In Italia è impossibile non conoscere il leggendario Cocoricò, il documentario sul famigerato nightclub della riviera romagnola racconta la storia della sua nascita e del suo decennio d’oro, attraverso le parole dei suoi fondatori: Loris Riccardi, l'art director della discoteca, il direttore Renzo Palmieri e il principe Maurice, uno dei performer che ha reso il locale celebre a livello internazionale. Creato da Francesco Tavella e accompagnato dalle musiche originali di Matteo Vallicelli, il Cocoricò ha cooptato la cultura della vita notturna underground e queer, rendendola esclusiva e di alto livello. Il film è interessato a ciò che il club rappresentava mentre si avvicinava l'era seducente degli anni 2000, anche se è frustrantemente ampio sul suo posto nella club culture.
 

Eppure, l'avvincente documentario di Tavella riesce a far sembrare tutto nuovo, vivo, come se stesse accadendo per la prima volta, a velocità di curvatura, davanti ai vostri occhi. Con una cronologia semplice, infarcita di suggestivi filmati d'archivio e condita da interviste moderne ad alcuni dei principali protagonisti e da frequentatori dell’epoca. Cocoricò Tapes è un film particolarmente intelligente e innovativo, perché attinge allo spirito sopito del suo pubblico e recupera un famoso pezzo di folklore di Riccione grazie alle persone che lo hanno reso possibile.

Come Il Cocoricò stesso, il documentario si basa sull’eccesso, ma anche sulla trasgressione, e liberazione dai dogmi sociali. Come un immenso pride senza fine. 

La sorprendente parabola di una stella caduta, di un mondo che andava a mille all’ora e poi si è fermato di colpo, storia anche di accettazione, come spiega uno degli intervistati “Lì riuscivi a essere te stesso. E forse, dopo una, due, venti volte che riuscivi a essere te stesso lì dentro, riuscivi a essere te stesso anche fuori”.