Attore leggendario, indimenticabile spazzacamino di Mary Poppins, Dick Van Dyke si è imposto nel mondo dello spettacolo anche come cantante, intrattenitore, comico e produttore televisivo americano, creando una pluripremiata carriera che ha attraversato sette decenni di Storia della Televisione, del Cinema e del Teatro.
Con un passato da speaker radiofonico e da cabarettista alle spalle, diventa prima una celebrità di Broadway e poi uno dei principali protagonisti della sitcom statunitense, con ben quattro show che portano il suo nome.
L'ultima conferma è cinematografica, grazie al genere musical che gli spianerà la strada stellata sulla Hollywood Walk of Fame di Hollywood Boulevard e il riconoscimento pubblico come Disney Legend, nonché il Kennedy Center Honors.
Ispirandosi a Stan Laurel e Buster Keaton, Dick Van Dyke è semplice e brillante comicità, col caratteristico sorriso da eterno bambino e agili gambe di gomma che diventano sinonimi di risate e fascinazione. Qualità che trascendono la testimonianza senza tempo del potere della passione e della perseveranza, tali da farlo ballare a 98 anni per il videoclip "All My Love" dei Coldplay.
Con sconfinata energia ed entusiasmo, ha influenzato generazioni di artisti come Steve Martin, Chevy Chase, Conan O'Brien, Jim Carrey e Bryan Cranston. Nomi che sono rimasti rapiti in quell'arazzo di espressività fisica che Dick Van Dyke ha rappresentato.
Primi lavori come comico
Nato nel 1925 a West Plains, in Missouri, Dick Van Dyke è figlio di una stenografa e di un commesso viaggiatore, i cui avi discendono nientemeno che da un passeggero della Mayflower.
Cresciuto a Danville, in Illinois, con suo fratello maggiore, l'attore Jerry Van Dyke, studia alla Danville High School, dove entra a far parte del club di recitazione e di un coro a cappella, attività che lo spingeranno a considerare una carriera nello spettacolo.
Lasciato il liceo durante il suo ultimo anno per unirsi all'Air Forces come pilota nella Seconda Guerra Mondiale (otterrà tardivamente il suo meritato diploma nel 2004), accetta di lavorare alla radio come speaker prima del suo trasferimento nei Servizi Speciali, dove avrà il compito di intrattenere le truppe come comico.
Tornato a casa nel 1946, decide di proseguire il lavoro radiofonico andando in onda nell'emittente WDAN di Danville, diventando uno dei loro più seguiti conduttori. Intanto, già a partire dall'anno successivo, segue i corsi di pantomima di Phil Erickson, con il quale forma il duo Eric and Van - The Merry Mutes e sarà in questa formazione che girerà nei migliori night club della West Coast, fino a qualche apparizione nelle tv locali.
La carriera a Broadway
Sciolto il duo, tenta la fortuna presentandosi ad alcuni provini teatrali, nella speranza che qualcuno lo scelga per qualche musical, genere che lui ama sopra ogni altro. E difatti così avviene, perché nel 1959, gli viene offerto un ruolo in "The Girls Against the Boys" accanto a Shelley Berman, Bert Lahr e Nancy Walker.
Lo spettacolo broadwayano è una rivista con sketch comici e numeri musicali, che gli darà l'opportunità di salire finalmente su un prestigioso palcoscenico che aveva sognato fin da liceale.
Ma il destino ha in serbo per lui piani più grandi. Dopo una manciata di infruttuose repliche, lo spettacolo chiude i battenti, lasciandogli l'amaro in bocca ma rinnovandogli la determinazione del suo desiderio di essere uno showman. Con questo spirito, viene immediatamente scelto per il ruolo di Albert F. Peterson nel fortunato "Bye Bye Birdie", accanto a Chita Rivera, che gli farà portare a casa un Tony Award come miglior attore.
Van Dyke non era stato inizialmente scelto per il ruolo principale, ma la sua carica aveva catturato l'attenzione del regista e coreografo Gower Champion, che lo volle come cantautore malato d'amore, rimasto intrappolato nel vortice dell'imminente partenza dell'idolo delle folle, Conrad Birdie (la versione teatrale di Elvis Presley).
Parte da qui il suo viaggio verso la fama che sboccia sotto gli occhi di critica e pubblico, uniti nel comune plauso verso una performance impeccabile (saranno invece molto più severi con il musical in sé) e che trasforma la goffaggine, l'insicurezza e l'inclinazione agli incidenti in un'esplosione di coreografie ipersincronizzate. Il suo Albert Peterson diventa un caposaldo del musical che Van Dyke abbraccia, infondendogli umorismo, vulnerabilità e sorprendenti qualità canore.
