenza a Parigi, Edwards ottiene per la prima volta il successo commerciale con la divertente e rocambolesca satira antibellica di Operazione sottoveste (1959), nel quale i marinai Cary Grant (con cui il regista non instaura un buon rapporto) e Tony Curtis (con il quale collabora diverse volte) si ritrovano al timone di un sottomarino rosa. Ma è dagli inizi degli anni Sessanta che il regista si presenta nelle sua veste migliore, sfornando una serie di film memorabili. Il primo è Colazione da Tiffany (1961), film sentimentale modellato sulla base della commedia sofisticata degli anni Trenta, dal tono delicatamente svagato - anche grazie all'indimenticabile interpretazione della graziosissima Audrey Hepburn - e malinconico (si pensi alla canzone "Moon river" di Henry Mancini). La combinazione vincente tra la penna di Truman Capote, autore del romanzo da cui è tratto il film, il volto di Audrey Hepburn, diventata un'icona di stile senza tempo, e la regia aggraziata e ironica di Edwards fanno di Colazione da Tiffany uno dei capolavori intramontabili della commedia sofisticata americana. Con Operazione terrore (1962) il regista passa al thriller, ma ne decostruisce i meccanismi. Nel 1962 Edwards dirige uno dei suoi film più intimi e riusciti, il doloroso e intenso I giorni del vino e delle rose, in cui Jack Lemmon e Lee Remick combattono con il problema dell'alcolismo. Nel 1963 il regista torna alla commedia per scrivere e dirigere un film che inaugura un nuovo filone di cinema comico, situato al crocevia di due tradizioni tanto differenti, come lo slapstick e la commedia sofisticata. Il divertentissimo La pantera rosa, con Peter Sellers nei panni dell'imbranato ispettore Clouseau, ottiene un tale successo che Edwards adatta il suo lungometraggio successivo, facendolo diventare un sequel. Uno sparo nel buio (1964), nel quale per la prima volta appaiono i celebri personaggi dell'ispettore capo Dreyfuss e del maggiordomo Kato, resta un classico intramontabile della commedia. Un contributo fondamentale al successo di questa serie - proseguita poi con altri titoli di minore spessore - deriva dall'atteggiamento trasognato dell'attore inglese Peter Sellers, con il quale Edwards stringe un lungo sodalizio artistico. Con La grande corsa (1965) il regista recupera in chiave comica il modello del film d'avventura, con espliciti omaggi al cinema muto. Con Peter Gunn: 24 ore per l'assassino (1967) porta sul grande schermo il protagonista della sua serie tv poliziesca di fine anni Cinquanta. Edwards raggiunge la vetta artistica con Hollywood Party (1968), un continuo e crescente susseguirsi di gag indimenticabili che hanno fatto la storia della slapstick comedy. Qui il regista raggiunge un perfetto equilibrio tra la rivisitazione dei generi e l'accumulo di gag in stile slapstick, affidandosi ancora una volta alla vena iconoclasta di Peter Sellers, che tratteggia una feroce satira di Hollywood, con i suoi stereotipi, le sue esagerazioni e i suoi pittoreschi personaggi. Eppure, il decennio 1965-1974 non regala al regista le attese soddisfazioni al botteghino. Edwards attribuisce l'insuccesso commerciale dei film di questi anni all'invadenza delle major cinematografiche, con cui entra in attrito al punto tale da pensare di abbandonare Hollywood. Con Operazione Crêpes Suzette (1970) il conflitto si esaspera. Edwards scrive la sceneggiatura del film per esaltare le qualità della sua seconda moglie, l'attrice e cantante Julie Andrews, famosa per i musical per famiglie come Mary Poppins e Tutti insieme appassionatamente. Con l'intenzione di ribaltare la sua immagine zuccherosa, Edwards realizza un film di spionaggio, affidando alla moglie il ruolo di una donna senza scrupoli che, nel tentativo di carpire segreti militari, si esibisce in spogliarelli e scene di seduzione. Eppure, il produttore della Paramount Robert Evans, volendo sfruttare il successo dei musical interpretati dalla Andrews, impone al regista di inserire nel film sequenze musicali che poco hanno a che vedere con il soggetto scritto dal cineasta. Il risultato al botteghino è assai deludente. I due film successivi, il western Uomini selvaggi (1971) e il poliziesco Il caso Carey (1972), hanno un destino simile e vengono addirittura rimontati dagli Studios. Edwards decide, così, di abbandonare Hollywood.
