In "Tutto su di me" l'artista di origini ebraiche svela il dietro le quinte di una carriera leggendaria.
"Mel Brooks – Tutto su di me". Il grande artista si racconta nel libro edito dalla Nave di Teseo. Prima indicazione, non piccola: Brooks, regista, attore, produttore, scrittore, è uno dei pochissimi a essersi aggiudicato i quattro più importanti premi dello spettacolo: Emmy (televisione), Grammy (musica), Tony (teatro), Oscar (cinema). Ultrameritati. Brooks è un profeta della comicità di origini ebraiche, che da sempre, da quando c’è il cinema, comanda quel genere.
Solo alcuni nomi, fra le decine, talenti completi, attori autori: Groucho Marx, Charles Chaplin, Jerry Lewis, Peter Sellar, Woody Allen, Gene Wilder, Sid Caesar, Lenny Bruce. Ci metto anche i Coen, che non sono comici puri ma la sequenza de Il grande Lebowski, dove Jeff Bridges e John Goodman spargono le ceneri del loro amico nel Pacifico, è la più divertente del cinema dell’ultimo quarto di secolo. Sequenza evoca sequenza. A volte mi concedo degli assoluti, so bene che possono essere arbitrari, discrezionali. Evoco un momento de La pazza storia del mondo, quando Mel-Mosé riceve tre tavole dei quindici comandamenti. Una gli cade a terra e si rompe. Allora, dal Sinai, annuncia al popolo di aver ricevuto da Dio le tavole dei dieci comandamenti. C’è intelligenza, invenzione, paradosso, provocazione e grande estetica. E si ride.
Altro assoluto, ma questo non è arbitrario, è accreditato da quelle classifiche che tanto amano gli americani. Frankenstein junior, con A qualcuno piace caldo di Billy Wilder, è considerato il film più divertente di tutto il cinema. Il risvolto del libro propone una sintesi perfetta: “A 95 anni Mel Brooks svela il dietro le quinte di una carriera leggendaria. Ripercorre i successi e le delusioni, le amicizie a Hollywood, le collaborazioni con Sid Caesar, Gene Wilder, Alfred Hitchcock, Marty Feldman, David Lynch e l’incontro con il grande amore della sua vita, l’attrice Anne Bancroft”. In oltre 600 pagine Brooks ha lo spazio per raccontare tutto di sé. L’Italia gli sta a cuore: “Mi sento italiano, mia moglie Anne Bancroft era italiana, aveva adottato un nome d’arte. Ma in realtà si chiamava Anna Maria Italiano. E io ho imparato ad amare il cinema grazie a registi come De Sica, Rossellini, Fellini.
Leggendo il libro emergono, “dal vivo”, certi concetti che la critica e il pubblico hanno attribuito a questo autore. La base è naturalmente la cultura e la mistica ebraica. Però con una direzione precisa che è New York. Un luogo che se ti ospita non può non condizionarti. Brooks ha colto, da quella città, un registro particolare, decisivo, che è la verità che ispira. La comicità newyorkese ti induce a scrivere affidandoti al tuo talento, magari visionario, ma poi ti richiama a un nocciolo di verità. Titoli come Per favore non toccate le vecchiette, Il mistero delle 12 sedie, Balle spaziali e The Elephant Man, dove Brooks è produttore, fanno parte del corpo e della memoria del cinema. Un ultimo titolo che vale la pena di ricordare: Mezzogiorno e mezzo di fuoco, opera amata da un personaggio particolare, Barack Obama. Un titolo che contiene implicazioni civili profonde, espresse divertendo.
Il tema: lo sceriffo che si batte da solo contro una città è un nero dall’apparenza inoffensiva, però ingegnoso e coraggioso. I banditi le tentano tutte contro di lui (prima gli mandano contro un ferocissimo Ercole, poi una vamp da saloon, infine un intero esercito di mercenari). Invano: il nero vincerà su tutta la linea.
Una predilezione “presidenziale” comprensibile. Va detto che Brooks parlando di lui dice “il mio grande amico Obama”.
A chiudere: in un podio ideale del cinema comico-intelligente, credo che Mel si contenda la posizione di vertice. Con Woody.