Dopo anni di difficoltà come musicista professionista e comico, l'attore Joe Pesci è stato catapultato sotto i riflettori grazie alla sua interpretazione candidata all'Oscar nel film Toro scatenato (1980) del cineasta Martin Scorsese, accanto a Robert De Niro.
È bastato questo unico titolo per sancire la prima delle numerose collaborazioni tra Pesci e questi due grandi nomi dell'industria cinematografica nel corso degli anni e per promuoverlo a star hollywoodiana, facendolo arrivare finalmente alla tanto voluta statuetta dell'Academy, tra l'altro con uno dei discorsi di ringraziamento più corti della Storia del Cinema.
Con un aspetto non convenzionale, spesso relegato a piccole parti, Joe Pesci ha dimostrato il suo valore dividendosi tra commedia e dramma, trovando anche una sua dimensione come attore protagonista; come è accaduto nel 1992, quando reduce da una serie di ruoli secondari ad alto profilo e profitto, è diventato l'attore principale dell'amabile commedia Mio cugino Vincenzo.
Sbocciato quindi tardivamente, conosciuto per il decoro e la generosità con le quale si muove sul set, Pesci è in grado di passare da gangster di grande pathos a una gamma di macchiette comiche sorprendenti.
Lo sceneggiatore e regista Howard Franklin disse di lui che "ci sono molti attori che possono dare delle interpretazioni incredibili, ma non riescono a trattenersi dal dirti 'A proposito, questa è tecnica, io non sono proprio così'. Ma grandi attori come Joe Pesci non lasciano impronte digitali sulle pellicole". Parole con le quali si delinea un interprete che non è disposto a compromettere la sua interpretazione per il bene della sua immagine, che preferisce la mitezza all'imposizione, lasciando che il suo lato più sensibile, vulnerabile e personale rimanga fuori dalla cinepresa.
Malgrado questo, si è comunque imposto come un caratterista in grado di rubare la scena ad attori del calibro di Kevin Costner, Jack Lemmon, William Hurt o Mel Gibson, creando quella che è una "spaccatura" proprio nel termine "attore caratterista", già notoriamente ambiguo e un po' contradditorio di suo, visto che suggerisce sia la capacità dell'interprete di mimetizzarsi nello stesso identico ruolo in pellicole diverse, sia le distinzioni che implicano raramente che si diventi la star del titolo nel quale si lavora.
Eppure Pesci coi suoi furbetti di strada un po' fatti a stampo sono la prova che si possono scavalcare i colleghi protagonisti in termini di riconoscibilità del nome sulla base di una manciata di ruoli secondari, diventando un'icona nel senso più classico, un artista che solleva un polverone di citazioni cinematografiche, ma che non rappresenta niente di più che se stesso.
Il pericolo è che spesso Pesci è stato messo in ombra dal suo stesso buon lavoro perché, sebbene abbia interpretato una serie di ruoli stereotipati in una varietà di film diventando una spalla o un antagonista perfetto, le sue interpretazioni fuori da questo confine e molto più sfumate sono generalmente reputate abbastanza trascurate. Anche i suoi personaggi più noti sono spesso ridotti, nella memoria della cultura pop, a battute (la famosa "Buffo, come?!?"), molte delle quali improvvisate.
Ma c'è impeccabilità anche nella moderazione. Una lezione che ha imparato ai tempi in cui cercava di sfondare come comico. Lui stesso disse una volta: "Se impari a fare il comico in giovane età, la comicità si insinuerà in tutto ciò che fai. Scoprirai così che non devi appoggiarti a una battuta per renderla divertente". Mai esagerare, insomma. Fai sempre il dovuto. Cionondimento, sotto certi registi, gli è stato concesso di avere più libertà creativa, riuscendo a colpire nel segno.
