Dal Florence Korea Film Fest nasce uno spazio esclusivo online per recuperare i capisaldi e scoprire curiosità meno note del cinema sudcoreano.
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Il bouquet di piattaforme online racchiuse dall’abbonamento a MYmovies ONE si arricchisce di un nuovo elemento: Kvision, raccolta digitale di titoli fondamentali del cinema sudcoreano nata dal Florence Korea Film Festival.
Il cinema sudcoreano, ormai amato anche in Italia da un nugolo di fan, godrà di uno spazio esclusivo, in cui poter recuperare capisaldi e curiosità meno note ai più, transitate durante le 20 edizioni del festival fiorentino.
Come per il Florence Korea Film Festival, si spazia tra lungometraggi e cortometraggi di finzione, tra documentari, interviste e masterclass, con la possibilità di trasferire l’esperienza del festival anche tra le mura di casa propria.
Tra le masterclass proposte figurano interventi di ospiti illustri transitati da Firenze, grandi attori quali Moon So-ri (nota per Oasis, Secret Sunshine, oltre che regista) o Cho Jin-woong (The Handmaiden, A Hard Day), volto spesso ricorrente nei panni villain: occasioni uniche di ascoltare dalla loro viva voce i segreti del mestiere in un contesto meno conosciuto rispetto a quello del cinema occidentale.
La fetta più consistente dell’archivio di Kvision è costituita dai lungometraggi di finzione, attraverso i quali è possibile ripercorrere passaggi fondamentali del cinema della Hallyu, la “new wave” sudcoreana che ha sconvolto il mondo delle arti alla fine degli anni 90. Il discusso e recentemente scomparso regista Kim Ki-duk è rappresentato da ben tre titoli: due classici come Bad Guy - ambiguo e violento mélo, forse l’apice della sua filmografia – e Address Unknown affiancano il meno noto Real Fiction, girato nel 2000, appena prima che il nome di Kim divenisse moneta corrente nei festival di cinema occidentali. Lo spazio Kim è concluso dal documentario di Antoine Coppola Kim Ki-duk, cinéaste de la beauté convulsive, necessario complemento critico per un autore affascinante e divisivo, quasi impensabile secondo i rigidi canoni odierni in fatto di politically correct.
Oltre a Kim Ki-duk, i titoli riguardano cult della hallyu come il gangster-mélo Friend (Kwak Kyung-taek, 2001), matrice di tanti titoli di genere del cinema coreano dei decenni successivi, in cui duelli all’arma bianca e amicizie tradite toccano vertici di pathos degni della tragedia greca classica. Forse meno noto è The Contact di Jang Yoon-hyun (1997), romance con una giovanissima Jeon Deo-yeon, resa celebre in seguito dal successo di The Housemaid.
Sono 87 i cortometraggi presenti nel database di Kvision e rappresentano un’occasione unica per soffermarsi su un formato troppo spesso trascurato ai festival o sulle piattaforme. È invece qui che si scoprono i talenti a venire e spazi per la sperimentazione di soggetti troppo radicali per un debutto come lungometraggio. Negli anni il Florence Korea Film Fest è stato sempre contraddistinto dall’attenzione al cortometraggio e Kvision diviene così un’opportunità unica per scovare pepite ancora grezze. Il nuovo Bong Joon-ho o Park Chan-wook potrebbe celarsi tra questi cortometraggi…
Infine i documentari, spesso concentrati sulla divisione tra Nord e Sud Corea e sulle tensioni intorno al 38° parallelo. Se il cinema di finzione non smette di raccontare, spesso con toni esasperati, il dramma di un popolo diviso dalle logiche di una guerra fredda antica ma dura a morire, ecco che il cinema documentario può aiutare a comprendere ancor meglio le contraddizioni di una divisione che prosegue a distanza di quasi 70 anni dall’armistizio del 1953. A Postcard from Pyongyang, Have Fun in Pyongyang e Shadow Flowers – due produzioni europee e una sudcoreana – analizzano tre differenti aspetti della divisione tra le Coree e della vita a Pyongyang, cercando di guardare oltre il pregiudizio.