Con una eco del genere, elogi clamorosi accompagnano anche i successivi musical cui prenderà parte: "Same Time, Next Year" nel 1977 e "The Music Man" nel 1979.
Il Dick Van Dyke Show negli anni
Ma è con la televisione che Dick Van Dyke si fa conoscere maggiormente dal grande pubblico.
Dopo alcune apparizioni (tra queste una in Alfred Hitchcock presenta) e la raccomandazione di un compagno dell'esercito che stava lavorando come dirigente per la CBS, riesce a firmare un contratto di sette anni con la rete che, in concomitanza con il suo trionfo personale ai Tony, lo porta a un punto di svolta.
Catapultato sulla scena nazionale, diventa protagonista di una sitcom che porta il suo nome: The Dick Van Dyke Show.
Lo show, trasmesso dal 1961 al 1966, non è la solita sitcom. Carl Reiner, che lo aveva concepito e si era proposto per il ruolo principale, ma si era visto rifiutare la parte sotto forti insistenze della CBS così, alla ricerca di qualcuno che potesse sostituirlo, Reiner scelse proprio Van Dyke.
Tolte le risate registrate e i set statici, The Dick Van Dyke Show vanta un set "in movimento" e un sistema di riprese innovativo ma, cosa ancora più importante, personaggi verosimili e coi quali lo spettatore da casa può immedesimarsi.
Al centro della storia c'è Rob Petrie, uno scrittore comico che cerca di destreggiarsi tra scadenze, vita familiare e bizzarre buffonate dei suoi colleghi e vicini, e che puntualmente viene trascinato in divertenti guai, dai quali ne esce un po' meno vulnerabile, ma sempre maldestramente vivo e felice.
La sicurezza con la quale Van Dyke intraprende questa avventura e l'effettiva buona qualità della sua recitazione, rendono l'attore un mito della televisione americana, infondendo al suo personaggio il fascino di un semplice essere umano che è, di volta in volta, di puntata in puntata, connesso più profondamente con chi ruota intorno al suo universo di marito, padre e amico. Tra questi, spicca l'incredibile moglie, spiritosa e solidale, interpretata da Mary Tyler Moore, e lo spassoso collega che ha invece il volto di Morey Amsterdam. Questi e altri personaggi hanno indubbiamente aggiunto carisma e umorismo al progetto e hanno contribuito alla palpabile chimica del cast, che diventa rapidamente simbolo di un cameratismo lavorativo accattivante.
Quell'oro comico, riconoscibile ed esilarante, che è The Dick Van Dyke Show va incontro a ben quindici Emmy Awards distribuiti in cinque stagioni (tra i quali tre come miglior attore andranno dritti dritti nelle mani di Van Dyke), ridefinendo il concetto di sitcom e influenzando l'ironia acuta e le commoventi dinamiche familiari, che in futuro si vedranno in titoli come Modern Family e Schitt's Creek.
Intanto, Van Dyke consolida il suo posto come maestro dell'intrattenimento televisivo.
Le sue espressioni facciali e il perfetto rispetto dei tempi comici lo portano a recitare in altri contenuti. Film tv come Papà cambia vita, Medicina amara e la serie di fiction Lezioni di giallo, ma appare come guest-star in serie come Colombo, Autostop per il cielo, Cuori senza età, Matlock, Due come noi, fino ai più moderni Sabrina vita da strega, Scrubs - Medici ai primi ferri e The Middle.
Fra queste apparizioni, torna con un nuovo telefilm cucitogli addosso: Le pazze storie di Dick Van Dyke, che va in onda dal 1971 al 1974 e che gli fa ottenere una candidatura ai Golden Globe come miglior attore. Accantonato il giovane Rob Petrie, lo show ha un nuovo personaggio, Dick Preston, conduttore di un talk show su una rete televisiva locale di Phoenix, che si divide tra famiglia e lavoro, ma ha meno successo rispetto al suo predecessore e i produttori decidono di cancellarlo dopo tre stagioni.
Tenta di tornare alla ribalta subito dopo con lo sketch comedy "Van Dyke and Company", ma anche questo programma viene tolto dai palinsesti dopo appena tre mesi, costringendolo ad accettare un ruolo da regular al "The Carol Burnett Show", a partire dal 1977.