Qualcuno dice che, se si vuole capire cosa ci sia dietro una performance di Joes Pesci, bisogna prima sapere chi era il suo eroe. Non Frank Sinatra o James Cagney, ma Little Jimmy Scott, un cantante jazz afroamericano, rinomato tra musicisti e appassionati del genere per il suo fraseggio languido, per la tristezza cruda e trascendentale della sua voce. Pesci era un adolescente quando vide Scott cantare per la prima volta, in un nightclub di Newark, alla fine degli Anni Cinquanta. "Il suono della sua voce capovolse il mio mondo. Tutta la magia, tutto il mistero della vita da adulto, era nella sua voce".
Ed è con l'amaro in bocca che a un certo punto della sua vita da adulto, preferisce ritirarsi dalle scene. Anni di duro lavoro e di delusioni, da un punto di vista lavorativo, lo spinsero ad avere maggiore autocontrollo sulla sua carriera e a sbattere qualche porta, fregandosene molto di meno di quanto faceva prima. Per sua stessa ammissione, era stato addestrato così bene all'arte dello spettacolo che aveva accettato con coscienza che molti produttori e molti registi non avrebbero mai notato la sua profondità, visto che neanche l'intenzione di esplorarla.
Solo dopo molti anni, Pesci sarebbe scivolato, con riluttanza, fuori dal suo ritiro dalle scene per interpretare un elegante boss mafioso in The Irishman (2019), sempre fortemente voluto dall'amico Scorsese, che ha stupito i suoi fans di lunga data con una quieta autorevolezza. Non era la prima volta che si recitava con una tale persuasiva sottigliezza drammatica, ma era la prima volta che la maggior parte delle persone lo riconoscevano. Ed è così che la pura guardabilità di Pesci, la sua capacità di mostrarsi assassino brutale o ladro pasticcione, diventa una sorta di forma di servizio allo spettatore.
Capelli, musica e cabaret
Joe Pesci nasce a Newark nel 1943, figlio di una parrucchiera part-time e di un autista di muletti per la General Motors che, nei giorni in cui non lavorava nella fabbrica, cercava di guadagnare qualche soldo in più come barista.
Cresciuto a Belleville, nel New Jersey, si diploma alla Belleville High School, mentre parallelamente appare nel programma televisivo "Startime Kids" con Connie Francis.
Da adolescente, inizia precocemente a lavorare come comico e musicista, ma i guadagni sono esigui e, negli Anni Cinquanta, segue le orme materne, lavorando con lei come parrucchiere. Un mestiere che però non gli impedirà di continuare il suo percorso musicale, entrando in band come quella di Joey Dee e gli Starliter e pubblicando, nel 1968, il suo album di debutto "Little Joe Sure Can Sing!", dove usò il nome d'arte di Joe Ritchie, cantando cover di successi pop dell'epoca.
Dopo aver stretto una forte amicizia con Frank Vincent, decide di esibirsi con lui nel duo comico "Vincent e Pesci" dal 1970 al 1976, portando sulle scene degli sketch simili alla coppia Gianni e Pinotto con un pizzico di Don Rickles, diventando molto popolare nei night club.
I primi ruoli al cinema
Da tempo, però, cercava anche di sfondare al cinema. Prima, inizia con qualche piccola comparsata in pellicole come Balliamo insieme il twist (1961), poi decide di mettere da parte il cinema per ritornarci solo nel 1976, quando avrà un piccolo ruolo in Backstreet (1976) di Ralph De Vito e uno ancora meno importante in Esecuzione al braccio 3 (1977).
La prima candidatura agli Oscar
Dovrà aspettare il 1980 perché qualcuno parli di lui a Hollywood e, in particolare, deve aspettare Robert De Niro che, dopo averlo visto proprio in Backstreet, trasmesso a tarda notte in televisione, chiede al suo agente di trovarlo e di fargli avere il suo numero di telefono. Poi, una volta ottenuto, gli chiede di fare un provino per la parte di suo fratello in un film per la regia di Martin Scorsese a cui sta lavorando. A quel tempo, Pesci stava gestendo un ristorante nel Bronx "Amici's", vicino alla Arthur Avenue, ma era così esausto per la fatica, per i falliti tentativi di sfondare nel cinema, per l'insicurezza finanziaria del mestiere dell'attore e per i continui colpi al suo orgoglio che quasi gli rispose di no.
