Lo strano caso di uno che la fama l’ha conosciuta a cinquant’anni. Con una faccia dall’ironia beffarda di chi non crede a nulla, neanche a se stesso. Dal 17 novembre è di nuovo protagonista in sala con la commedia Il principe di Roma di Edoardo Falcone.
La disillusione. Il disincanto. Lo scetticismo. L’ironia, quell’ironia beffarda di chi non crede a nulla, neanche a se stesso. Che cosa c’è nella faccia di Marco Giallini? C’è tutto questo, in quel mezzo sorriso tirato, con gli occhi socchiusi, di chi non ci crede mai fino in fondo. Fra Clark Gable e Nino Manfredi.
Marco Giallini, strano caso – nel cinema italiano – di uno che la fama l’ha conosciuta a cinquant’anni. Prima ha fatto mille lavori, prima di diventare quel Clint Eastwood della Nomentana, alto e secco, con quella camminata un po’ western, anche se siamo in un film ambientato nel presente, o nell’Ottocento italiano, come Il principe di Roma, l’ultimo suo lavoro (dal 17 novembre al cinema).
Ne ha fatte di cose, Marco Giallini, prima di diventare un’icona del cinema italiano, quello che naviga fra tensione e commedia. Duro e tenero insieme, disilluso e capace di una scorbutica poesia. Ne ha fatte di cose: l’imbianchino e la comparsa. Il successo arriva con la serie tv Romanzo criminale di Stefano Sollima: è il 2008, Marco Giallini ha 45 anni. Dopo Romanzo criminale 2 nel 2010, arriva ACAB – All Cops Are Bastards nel 2011, e la serie Rocco Schiavone, sul versante del cinema con la pistola.
Dall’altro versante, quello della commedia, è Carlo Verdone il primo a dargli una grande occasione in Io, loro e Lara del 2010; lo stesso Verdone lo richiamerà in Posti in piedi in Paradiso del 2012, che gli vale il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista.
All’alba dei cinquant’anni, la sua carriera vola. In Tutta colpa di Freud di Paolo Genovese, del 2014, interpreta uno psicologo abbandonato dalla moglie, costretto a crescere tre figlie adulte. Nel 2016 è ancora con Paolo Genovese che coglie un bersaglio importante: Perfetti sconosciuti (guarda la video recensione) è uno dei più grandi successi del decennio, unisce successo di pubblico e successo di critica, come raramente accade nel cinema italiano. Poi presta il talento a Massimiliano Bruno e al suo gioco col tempo in Non ci resta che il crimine (guarda la video recensione) del 2019, con i relativi sequel. Ormai Giallini è diventato imprescindibile, pare, per ogni tipo di cast.
Cresce negli anni ’70, a pane e cinema, come era “normale” in quegli anni, ma soprattutto a pane e musica. Rock, tanto rock. “E tanti fumetti. Avevo una capanna sopra un albero: ci salivo sopra, mi portavo su i fumetti, ero fissato con Tarzan e lassù mi sentivo un po’ come lui”. Poi studia teatro, fine degli anni ’80, ha già venticinque anni. Continua a fare teatro, fino al giorno in cui viene a vederlo Marco Risi. “Devo ringraziare Valerio Mastandrea: fu lui a dire a Risi ‘Vieni a teatro, c’è un mio amico che è forte’. Risi venne, e mi offrì un’occasione nel film L’ultimo Capodanno: ‘Faresti il marito di Monica Bellucci?’, mi disse”. Così Giallini entra nel cinema: nel film più sfortunato di Marco Risi. Ma da allora, la corsa non si ferma più.
Guardi la sua carriera, e pensi: ma sì, se avesse avuto trent’anni negli anni ’70, sai quanti poliziotteschi avrebbe fatto? Avrebbe conteso ogni film a Maurizio Merli, a Franco Gasparri, a Luc Merenda. Un “duro” come lui se lo sarebbero tenuto stretto. Ma va bene anche così. E poi Rocco Schiavone vale diversi poliziotteschi. Rocco è rock. Porta sempre il loden e le Clarks, è sempre malinconico: ormai, Rocco e Giallini sono una cosa sola. Come il tenente Sheridan e Ubaldo Lay. Come Nero Wolfe e Tino Buazzelli. Come Peter Falk e il tenente Colombo. Tutti sgualciti, disincantati, immalinconiti. Come lui.
È il 2011 – quando il lavoro sta cominciando a ingranare – che arriva per Marco Giallini la mazzata più tremenda. È estate, Giallini sta partendo per le vacanze con la moglie e i figli. All’improvviso la moglie Loredana lamenta un tremendo dolore di testa. Si accascia a terra. Muore, due giorni dopo, in ospedale. Ha 48 anni. Marco si ritrova solo con i due figli, Rocco e Diego, nati nel 1998 e nel 2005. Da quel momento, trova in sé la forza del rocker, e lavora con più foga di prima, con più determinazione di prima: per i figli, per mettere da qualche parte quella vita e quell’amore che si ritrova addosso. Per dare ai figli una sicurezza. Per Loredana, forse, anche. E arriva il successo. “Prima, se entravo in un ristorante, se proprio andava bene c’era qualcuno che mi diceva: ‘ma tu sei un attore?’. Adesso, se qualcuno non mi riconosce non mi pare vero!”.