Inaspettatamente, dopo anni di assenza, il Dick Van Dyke Show resuscita a nuova forma come uno speciale intitolato The Dick Van Dyke Show Revisited, con i membri sopravvissuti del telefilm originale, che però viene stroncato dalla critica.
Il grande successo di Un detective in corsia
Eppure, non è ancora pronto a mettersi da parte. Dal 1993, è di nuovo nei piccoli schermi nella serie gialla Un detective in corsia. Stavolta, si immerge in un medical crime, indossando il camice del Dottor Mark Sloan, un medico che risolve i crimini con l'aiuto del figlio (interpretato proprio dal suo vero figlio Barry Van Dyke), un detective della Omicidi.
Con un cast che prevede anche Victoria Rosswell, Scott Baio, Michael Tucci, Delores Hall e Charlie Schlatter, lo show va avanti per sette stagioni, diventando uno dei più piacevoli polizieschi degli Anni Novanta. La critica sorride a Van Dyke, che alleggerisce la suspense con la sua affascinante parlantina e propone una tipologia di investigatore non tradizionale per quel decennio (che masticava l'inquietudine de I segreti di Twin Peaks e i crudi casi di Law & Order), rivelandosi adatto a tutti coloro che non cercavano misteri troppo cruenti e sanguinosi.
Tale fu il suo successo che ne scaturirono, oltre ai 178 episodi, anche cinque film per la tv.
Le ultime apparizioni televisive
A novantasette anni, lo ritroviamo concorrente del talent show "The Masked Singer" sotto il costume dello Gnomo, venendo però eliminato per primo dalla competizione, poi appare in Il tempo della nostra vita, nel 2023, che segna il suo debutto in un genere a lui totalmente nuovo: la soap opera.
Il debutto cinematografico
La carriera cinematografica inizia così come è iniziato il successo a Broadway, con "Bye, Bye Birdie". Perché nel 1963, la The Kohlmar-Sidney Company e la Columbia Pictures, che avevano puntato gli occhi su di lui anche prima del suo regnare incontrastato sulle sitcom, decidono di trasporre sul grande schermo il fortunato musical, facendolo dirigere da George Sidney.
Ciao, ciao Birdie arriva così nelle sale e Dick Van Dyke è uno dei pochi membri del cast a mantenere il proprio ruolo. Al posto di Chita Rivera, gli viene affiancata Janet Leigh e, invece di Susan Watson, c'è una lanciatissima Ann-Margret, ma nell'adattamento cinematografico, l'attore perde la sua centralità per essere relegato a un personaggio secondario.
Il Bert di Mary Poppins
Forse proprio per via di questo cambiamento, il film ha un notevole successo e gli permette di proseguire la sua carriera cinematografica affiancando Shirley MacLaine in La signora e i suoi mariti (1964), ma soprattutto entrando nel mito grazie alla pellicola della Disney Mary Poppins (1964) di Robert Stevenson.
L'iconico ruolo coperto di fuliggine di Bert, lo spazzacamino, lo mette sotto gli occhi di tutti, soprattutto di quelli dei più piccoli. Il suo personaggio non è solo uno spazzacamino e uno sfortunato che cerca di arrangiarsi come può, ma anche un amico, un confidente e un magico agente del cambiamento dei due piccoli fratellini Banks, trascurati dai loro genitori. Quindi, non una mera spalla comica, ma un compagno integrante degli incantesimi della governante scesa dal cielo col volto di Julie Andrews.
Van Dyke alimenta il calore, l'umorismo stravagante e la vis comica senza pari del personaggio, rendendo brani come "Tutti insieme" e "Cam-Caminì" classici istantanei. Ballando sui tetti, cantando tra i comignoli e incantando il pubblico con un vivido scintillio negli occhi, l'attore contribuisce a trasformare Mary Poppins in un colosso del botteghino e si assicura almeno una candidatura ai Golden Globe come miglior attore, nonché una vita perpetuamente adorato dai bambini. Unica nota dolente il suo accento cockney (che noi in italiano non abbiamo mai percepito grazie al perfetto doppiaggio di Oreste Lionello) che è stato criticato come uno dei peggiori accenti della Storia del Cinema. Nonostante questo, proprio "Cam-Caminì" vince l'Oscar per la migliore canzone originale e Van Dyke e la Andrews ricevono un Grammy Award per le loro performances canore nella colonna sonora.
Tecnicamente, però, supera se stesso con il doppio segretissimo ruolo all'interno della stessa pellicola, perché nascondendosi dietro lo pseudonimo di Navckid Keyd, un anagramma di Dick Van Dyke, l'attore interpreta anche l'antagonista principale di Mary Poppins, il vecchio bancario londinese il Signor Dawes Sr., avido e serioso capo di George Banks.