Invece, disse "Ok" e nel 1980, entrò nel cast di Toro scatenato, guadagnandosi la sua prima candidatura come miglior attore non protagonista e un BAFTA come miglior attore esordiente. Comincia da qui la sua avventura cinematografica...
Il Leo Getz di Arma Letale
Nel 1982, i produttori lo inseriscono in Jean e Barbara - Un film da finire e in Dear Mr. Wonderful, che rappresenta forse il suo ruolo più personale e più vicino al suo universo musicale.
L'anno seguente, dopo essere apparso in Soldi facili, viene scelto da quel geniaccio di Nicolas Roeg per Eureka e ci sarà pure un film italiano, diretto nientemeno che da Alberto Sordi, al quale prenderà parte: Tutti dentro (1984). Un film che è letteralmente oscurato dalla sua presenza nel riconosciuto capolavoro mondiale di Sergio Leone C'era una volta in America (1984).
Dopo il movimentato Kidnapping - Pericolo in agguato (1987) di Elie Chouraqui, entra nella saga di Arma letale a partire dal suo secondo capitolo, diretto nel 1989 da Richard Donner. A lui va il ruolo del bizzarro truffatore Leo Getz, un ometto combinacrimini, che si dimostra essere ben più sordido e più bieco del previsto, soprattutto quando diventa un testimone scomodo. E chiaramente, si rivela essere così bravo che il regista lo impone anche in Arma letale 3 (1992) e Arma letale 4 (1998).
L'Oscar come miglior attore non protagonista
Dopo un cameo in Ore contante (1989), diretto dal collega Dennis Hopper, recita nella commedia di Alan Alda Il matrimonio di Betsy (1990), ma si prepara per uno dei più grandi risultati della sua vita, quando Scorsese lo rivorrà sul set per affidargli il ruolo di un gangster nel cult Quei bravi ragazzi (1990), che gli farà ottenere l'Oscar come miglior attore non protagonista.
La maniera in cui Pesci porta sulle scene un boss paranoico è semplicemente strepitosa, perché l'attore esteriorizza completamente il lato selvatico del suo personaggio, in pieno accordo con la sua natura violenta. Il suo Tommy DeVito è lungimirante e strategico, ma soprattutto ha uno dei gusti per la crudeltà più raffinati della storia dei cattivi cinematografici. E nonostante tutta questa violenza pirotecnica che è in grado di far esplodere, nonostante i dialoghi fulminei di cui si fa portavoce, è uno dei suoi personaggi più sfumati, soprattutto nelle sue relazioni con gli altri personaggi, diventando giocoso o pietoso a seconda della brutalità commessa, come quando torce il collo del figlio, dopo aver versato lo sciroppo sui suoi pancakes, o quando accarezza i capelli di una donna, dopo averle sparato in testa, proprio mentre il sangue inizia a uscirle dalla bocca.
Il successo di Mamma, ho perso l'aereo
Stessa cattiveria e crudeltà che sarebbe stata riservata a un Kevin McCallister, se solo lo avessero acciuffato nei campioni di incassi Mamma, ho perso l'aereo (1990) e Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York (1992), entrambi di Chris Columbus, dove indossa i panni di un ladruncolo che, con il suo compare (interpretato da un geniale Daniel Stern), tenta di svaligiare una casa e un negozio di giocattoli sotto le feste, ma finisce per avere la peggio fisicamente, più che psicologicamente, a causa delle sadiche trappole che il bambino piazza in giro.
Altri film degli Anni Novanta
Tra i due titoli, gigioneggia con una recitazione forse troppo frenetica in Il padrone di casa (1991) con Vincent Gardenia, ma si riprende con il ruolo di David Ferrie in JFK - Un caso ancora aperto (1991) di Oliver Stone, fino a diventare protagonista di un film tutto suo con Mio cugino Vincenzo (1992).
