Il 3 settembre 1827 si incontrarono quei due magnifici giganti della poesia e della letteratura del mondo. Di Pino Farinotti.
In uno dei miei ultimi editoriali mi firmavo Giacomo Leopardi e raccontavo il poeta secondo la visione del regista Sergio Rubini nella sua miniserie Giacomo Leopardi – Il poeta dell’infinito. Rubini ha dichiarato:
“Piuttosto che lo studioso curvo perennemente sui libri, il nostro Leopardi avrà il piglio di un esuberante enfant prodige che desidera divorare il mondo e viverne appieno ogni sfaccettatura. Al posto di una figura grigia, rischiosamente polverosa e respingente, preferiamo tratteggiarne un’altra più brillante, variopinta, trasgressiva e soprattutto piena di fascino. Sarà la ricerca di amore a spingere Leopardi oltre il recinto dorato della casa paterna, e sarà l’amore per una donna, l’ammaliante aristocratica Fanny Targioni Tozzetti, a diventare la sua ragione di vita.”
Un personaggio quasi “capovolto” ma nel cinema ci stanno le licenze. Certo se hanno qualità. Gran parte del racconto di Rubini vive sulla storia del rapporto a tre fra Giacomo, Fanny e Antonio Ranieri amico del poeta. In realtà il “rapporto” completo, era fra l’amico e la contessa.
A Leopardi, è notorio, si era dedicato Mario Martone nel suo Giovane favoloso, un capolavoro. Con un magnifico e commovente Elio Germano nella parte.
Nel filmato di Rubini viene, una volta, citato, un minuto, Alessandro Manzoni. A Firenze, la città appunto, della Targioni Tozzetti, il 3 settembre del 1827 si incontrarono quei due magnifici giganti della poesia e della letteratura del mondo.
Nella dinamica delle vicende e delle intenzioni di Rubini, quell’incontro non poteva trovare spazio. Ci sta.
Quando ero consulente di “Casa Manzoni” con Angelo Stella, Presidente del Centro Studi manzoniani, - ci ha lasciato due anni fa, perdita enorme della cultura e dell’accademia italiana- pensammo a un film, che ho realizzato, Alessandro Manzoni – l’immagine della parola- col patrocinio e il contributo della Fondazione Cariplo. Il film, presentato alla Milanesiana, è il titolo che rappresenta la ricorrenza dei 150 anni dalla morte del grande milanese.
Con Stella decidemmo di dedicare un filmato, un “corto” a Giacomo Leopardi. Lo dissi a Martone, al quale ho dedicato un libro, che si era, appunto, già applicato al poeta, col risultato che ho detto sopra. L’idea dell’incontro non poteva non essergli congeniale. Martone è il regista più attivo del mondo: fa (più di) un film all’anno sempre presente nei premi di vertice. E dirige un’opera sempre ospitata al Piccolo Teatro di Milano. Mi disse di scrivere. Il resto era un problema di suoi impegni.
Mi ero innamorato dell’idea e così ho scritto la sceneggiatura. Una delle protagoniste dell’incontro di Firenze era proprio Fanny Targioni Tozzetti.
Mi fa molto piacere proporre, agli utenti di MYmovies, lo scritto. In attesa di un riscontro.
3 settembre 1827, Alessandro Manzoni avanza verso Palazzo Buondelmonti in piazza Trinita in Firenze. All’entrata lo aspetta un uomo elegante, sessantenne, dall’aspetto autorevole.
OSPITE
Sono Gian Pietro Viesseux. E’ un onore accoglierla, maestro.
MANZONI
L’onore è mio. Il suo Gabinetto rende onore a tutto il paese.
I due salgono lungo la grande scala. Manzoni si guarda intorno.
MANZONI
Questi gradini li hanno percorsi ... le più belle intelligenze, non solo italiane.
VIESSEUX
Ho avuto questo privilegio.
MANZONI
Ho sentito ... di sir Walter Scott.
VIESSEUX
Sarà presto in Italia. Mi ha promesso che verrà.
I due entrano in un grande ambiente. All’altezza dello stile dei palazzi rinascimentali fiorentini. Ad attenderli, schierati uno vicino all’altro, tre ospiti. Viesseux fa le presentazioni.
VIESSEUX
Pietro Giordani.
MANZONI (saluta con un cenno del capo)
Di recente ho riletto la vostra lettera al marchese Gino Capponi. E ho condiviso le vostre scelte letterarie. E apprezzo la vostra opera complessiva.
Giordani risponde con un sorriso adeguato.
VIESSEUX
Giovanni Battista Niccolini
MANZONI (stesso saluto)
Mi sono molto soffermato sul vostro saggio sulle affinità fra poesia e pittura.
VIESSEUX
Jean Paul Lemaitre.
MANZONI
Je connais bien votre action, contrastée mais opportune, à la Sorbonne.
Il campo si allarga e segue una scena che comprende il grande spazio e i presenti. Si sono formati piccoli gruppi. Manzoni è circondato, molte signore. La camera esplora qua e là Le parole non si sentono. Una musica adeguata accompagna la scena. La camera coglie, in un angolo, Manzoni e Lemaitre. Il francese sorridendo fa una premessa.
LEMAITRE più o meno settantenne
So bene che voi avete vissuto molto tempo a Parigi, ma permettetemi di esercitare il mio italiano... voi avete usato un aggettivo appropriato “contrastato”. Magari debole.
MANZONI
Avete reinventato la facoltà di lettere, in Sorbona. Non è merito da poco.
LEMAITRE
Sì, ma su incarico di Bonaparte. Poi ... le cose sono cambiate.
