Grande protagonista del cinema italiano, poco premiata a dire la verità, ma che ha dato del filo da torcere a interpreti femminili e maschili in fatto di bravura. Una outsider, per molti versi. Una vera diva per altri. Una donna che ha saputo costruire se stessa e un mestiere con voglia di avventura e soprattutto con un lato artistico che a molti era sfuggito, ma che le ha permesso di sopravvivere anche nei tempi più duri. Arte come religione per questa ex Miss Italia, innamorata pazza di uno dei toreri spagnoli più conosciuti al mondo, ma anche combattiva per la sua libertà e per la sua emancipazione. È bellissimo ricordarla mora, con i capelli lisci lievemente mossi dal vento e con lo sguardo sempre triste. Oppure sorridente (nei pochi film in cui abbozza a un sottile riso) mentre si lancia nel ballo del salterello, ancora giovanissima e pura. Una grazia anonima quella della Bosé, che nonostante la fascia della più bella, potrebbe benissimo passare per una dattilografa o per una qualsiasi ragazza in bikini negli scogli della Liguria. Oggi invece tutto è cambiato, i capelli si sono tinti di celeste (su consiglio e opera dell'ambiguo e irriverente figlio Miguel) e, per quanto muta e silenziosa interprete del cinema italiano, si mette in luce, le poche volte in cui parla, come una donna sarcastica, eccentrica, bizzarra e piena di coraggio. Dobbiamo ringraziare Salsomaggiore Terme per avercela regalata, Picasso per averla iniziata all'arte. Signorile, nervosa, appassionata di cinema, è la fata turchina che tutti noi bugiardi vorremmo avere come protettrice.
La carriera di Lucia Bosé comincia nel momento in cui si presenta (ancora commessa in una pasticceria milanese) come concorrente per Miss Italia nel 1947. Vince la tanto sognata fascia di più bella della nazione (battendo la già algida e giunonica Silvana Mangano) e, come per un sogno, le si spalancano le porte del cinema.
Debutta come infatti come attrice nel 1950 con Non c'è pace tra gli ulivi di Giuseppe De Santis, accanto a Raf Vallone, ma lo stesso anno convince tutta la critica e conquista il pubblico ne Cronaca di un amore del grande Michelangelo Antonioni, dove interpreta il ruolo di una donna costretta a sposare per necessità un uomo più vecchio di lei e che intreccia una relazione con un ragazzo che aveva amato in gioventù. Impostasi nell'ultimo neorealismo, ma iniettato di novità stilistiche, la Bosé si muove accanto a Massimo Girotti con la stessa estraneità di certe borghesi di fronte ai fatti del mondo, nonché ai loro stessi sentimenti, sature di uno sterile egoismo e della loro stupida futilità e superficialità. Tale ottima sarà la sua performance che Antonioni la rivorrà nel ruolo di un'attricetta di melodrammi che vuole diventare più seria ne La signora senza camelie (1953) con Gino Cervi.
Da esordiente, diventa l'asso nella manica di Cinecittà. Molto spesso diretta da Luciano Emmer si impone accanto a Marcello Mastroianni ne Le ragazze di Piazza di Spagna (1952) e ne Parigi è sempre Parigi (1951), anche con Aldo Fabrizi e Vittorio Caprioli. Dopo il drammatico Roma, ore 11 (1952) di Giuseppe De Santis (dove interpreta un'aspirante segretaria in fila per il colloquio di lavoro che rimarrà vittima del crollo di una scala), è accanto ad Aldo Fabrizi nell'episodio La marsina stretta del film Questa è la vita (1954), poi darà del filo da torcere alla mitica Brigitte Bardot ne Tradita (1954). Presente nel film Accadde al commissariato (1954) con Alberto Sordi, si trasferisce in Francia per girare Gli amanti di domani (1955), fortemente voluta dal re del surrealismo Luis Buñuel. È durante questo exploit europeo che perde la testa per il torero Luis Miguel Dominguìn che sposerà nel 1955 e al quale darà due figli: l'attore e cantante Miguel Bosé e l'interprete cinematografica Paola Dominguìn. Trasferitasi definitivamente in Spagna, la Bosé avrà modo di conoscere tutti i volti storici di una Spagna fiorente e piena di vita artistica. Sarà grande amica del pittore Pablo Picasso, ma anche di Salvador Dalì e di Gala. Calda, solare e semplice subisce l'ombra del marito e quasi si spegne sotto la sua eclisse del consorte che, gelosissimo e manipolatore, le impedisce di continuare il suo mestiere di attrice, scegliendo invece quello di moglie e madre. Ma la Bosé non ci sta e, dopo aver recitato ne Testamento d'Orfeo (1959) con Yul Brynner, chiede il divorzio, concesso definitivamente nel 1967.
Finalmente libera dalle ossessioni del marito, la Bosé torna in patria e si fa dirigere da Federico Fellini ne Fellini - Satyricon (1969) e dai fratelli Taviani ne Sotto il segno dello Scorpione (1969). Nel 1970, è invece accanto al regista Marco Ferreri (qui attore come lei) ne Ciao Gulliver e a Claudio Gora ne Equinozio, passando a Mauro Bolognini ne Metello (1970) e concedendosi anche per pellicole comiche come Mazzabubù... quante corna stanno quaggiù? (1971) con Franco & Ciccio. La ripresa della sua carriera tutto sommato va a gonfie vele, nonostante abbia perso la bellezza per la quale era tanto rinomata e nonostante l'età che avanza. Diventa attrice di autori con la A maiuscola, a volte underground come Liliana Cavani (L'ospite, 1971) a volte nel pieno della loro fama come Mauro Bolognini (Per le antiche scale, 1975, dove riabbraccia Mastroianni), a volte invisibili come Luigi Faccini (Garofano rosso, 1976).
Migliore amica dell'attrice francese Jeanne Moreau, reciterà con questa ne Nathalie Granger (1972), affianco a un giovane Gérard Depardieu, e ne Lumière - Scene di un'amicizia fra donne (1975) che sancirà il loro legame. Ma la filmografia della Bosé continua con titoli drammatici come La colonna infame (1973) con Vittorio Caprioli, Gli eroi (1973) con Rod Steiger, Violanta (1977) ancora con Depardieu e lo sceneggiato di Bolognini La Certosa di Parma (1981) dove offre una splendida interpretazione della Marchesa del Dongo.
Da quel momento in poi, le sue apparizioni sul grande schermo italiano si faranno più sporadiche, a vantaggio di quelle spagnole, dato che è sempre a Madrid la sua casa. Scelta da Pedro Almodóvar per L'indiscreto fascino del peccato (1983), torna improvvisamente e più ruggente che mai ne Cronaca di una morte annunciata (1987) di Francesco Rosi, dove è letteralmente impareggiabile, anche se in un ruolo di secondo piano. Neanche la trasposizione cinematografica de L'avaro (1990) con Alberto Sordi e Christopher Lee riuscirà a metterla così in luce. Poi, dopo i lavori televisivi Il coraggio di Anna (1994) e il telefilm Alta società (1995), torna in Italia per girare I vicerè (2006) di Roberto Faenza.