L'abbandono e il ritorno a Hollywood
Dopo un periodo in Gran Bretagna, dove dirige il film di spionaggio Il seme del tamarindo (1974) e programmi televisivi per la moglie, Edwards torna in vetta al botteghino, realizzando tre sequel della Pantera rosa, sempre con Peter Sellers come protagonista, anche se i rapporti fra i due sono tesi, con il regista risentito del fatto che a Sellers venga attribuito tutto il merito per un personaggio scritto da lui, e l'attore che, per spirito di rivalità, sviluppa velleità di sceneggiatore. Lo straordinario successo della serie permette a Edwards di portare sullo schermo la sceneggiatura che fino a poco tempo prima i produttori rifiutavano, perché la trovavano troppo audace. 10 (1979), ricco di un caustico umorismo, è uno dei più grandi successi degli anni Settanta: lancia la modella Bo Derek come icona pin up, inaugura la carriera hollywoodiana di Dudley Moore e soprattutto spinge in avanti i confini della commedia sexy. Il film successivo suona come una vendetta nei confronti delle major cinematografiche. Con S.O.B. (1981), ricchissimo di invenzioni comiche e dialoghi scoppiettanti, Edwards realizza uno dei suoi film più personali, un'opera dalle forti tinte autobiografiche su una Hollywood cinica e spietata. Richard Mulligan interpreta un produttore hollywoodiano che, dopo l'ennesimo fiasco, decide di rigirare il suo ultimo musical per famiglie, interpretato dalla moglie attrice (Julie Andrews), trasformandolo in un film pornografico. Nel 1982 il regista firma quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto e per il quale riceve la sua unica nomination agli Oscar, quella per la migliore sceneggiatura non originale. Victor Victoria, che ottiene numerosi riconoscimenti negli Stati Uniti e in Europa, rielabora la storia già portata sullo schermo da Reinhold Schünzel nel 1933: il soprano Victoria Grant, rimasto senza lavoro, si lascia convincere dall'intrattenitore Toddy a vestire i panni del conte polacco Victor, che recita e canta en travesti per ottenere finalmente una scrittura. Nella sua esibita teatralità, questo film rappresenta una sagace riflessione sul tema del doppio e dell'ambiguità, affidandosi all'estro recitativo di Julie Andrews che, in virtù di una grazia innata, conferisce al personaggio i segni dell'androgino. In seguito il cineasta dirige opere considerate crepuscolari, la maggior parte delle quali non incontra i favori del grande pubblico, pur contribuendo ad aumentare il suo status di autore. Tra queste le più importanti sono Così è la vita (1986) e Appuntamento al buio (1987). La prima è una commedia agrodolce, molto personale, in cui, attraverso un Jack Lemmon in stato di grazia e un cast interamente composto da amici e familiari, Edwards svela le sue paure più recondite, mettendo in scena la storia di un sessantenne di successo che si ritrova a dover fare i conti con il cancro. Appuntamento al buio - storia di una donna che a causa dell'alcol perde tutti i freni inibitori e trascina nella catastrofe un uomo che l'ha ingaggiata come moglie di figura per una cena importante - ottiene un notevole successo al botteghino, lanciando Bruce Willis al cinema e mostrando Kim Basinger in una veste insolita. Ma il genere prevalente in questi ultimi film è ancora la commedia, come ne I miei problemi con le donne (1983), Micki & Maude (1984), Skin Deep - Il piacere è tutto mio (1989) e Nei panni di una bionda (1991), opere in cui continua a parlare dei rapporti uomo-donna con quello spirito satirico che è sempre stato il suo marchio di fabbrica. Il suo ultimo film è Il figlio della pantera rosa (1993), in cui Roberto Benigni è chiamato a evocare la comicità di Peter Sellers nei panni del figlio dell'ispettore Clouseau, nell'ottavo episodio della celebre saga, che delude sia la critica che il pubblico. Ormai fiaccato dalla sindrome da fatica cronica, Edwards si ritira dalla regia. Sempre in rotta di collisione con le major, spesso citate in tribunale, il cineasta si è inimicato l'establishment. Nonostante ciò, alla fine nel 2004 l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences gli consegna un Oscar alla carriera. Nel ritirarlo Edwards, ottantaduenne, ringrazia i suoi nemici e inscena uno slapstick degno di uno dei suoi film, con tanto di sedia a rotelle che si sfascia contro un muro, rompendo il formale protocollo della cerimonia. È questa l'ultima scena di una carriera all'insegna di un'intelligente e briosa ironia. Il sipario cala il 15 dicembre 2010, quando Edwards si spegne per le complicazioni sorte in seguito a una polmonite.