ADDIO AD ALAN LADD JR., TRA GLI ARTEFICI DEL GRANDE CINEMA AMERICANO

Muore a 84 anni uno degli uomini che fece (ancora più) grande Hollywood. Senza di lui non ci sarebbero stati film come Blade Runner, Star Wars e Braveheart. Figlio di Alan Ladd, star dell'epoca d'oro di Hollywood, era nato nel 1937, un anno davvero magico per Hollywood.

Pino Farinotti, domenica 6 marzo 2022 - Focus

È legittimo dire che il 1937 contiene quella che può essere definita una speciale magia del cinema. In quell’anno sono nati Jane Fonda, Robert Redford, Jack Nicholson, Warren Beatty, Dustin Hoffman, Anthony Hopkins, fra gli altri.

Gli Oscar sono caduti a pioggia su di loro. È una generazione decisiva, ha rappresentato l’America progressista, i diritti civili, le differenze. E ha fatto grande cinema. In quell’anno è nato qualcuno che non si è espresso dietro o davanti la cinepresa. Ha lavorato “sopra”. Trattasi di Alan Ladd jr. morto qualche giorno fa.

È stato un produttore che, come i colleghi cineasti detti sopra, ha fatto la storia del cinema. Qualche notizia. È stato presidente della Fox dove ha prodotto titoli come Guerre stellari e Alien. Ha poi fondato The Ladd Company e gli si devono film come Momenti di gloria, Blade Runner, Thelma & Louise e Braveheart. Siamo dunque nella parte più alta e nobile del cinema. E miliardi di biglietti venduti.

Ho conosciuto Alan jr., a Venezia. Erano i primi anni Duemila. Un richiamo di somiglianza col papà era visibile. Nel volto soprattutto, perché il figlio era più alto e robusto.

Inserto. Alan Ladd è stato, ed è ancora, la mia prima passione. Ho talmente coltivato l’eroe Shane, il Cavaliere della valle solitaria, da scriverne il sequel. "Ritorno alla valle solitaria". Edito dalla Sugarco nel 1994. Non ci volle molto per accreditarmi come “amico” dei Ladd. Quando gli dissi del libro ne fu colpito. Mi chiese. “E cosa succede?” “Che Shane, dopo aver fatto giustizia nella valle, se ne va. Ma nel romanzo viene richiamato dai coloni che hanno ancora bisogno di lui. Torna per un’altra impresa.” “Ma è magnifico!". Poi mi chiese se c’era un’edizione in inglese. Purtroppo non c’era. L’editore non aveva investito su un titolo che in Italia era passato quasi inosservato. La passione era mia e di pochi altri.

Junior mi raccontò del papà. “È stata un dolore terribile la sua morte, a cinquant’anni. Ricordo bene, ero in macchina, a San Diego. Accendo la radio e vengo a sapere che papà è morto per una mistura di pillole e alcol”.

Rimanemmo seduti a quel tavolino dell’Excelsior tanto tempo. Mi parlò della famiglia, che per Alan senior era la cosa più importante. “Siamo sempre stati molto uniti, Alana, David e io. E anche Cheryl, mia cognata. Anche adesso viviamo tutti e tre a Los Angeles, in un’area di non più di tre miglia. Siamo vicini. Papà ne sarà contento”.
 

Mi fermo qui nel suo racconto. Ma evocare Alan Ladd mi consente di ricordarlo.

ALAN LADD
Il tirocinio è il solito, molti lavori e attività (anche giornalismo), prima di entrare alla Paramount. Qualche piccola parte (per esempio in Quarto potere) poi un paio di presenze più robuste fino alla grande occasione, Il fuorilegge, tratto da Graham Greene in cui incarna un killer freddo e crudele ma con sfumature intense e inquietanti. Ladd ha trovato quella che sarà la sua immagine della prima stagione della carriera: una grinta impassibile e durissima in contrasto col suo aspetto di biondo dagli occhi azzurri fragile e fin troppo bello. Negli anni Quaranta diventa padrone di quel tempo di ruolo con film come La chiave di vetro, da Hammett, La dalia azzurra da Chandler, Saigon e Calcutta. Spesso accanto a lui c'è la sua omologa (piccola, bionda, pettinatissima) Veronica Lake. Ladd fa incassare milioni di dollari con produzioni a basso costo. Sarà un autentico guaio per lui. La major continua a sfruttarlo in quel senso senza dargli la possibilità di evolversi e manifestare tutte le sue qualità, che sono rilevanti. L'opposto di un Bogart, certamente non più dotato di Ladd ma impiegato in ruoli meno commerciali.

L'attore è straordinario nella riduzione del famoso romanzo di Scott Fitzgerald Il grande Gatsby, dove domina una produzione lontanissima dalla qualità e dalla verità del romanzo. Intanto è perennemente nei top ten, cioè nella importantissima hit parade del botteghino hollywoodiano. Nel 1948 la Casa lo impiega in un western a colori, Smith il taciturno, film di ottimo budget e possibilità. Ladd si rivela un magnifico westerner e da quel momento i suoi moli saranno per lo più quelli. Nei 1953 George Stevens dirige il film che, in occasione del quarto di secolo della Paramount dovrà diventare leggenda, e leggenda diventa, Il cavaliere della valle solitaria (Shane). Shane è Alan Ladd. Ne esce un eroe strepitoso: l'uomo misterioso e silenzioso, che sa essere umano e, al caso, violentissimo, e che fa giustizia senza compensi. Forse il più fulgido eroe di tutto il cinema. L'attore, a quarant'anni, ha avuto la consacrazione che meritava. Shane è uno dei più leggendari cult del cinema del mondo, con una folta schiera di appassionati che erano ragazzi in quel tempo.

Dopo Il cavaliere Ladd comincia a declinare. Gli anni, e l'alcol, gli toccano il volto e fanno emergere tutta la sua fragilità, anche interna. Dopo una serie di western, alcuni dei quali certamente decorosi, sempre più legnoso e a disagio, l'attore è diventato ombra di sé stesso. L'ultima impennata è nel suo ultimo film, L'uomo che non sapeva amare, dove l'attore ha accettato un ruolo di caratterista. È un vecchio cowboy tramontato, triste e grottesco, che diventa attore del cinema. Ladd muore poco dopo, a cinquant’anni, per una miscela di pillole e liquori.

Di Alan Ladd, nei decenni sono sparite le tracce. Il suo destino postumo di attore-eroe misconosciuto è stato implacabile. Una certa memoria popolare (ottusa) lo identifica come il piccoletto che doveva salire sulle casse per abbracciare Sophia Loren ne Il ragazzo sul delfino. Pochi si sono accorti del carisma esclusivo di Ladd, della sua intensa capacità di sentire i ruoli, della sua naturale, malinconica nobiltà.

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