E pensare che all'inizio non piaceva a nessuno, oggi, invece è uno dei più quotati e impeccabili autori del mondo. Insuperabile nel suo stile registico, che piace, e parecchio. Tanto è vero che c'è ancora chi ha voglia di correre sullo schermo per vedere quei film che l'inferocita Hollywood ha considerato dei veri e propri oltraggi. Mai stato un tipo coriaceo questo regista dalla sdegnosa faccia da schiaffi, che fra l'altro sembra essere fatta di gomma. Costantemente sospeso fra l'essere e il non essere... o l'essere qualcos'altro... ha saputo donare al cinema delle memorabili scene: dalle allucinazioni massmediali di Videodrome agli scontri automobilistici di Crash, con auto rivoltate e distrutte, barelle e luci soffuse che sono in realtà metafora di un eros d'acciaio. È il re della fenomenologia della mutazione, del melodramma che esplode in un delirio paranoico, è l'erede audiovisivo dello scrittore Burroughs che ha saputo dimostrare al mondo di poter fare benissimo a meno degli effetti speciali (come nel caso di M. Butterfly), ma non dell'autodistruzione dei suoi personaggi. L'Apocalisse, per Cronenberg, non arriverà sotto forma di quattro cavalieri scheletrici scesi dal cielo o per il collasso ambientale o universale. La vera scintilla di annientamento sarà l'uomo stesso.
Gli esordi
Figlio di un giornalista e scrittore e di una pianista, entrambi di religione ebraica, fratello della costumista Denise Cronenberg, David Cronenberg fin da bambino sviluppa uno strano gusto per il macabro, per l'orrore e il terrore, scrivendo a soli 12 anni, racconti brevi intrisi di mistero. Cresciuto, dopo gli studi liceali, frequenta l'Università di Toronto, dove si laurea in letteratura inglese, corso di studi che ha voluto fortemente frequentare dopo aver abbandonato gli studi universitari in Scienze.
Si accosta alla cinepresa producendo i primi cortometraggi Transfer (1966) e From the Drain (1967), seguiti poi da alcuni film indipendenti (Stereo, 1969). Sposato a Margaret Hindson (1970-1971), diventa padre dell'assistente regista Cassandra Cronenberg. Dal 1971 in poi, si farà autore di softcore e horror che evidenziano, da subito, il suo indubbio gusto per il sangue, il sesso e gli esperimenti mutageni. La sua fatica viene ricompensata quando, nel 1975, la stella dell'horror della Hammer, Barbara Steele, accetta di essere protagonista de Il demone sotto la pelle, pellicola che lo lancerà definitivamente fra gli autori del genere fantastico. Si risposa, nel 1979, con la produttrice e regista Caroline Zeifman, dalla quale ha due figli (entrambi addetti ai lavori cinematografici: Caitlin e Brandon Cronenberg.
Il successo
Scanners (1981) gli farà conquistare definitivamente la sua fetta di pubblico che rimane ammaliato dal suo linguaggio criptico, da una dimensione sostanzialmente ricca di realtà parallele, ma soprattutto dalla sua arte visiva che, soprattutto in questo film, "esplode" (letteralmente) all'interno della pellicola. Insomma, il mondo non rimane impassibile di fronte alla visione di teste che si gonfiano, si trasformano (deformandosi) e deflagrano come nella saga animata di Ken il guerriero. Scanners diventa il capostipite di una lunga, lunghissima serie di film dell'orrore, che il regista ovviamente screditerà. Così tanto talento, non può fare che gola a Hollywood, che gli offre la regia de Il ritorno dello Jedi (1983), ma lui declina e preferisce sfornare Videodrome (1983) con James Woods e La zona morta (1983) con Chistopher Walken, tratto dal romanzo omonimo di Stephen King. Il rifiuto hollywoodiano gli costa caro, si inimica tutto il sistema, ma a lui non importa perché riesce, comunque, ad avere il consenso e l'amicizia (oltre che la stima) dei suoi colleghi: uno su tutti John Landis che lo vorrà in un simpatico cameo in Tutto in una notte (1985).
La consacrazione... lontano da Hollywood
Lo schiaffo allo Star System e la vera e propria consacrazione arriva nel 1986, quando La mosca diventa un enorme successo internazionale che, oltre a lanciare ufficialmente Jeff Goldblum e Geena Davis, delinea la strada "biologica" che il cinema di Cronenberg prenderà da quel momento in poi. La storia è semplice ed è il remake de L'esperimento del dottor K (1958): un giovane scienziato, tentando di fare degli esperimenti sul teletrasporto tramite la smaterializzazione, ha un incidente di percorso. Il suo dna, infatti, si unirà - con una conseguente metamorfosi - a quello di una mosca, entrata per caso e per sbaglio, nel momento dell'esperimento. Arriva poi l'incubo ginecologico di Inseparabili (1988) con Jeremy Irons (che sarà uno degli attori che maggiormente ammirerà e amerà dirigere), seguito dal ruolo del serial killer del film dell'orrore Cabal, diretto dallo scrittore Clive Barker. Hollywood ci riprova, chiedendogli di dirigere Atto di forza (1990), ma Cronenberg (dopo essersi occupato della prima stesura della sceneggiatura) rinuncia ancora una volta per impegnarsi nella sua sfida più grande: portare sullo schermo quel delirio paranoico che è "Il pasto nudo" di William Burroughs. Sceglie Julian Sands, Ian Holm e Judy Davis come protagonisti e nel 1991 ecco il capolavoro: Il pasto nudo è diventato un film disarmante e spiazzante. Così come spiazzante, nel bel mezzo della sua carriera, è M. Butterfly (1993) con Irons. Storia di un diplomatico francese che si innamora di una cantante dell'Opera di Pechino, senza sapere che questi, oltre che una spia, è anche un uomo.