Altri film
Seguiranno poi altre commedie relativamente infruttuose al botteghino: L'arte di amare (1965) di Norman Jewison con James Garner ed Elke Sommer; Il comandante Robin Crusoe (1966); Divorzio all'americana (1967) con Debbie Reynolds e Jean Simmons; Ladri spint (1967) di Delbert Mann; e L'incredibile furto di Mr. Girasole (1968) con Edward G. Robinson.
Fino al curiosissimo Citty Citty Bang Bang (1968) di Ken Hughes, un musical fiabesco dove Van Dyke è re assoluto di un'avventura su un'auto volante. Molto amato in America, la pellicola con l'ottima Sally Ann Howes sarà un nuovo banco di prova per le sue capacità coreografiche che, difatti, incanteranno pubblico e critica.
Gli anni di ritiro e i problemi di salute
Lo stesso anno, gli viene offerta da Albert R. Broccoli la parte di James Bond, sostituendo Sean Connery, ma la risposta che l'attore dà è solo una: "Stai scherzando?!? Ma hai mai sentito il mio accento britannico?!?".
Così dopo Some Kind of a Nut (1969), sceglie The Comic (1969), diretto dall'amico Carl Reiner, dove interpreta un comico autodistruttivo del cinema muto che lotta con l'alcolismo, la depressione e il suo stesso ego dilagante. Un po' il ritratto di se stesso, visto che da quel momento in poi latiterà il grande schermo, non solo per preferire la televisione e gli spettacoli a Broadway, ma anche e soprattutto per avere il tempo necessario che gli avrebbe consentito di affrontare i problemi di salute, principalmente legati all'alcolismo e alle sue conseguenze.
Solo due, infatti, i film girati negli Anni Settanta: Una scommessa in fumo (1971) di Norman Lear e Uno strano caso di omicidio (1979) di Stanley Kramer. Tra questi, ci sono venticinque anni di alcolismo e ricoveri in ospedale nel tentativo di curare le sue dipendenze, anche arrivando a dire di no all'allettante proposta di essere il Robert Thorn dell'horror Il presagio, che andrà a Gregory Peck.
Per questo motivo, lungo tutti gli Anni Ottanta scompare dal mondo dello spettacolo, ritornando sul set solo nel 1990, fortemente voluto da Warren Beatty che lo impone in Dick Tracy nel ruolo del mefistofelico procuratore distrettuale, Fletcher, che aveva grandi difficoltà a gestire l'aggressiva ricerca di Dick Tracy di Big Boy Caprice.
Segue un'assenza cinematografica ancora più lunga, fino al suo ritorno nei panni di un guardiano notturno disonesto, accanto ad altri due pezzi della Storia del Cinema come lui, Mickey Rooney e Bill Cobbs, nel film Una notte al museo (2006) di Shawn Levy, che poi riprenderà anche in Notte al museo - Il segreto del faraone (2014).
Le pellicole però hanno l'effetto prodigioso di spingerlo, quasi novantenne, a prendere parte a nuovi progetti. Così, accanto a un buon numero di cortometraggi, Van Dyke è diretto in nuovi titoli come Una fantastica e incredibile giornata da dimenticare (2014) di Miguel Arteta, Life Is Boring (2016), Buttons (2018), ma soprattutto una famigerata apparizione in una vecchia scena del crimine, ereditando dall'ottimo Arthur Malet il ruolo del Signor Dawes Jr. in Il ritorno di Mary Poppins (2018), diretto da Rob Marshall.
Vita privata
Dick Van Dyke è stato il marito di Margerie Willett. I due si sono conosciuti quando lui si esibiva al Chapman Park Hotel di Los Angeles e si sono sposati nello show radiofonico "Bride and Groom". La coppia ha avuto quattro figli, Barry, Christian, Stacy e Carrie Beth Van Dyke, che hanno seguito tutti le orme paterne.
Dopo una lunga separazione a causa dell'alcolismo di Van Dyke, la coppia divorzia nel 1984. Un divorzio al quale ha contribuito anche la lunga relazione dell'attore con l'attrice Michelle Triola Marvin, con la quale ha vissuto dal 1976 fino alla morte di lei nel 2009. Nel 2012, Van Dyke si risposa con la make-up artist Arlene Silver.
È il nonno degli attori Shane Van Dyke e Carey Van Dyke.