In streaming con MYmovies ONE un esordio italiano delicato e poetico. Storia di metamorfosi e trionfo della natura.
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Sbocciare non è mai facile, specie quando sei giovane, non ti conosci a fondo e ignori che tipo di direzione prenderà la tua vita. È quello che capita alla protagonista di questo coming of age fiabesco, Maia dai capelli verdi, che sboccia - in senso metaforico e letterale - un giorno per caso.
Siamo molto più simili alle creature del mondo vegetale di quanto pensiamo, sembra voler dire la regista esordiente Ivana Gloria, che con Clorofilla, da oggi in streaming su MYmovies ONE, firma un film delicato, poetico, profumato come le essenze che il personaggio di Teo raccoglie nel suo universo isolato e incantato, fatto di piante meravigliose e arance speciali (la scenografia, notevole, è di Francesca Melis).
Sospesa tra Ovidio e D’Annunzio, tra le "Metamorfosi" e "La pioggia nel pineto", la storia scritta da Marco Borromeo parte come quella di un’adolescente qualsiasi, intenta a scoprire se stessa, il proprio corpo e le prime esperienze, e finisce con la rievocazione del mito di Dafne in una condivisione totale con la natura.
Un ritorno concreto alla Terra, madre, generatrice, traboccante di linfa vitale. Immersa in un’atmosfera bucolica, tra i colori e i rumori della natura, Maia compirà un profondo viaggio dentro se stessa, imparerà a conoscersi, accettarsi, persino ad arrivare al culmine del suo piacere, finora sconosciuto e mai raggiunto.
Senza usare inutili didascalismi o dispensare messaggi moraleggianti, Clorofilla tende a raccontare con ricercata semplicità come nessuno si possa salvare o conoscere davvero senza l’incontro con l’altro. Che sia un altro essere umano, come Teo, proprietario dell'aranceto in cui Maia va a lavorare, o l’altro inteso come il bosco, il mondo vegetale, che sembra non provare emozioni eppure sente, nutre, (ri)genera ogni giorno.
Il film segna il debutto come protagonista di Sarah Short, mentre Michele Ragno che interpreta Teo era già nell’ultimo Diabolik e nella serie I Leoni di Sicilia. Entrambi funzionano in un film carico di fertili spunti su cui riflettere, ma anche di una sensorialità che lo pervade dall’inizio alla fine: i colori accesi delle piante come della chioma della protagonista, il profumo delle essenze che sembra valicare lo schermo, l’odore della pioggia nel bosco verso il finale e la morbidezza dei boccioli che crescono sulla testa di Maia.
Una marea di stimoli e sensazioni arrivano dritte al pubblico, coinvolgendolo in un’avventura mai solo visiva che ricorda a tratti il cinema di Peter Greenaway, capace di trasformare la luce della cinepresa in qualcosa di nutriente. Come la clorofilla.