ARTURO MARI - IL FOTOGRAFO DEI PAPI, UNA GRANDE NARRAZIONE PER IMMAGINI DELLA CHIESA CATTOLICA

Un uomo e un professionista fuori del comune, un fotografo che rientra a pieno titolo tra i grandi testimoni del Novecento. Disponibile in streaming su VatiVision. GUARDA ORA IL FILM»

Rossella Farinotti, martedì 28 settembre 2021 - Focus

La storia è fatta di tracce che sedimentano. L’esistenza degli uomini è testimoniata da avvenimenti storici, racconti, diari e dalla necessità di creare un immaginario che rimanga nel tempo. E le immagini rappresentano - dai primi disegni nelle caverne fino alla fotografia e al video - la prima fonte di ricordo, riconoscimento e archivio per il futuro.
Una figura come quella di Arturo Mari è stata fondamentale per raccontare storie particolari: quelle dei papi e della loro tracciato. Mari, dalla fine degli anni ‘50 fino a più di un decennio fa, attraverso le sue fotografie ha narrato la vita dei papi che si sono susseguiti al Vaticano dal 1956 al 2007, sottolineandone quegli aspetti diversi, umani, intimi e preziosi, che hanno reso queste persone dei grandi pontefici, ma anche umani esemplari.

Nel film di Davide Lemma Arturo Mari - Il fotografo dei Papi - disponibile in streaming su VatiVision - Mari racconta la sua esperienza con trasporto e passione. La stessa passione che gli ha fatto scattare quasi 6 milioni di immagini fotografiche. Discendente da una famiglia di sampietrini - il padre lavorava in Vaticano -, Mari già a sedici anni si avvicina al “suo” primo papa, Pio XII, dimostrando un talento nell’uso dell’immagine e nel cogliere il giusto momento come racconto di un episodio, di un’emozione o di un gesto. Memorabili alcuni scatti come quello in cui il fotografo immortala Pio XII con le braccia aperte, ad accogliere i fedeli attraverso un’azione simbolica, ma molto umanizzata; o le parate di Giovanni XXII, grazie al quale il fotografo viene ufficialmente assunto dall’Osservatore Cattolico come “primo fotografo” nel 1977, anno che precede l’incontro con papa Giovanni Paolo II, che Mari affianca fino alla sua morte nel 2005.
 

Il rapporto tra Mari e papa Giovanni II evade i confini della pura documentazione di un personaggio sacro: diventa un’amicizia legata da stima e affetto reciproci. Sentimenti rappresentati dal milione - un milione! - di scatti che ritraggono questo papa buono che ha toccato tanti animi, periodi storici e luoghi. Arturo Mari infatti ritrae Wojtyla durante tutti i suoi viaggi: nel 1963 lo vediamo accanto a Kennedy, poco prima della sua morte; nel 1965 in visita alle Nazioni Unite a New York; nel 1967 a Istanbul e l’anno dopo, nel 1968, a Bogotà; poi di Nuovo negli Usa con Nixon nel 1969, o la toccante visita nel 1979 presso Auschwitz in Polonia, fino al ritratto con Fidel Castro a Cuba nel 1998. Il messaggio e la figura carismatica di Papa Giovanni Paolo II arrivarono alle masse. Era il pontefice “di tutti”, e lo dimostrano la profonda intimità di alcuni scatti che lo ritraggono in momenti intimi - bellissima la fotografia di Giovanni Paolo II avvolto dal bianco acceso e brillante della neve che amava sfidare, con le montagne rocciose alle sue spalle -, o in quelli istituzionali fino all’immagine che rese Mari noto anche nel panorama della fotografia di reportage, giornalistica: l'attentato del 1981. “Papa Giovanni sta salutando la folla. Si sentono due colpi di pistola, il santo padre cade” racconta Arturo Mari all’inizio del film. Scene memorabili e drammatiche, che il fotografo ha saputo rappresentare documentando atti ed espressioni.
 

Mari è l’autore anche di una famosa fotografia in cui papa Wojtyla è seduto nel suo letto d’ospedale Gemelli di Roma: uno scatto ambito da tutti i fotografi del tempo, ma realizzata soltanto da lui. Il racconto di Mari è bilanciato da cenni storici legati all’arte che ha accompagnato le storie dei papi nei secoli, dai primi avventi iconografici fino ad atti vandalici come quello del 1972 in cui venne danneggiata la Pietà di Michelangelo come atto provocatorio anticlericale. Lo storico dell'arte Paolo Cova racconta con passione l’importanza e necessità di dover documentare i padri della chiesa che l’Italia ha sempre sviluppato, anche attraverso simbologie legate a elementi quali la croce e la ritrattistica papale, sin dal Rinascimento affidata ai grandi maestri pittori. E Mari è uno di questi: un ritrattista e lettore del suo tempo. Un attento osservatore che, attraverso il suo obiettivo, ha scelto di “far parlare la gente” con eleganti immagini - dai raffinati bianchi e neri del passato, fino a quelle a colori - e racconti, affiancando i papi del suo tempo, fino a Benedetto XVI, ultimo pontefice che Mari ha deciso di immortalare nel 2007.

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