Joe Pesci ormai ha quasi cinquant'anni, mentre la sua co-protagonista, Marisa Tomei, ne ha ventisette e, per ridurre l'evidenza del loro divario cronologico, è costretto a indossare un elaborato parrucchino truccato che gli solleva la pelle del viso. Furbescamente, da un punto di vista recitativo, lascia che il disagio di una coppia così diversa venga minimizzato da una performance nella quale lascia andare a ruota libera l'antagonismo della coppia (alla maniera di Hepburn-Tracy), perché tra Vinny Gambini e Mona Lisa Vito c'è pochissimo affetto fisico, ma dimostrano il loro amore flirtando nei litigi.
Lo stesso anno, Pesci si muove davanti alla cinepresa di Occhio indiscreto, come se questa non esistesse, tanta è la sua naturalezza nel disegnare un personaggio di straordinaria efficacia. Con la maschera del gaglioffo sornione che ha visto tutto, ma proprio tutto, dalla vita, non può che fare colpo... anche su una donna come l'incisiva femme fatale Barbara Hershey. Il film piace alla critica, ma ancora di più piace il risultato del suo lavoro sul personaggio, grazie al quale riesce a far vibrare le corde di un'umanità capace di emozionare, pagando come prezzo la subordinazione a un personaggio che lo prosciuga totalmente.
In questo neo-noir, il suo fotografo di nera degli Anni Quaranta, Bernzy (che è ispirato newyorkese Arthur "Weegee" Fellig), è un mostro di trasandatezza, la cui sicurezza inizia e finisce con la sua vera arte. Come scrisse Roger Ebert, "ti aspetti che Pesci attacchi la Hershey quando ne ha l'occasione, ma non sa nemmeno come tenerla in braccio".
Gli ultimi film prima del ritiro dalle scene
Gli altri film degli Anni Novanta sono composti da un cameo per l'amico De Niro nel suo Bronx (1993, che lo vorrà anche nel 2006 in The Good Shepherd - L'ombra del potere), nel biondo e capellone pesonaggio interpretato nel pessimo Jimmy Hollywood (1994), accanto a Christian Slater e Victoria Abril, e in 110 e lode (1994), una curiosa commedia parascolastica, dove è praticamente il truccatissimo mattatore.
Però sarà ancora una volta Scorsese a portarlo in alto con il suo Casinò (1995), rimettendolo in coppia con De Niro e frapponendoli a una libidinosa truffatrice-moglie trofeo con il viso di Sharon Stone. Vendicatività, pulsione di morte e pura e caotica lussuria giocano un ruolo fondamentale nella sua personificazione dell'"amico del marito", che diventa però sempre più rivale dello stesso. E Pesci porta a casa il risultato anche per merito della sua voce, che diventa il suo più grande e innegabile strumento di lavoro. Durante tutto il film, tra i suoi sfoghi e le sue battute, parla con una dolcezza stridente, che è più vicina al modo in cui parla di se stesso, vale a dire dolcemente. Riaffiora un po' quel cantautore che tanto aveva amato nell'adolescenza, quel Jimmy Scott, che quasi traspone lì come fosse un suo amorevole tributo.
In Italia, purtroppo, avvertiamo poco questa sua caratteristica, perché le sue pellicole sono doppiate, seppur magistralmente da uno dei più grandi interpreti siciliani del cinema italiano: il tre volte vincitore di un David di Donatello Leo Gullotta.
La terza candidatura agli Oscar
Intanto, dopo aver lavorato in Otto teste e una valigia (1997) e Chi pesca trova (1997), matura la decisione di ritirarsi dalle scene. Ma è un ritiro a singhiozzo. Appare nel 2010 in Love Ranch, diretto da Taylor Hackford, ma soprattutto non riesce a dire di no al nuovo film di Scorsese, che lo rivuole in coppia con De Niro in The Irishman (2019), grazie alla quale interpretazione otterrà una nuova candidatura agli Oscar come miglior attore non protagonista. E dopo altri anni di assenza, ritornerà sul grande schermo diretto da Jack Huston in Day of the Fight (2023).
Vita privata
Joe Pesci è stato sposato con la collega Claudia Haro dal 1988 al 1992, che lo ha reso padre di una bambina.