Dopo un altro piccolo ruolo da attore per Gus Van Sant (Da morire, 1995), Cronenberg ottiene finalmente il suo primo riconoscimento dopo anni di vuoto. Sullo scaffale di casa sua, fa bella mostra di sé il Premio Speciale della Giuria, vinto al Festival di Cannes per il drammatico Crash (1996) che esplora le perversioni amorose, meccaniche e mortali di un gruppo di persone magistralmente interpretate da Holly Hunter, Rosanna Arquette e James Spader.
Il capolavoro - eXistenZ - e gli ultimi anni
Nel 1999, è lui stesso il presidente della Giuria del Festival di Cannes e nel frattempo firma quello che è considerato il suo capolavoro più alto: eXistenZ (2000). Liquidato dalla maggior parte dei critici italiani, ma che affascina il pubblico che si confonde, si sperde fra un videogioco di realtà virtuale e il sogno. Un cult per tantissimi che conquista meritatamente un Orso d'Argento a Berlino.
Dopo essersi calato nella psicanalisi aracnoide di Spider (2002), appare nella serie Alias (2003) nel ruolo del Dr. Brezzel, poi dirige William Hurt, Viggo Mortensen e Maria Bello nel drammatico A History of Violence (2005) che lo conferma un terribile e quanto mai abile ragazzaccio del cinema. E tanta sarà la complicità con Mortensen che lo vorrà in Eastern Promises (2007), questa volta assieme a Vincent Cassel e Naomi Watts. Dopo il film sulla psicanalisi A Dangerous Method, nel quale ritrova Viggo Mortensen, accanto a Keira Knightley e Michael Fassbender, dirige Robert Pattinson e Juliette Binoche nel mistery Cosmopolis. Tra le ultime opere segnaliamo Maps to the Stars, Crimes of the future e The Shrouds, in concorso al Festival di Cannes 2024.
Con la preziosa complicità delle penne più terribili della letteratura fantascientifica e horror, Cronenberg diventa così l'insuperato artefice di inquietanti e personalissime parabole, dove tiene a battesimo anche attori che diverranno delle star: Jennifer Jason Leigh, Jude Law, Jeff Goldblum e via discorrendo. Ritorna alla leggenda dell'origine dell'uomo, che non parte dalla scimmia, ben inteso, ma dall'insetto, assunto come valenza simbolica del suo cinema viscerale e contaminato. Irascibile e appassionato, tenero e rabbioso, ben contento di essere soprannominato il "depravato sovrano dell'horror venereo, barone al sangue" da una Hollywood puritana, velenosa e un poco gelosa (sembra la favola della volpe e l'uva, in effetti) che gli ha incollato addosso questa definizione nella speranza di vederlo affondare e toglierselo di torno una volta per tutte. Ma non è stato così. Si è introdotto nella settima arte come un virus, e ha trionfato, impugnando la macchina da presa come fosse un bisturi, andando alla ricerca della morbosità della medicina e facendo addirittura della sala operatoria un vero e proprio tempio blood (come dimostrato dai camici rosso sangue usati in Inseparabili che sembrano quasi delle tuniche religiose). Ancora oggi, progetta film vischiosi, imprigionati in spazi claustrofobici e consunti come una casa, un paese, una stanza o la macchina della smaterializzazione dello scienziato de La mosca, cavia di se stesso. Ancora oggi, aggiunge incubi che per lui esistono anche nei videogiochi (eXistenZ) e intossica la mente di contagi, mutazioni corporee, perversi giochi di sesso dove ci si accoppia solo in relazione all'orrore e non più alla sensualità. Temi che volano sul suo lavoro, quelli dell'Eros e del Thanatos (non per niente, entrambe le figure mitologiche sono raffigurate alate nella mitologia greca), e che conducono lo spettatore ai confini dello splatter e del gore e lui, lui si fa Caronte di una discesa negli Inferi lungo uno Stige scellerato e assai poco limpido.
È stato attribuito a David Cronenberg il Leone d'oro alla carriera per un regista della 75. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (29 agosto - 8 settembre 2018). La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, che ha fatto propria la proposta del Direttore della Mostra Alberto Barbera. Ho sempre amato il Leone d'oro di Venezia