LUKAS DHONT, LA CONFERMA 'CLOSE' E LA FORMULA DELL’ESPERIENZA UMANA

Quattro anni dopo lo stupefacente Girl, il regista belga torna con lo sguardo sui temi della giovinezza e del trauma e si consacra come uno dei talenti più promettenti d'Europa. Da mercoledì 4 gennaio al cinema.

Tommaso Tocci, venerdì 30 dicembre 2022 - Focus
Eden Dambrine . Interpreta Leo nel film di Lukas Dhont Close.

Poche assegnazioni della Caméra d'Or - il premio per la Miglior Opera Prima - sono apparse così scontate come quella dell’edizione di Cannes del 2018, in cui fu premiato il film belga Girl (guarda la video recensione) dopo giorni di stupore e passaparola tra gli addetti ai lavori. Era il biglietto da visita di Lukas Dhont, all’epoca ventisettenne e subito consacrato a protagonista presente e futuro del cinema europeo. La bellezza del ragazzo, cristallina e idealizzata, rispecchiava quella del suo esordio, un dramma intimo e personale sulle difficoltà di un’adolescente trans che studia per diventare ballerina e soffre doppiamente per nascondere il suo corpo in un mondo costruito sui valori dell’esteriorità femminile.

Quattro anni dopo, con l’uscita in sala della sua seconda regia Close, Dhont può già vantare un altro premio a Cannes (stavolta il Grand Prix) e un’accoglienza ugualmente positiva. Il film consente di tracciare un primo segmento nella carriera del belga e di notare i temi che ritornano: anche in Close lo sguardo dell’autore è volto alla giovinezza e al trauma in egual misura, uno legato forse intrinsecamente all’altra.

Al centro di Close c’è il rapporto tra due ragazzi tredicenni, in cui torna l’attenzione di Dhont per le tematiche LGBTQ ma che in realtà abbraccia più in generale l’idea dell’amicizia profonda (“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni, ma chi li ha?” si diceva in Stand by me) e di come una mascolinità in via di definizione, suscettibile alle influenze esterne, possa alterarne il corso naturale. La storia di Léo e Rémi è struggente, e come quella di Lara in Girl ha nella tragedia un terminale inscindibile dal percorso di crescita.

Chi ancora conserva un certo scetticismo verso la poetica di Dhont vede nella sua scelta di temi e trame un certo opportunismo, un fiuto istintivo per la materia che fa presa sul contemporaneo e un’abilità formale nel cucirgli addosso un apparato visivo d’effetto. Pur molto giovane e con soli due film alle spalle, il regista è anche già finito al centro di controversie, come quella che all’uscita di Girl gli rimproverò di raccontare in modo manipolativo un’esperienza trans che non gli appartiene, per giunta servendosi di un attore cisgender (Victor Polster).

Dal canto suo, il giovane belga rivendica una prossimità emotiva a tutte le storie, legandole alla sua adolescenza e alla sua identità queer, alla sua passione d’infanzia per il ballo e alle dinamiche del suo coming out. A questi sviluppi della vita privata ha contribuito a suo dire anche l’incontro con Nora Monsecour, la ragazza che ha ispirato le vicende di Girl e che è stata coinvolta poi sul set per assicurarne la buona riuscita e il rispetto fedele. Questo, come anche l’episodio dell’incontro fortuito su un treno con il piccolo Eden Dambrine (che Dhont convinse a sostenere un provino per Close e la cui performance rappresenta la vera arma segreta del film) è un modo di rielaborare la sfera del personale che aggiunge spessore e complessità al suo cinema, a volte così perfetto nella forma finale da non sembrare frutto di un processo autentico.

Di certo è già un maestro nella capacità di zoomare verso l’essenziale del tessuto drammatico, creando quella singolarità di punto di vista che ha reso così memorabile l’immedesimazione dello spettatore con i tormenti della ballerina Lara. Nelle storie di Lukas Dhont, null’altro sembra importare se non l’esperienza umana del protagonista; a malapena c’è un mondo attorno a loro. Microcosmi che Dhont fa suoi anche quando non li si direbbe a lui troppo vicini, ma se c’è una cosa che questa giovane carriera continua a confermare è che il pubblico sembra volersi fidare.

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