MANZONI
Un motivo maggiore di merito per voi. Siete sopravvissuto alla restaurazione.
LEMAITRE
Ma, credetemi, come bonapartista sono sempre in pericolo. Il nostro re, Carlo, è un restauratore peggio dei suoi fratelli Luigi.
MANZONI
Sono un po’ francese, come sapete, e seguo le vicende del vostro paese, che amo. E so che le cose cambieranno. Ci sono i segnali.
LEMAITRE
Che dio vi ascolti, maestro.
Il docente esita qualche secondo. Col sorriso adeguato si appresta a una certa battuta.
LEMAITRE
Monsieur, conosco bene il vostro cinque maggio. Anche voi eravate bonapartista.
MANZONI
Lo eravamo tutti.
Altra panoramica, movimenti degli ospiti. La camera inquadra Pietro Giordani che si avvicina a Manzoni che sta parlando con una signora. Giordani indugia qualche secondo poi, scusandosi, si appropria dell’ospite d’onore. I due si muovono verso uno spazio non intasato.
GIORDANI aveva allora 53 anni
Siamo in attesa dell’arrivo del conte Giacomo Leopardi, che ha assicurato la sua presenza, soprattutto per incontrare voi.
MANZONI
So che siete molto legati.
GIORDANI
Posso dire di essere stato il primo a cogliere la qualità della sua anima e della sua poesia. E a incoraggiarlo. Fra poco sarete insieme in questo luogo. E’ una combinazione magnifica. Un dono, quasi... un sortilegio.
Manzoni annuisce compreso, e lusingato. In quel momento l’atmosfera dell’ambiente cambia, come se un’attesa fosse finita.
GIORDANI
Ecco il conte.
Sono entrate tre persone. Quella nel mezzo è Leopardi, trentenne, si appoggia a un bastone. Un uomo, alla sua sinistra sembra sostenerlo sottobraccio. Alla sua destra una giovane, affascinante, poco più che ventenne. Saluti corali. Poi i tre si dirigono verso una grande porta a vetri che dà su un terrazzo vasto. La oltrepassano. Si vede Leopardi sedersi, quasi abbandonarsi su una poltrona. L’uomo e la giovane rientrano nella grande stanza e dirigono verso Alessandro Manzoni.
UOMO tendendo la mano a Manzoni.
E’ un grande piacere, maestro... sono Antonio Ranieri, conosciuto come il migliore amico del conte Giacomo Leopardi.
MANZONI sorride, sta al gioco.
Siete troppo modesto.
RANIERI aveva 21 anni
... la contessa Fanny Targioni Tozzetti.
FANNY sa come dire la battuta
Aspettavamo tutti ... questo lombardo che viene a Firenze, culla della lingua italiana.
MANZONI anche lui sa come dire le battute
E non è solo questione di lingua. Sapevo bene che Firenze ospita una ... esclusiva bellezza, che si sposa alla sensibilità e all’intelligenza.
Fanny risponde con un perfetto, nobile piccolo inchino.
FANNY
Detto da voi ... sono commossa maestro. Ma vi chiedo... si parla da tempo, anche qui a Firenze, del vostro romanzo, I promessi sposi, che avete dato alle stampe. Quando avrò il privilegio di leggerlo, signor Manzoni?
MANZONI
Sarà mio piacere farvene avere al più presto una copia. Con dedica adeguata.
FANNY
E sarà mio piacere divulgare nell’ambito delle mie conoscenze, quello che, senza alcun dubbio, sarà un capolavoro.
MANZONI
Spero, di cuore, di non deludere le vostre attese, contessa Fanny.
Inchino relativo della nobil-ragazza. Antonio Ranieri è rimasto defilato a godersi il minuetto dei due.
RANIERI
Chiedo venia. Ma vorrei che raggiungessimo Giacomo.
I tre si muovono ed escono sul grande terrazzo. Da quel momento si procede a sole immagini. Dunque vediamo il saluto fra Leopardi e Manzoni. Per qualche istante i quattro si scambiano, presumibilmente, parole convenzionali. Poi Fanny e Ranieri lasciano soli i due poeti. Giacomo e Alessandro stanno parlando. Le parole non si sentono. Vengono immaginate. Il dialogo è accompagnato da piccoli gesti. Leopardi si aiuta col bastone ad alzarsi, Manzoni gli dà una mano. Si muovono, lentamente, verso la balaustra, oltre la quale si vede la piazza. I due continuano a parlarsi. Si capisce che... si capiscono. Intanto gli invitati si sono tutti avvicinati alla vetrata e tutti gli occhi sono sui due poeti. La camera indugia su molti primi piani. Uomini e signore sono compresi del “sortilegio” che si è creato. Assistono a un regalo della storia. Due fra le maggiori intelligenze d’Europa condividono sentimenti e cultura. L’incontro produrrà nuove azioni e nuovi incanti, reciproci. A beneficio di tutti, nel loro tempo e in quello futuro. E’ questa la scena madre dell’episodio. Il piano sequenza lascia il tempo necessario allo spettatore per cogliere l’importanza eccezionale del momento. Senza cambiare inquadratura la camera zumma, si avvicina ai volti e alle labbra che stanno dicendo le parole che non si sentono, ma si vedono, misteriose, una profondità, una poesia, un altro sortilegio. Roba per loro due, privatissima. E’ l’immagine, è il cinema che spesso ha più forza delle parole. E la musica saprà riempire il silenzio come le parole che non senti.
Manzoni e Leopardi diranno sempre che ciò che si sono detti su quel terrazzo appartiene a loro due e a nessun altro.