È STATA LA MANO DI DIO, UN 'AMARCORD' CHE RICOSTRUISCE LA GENESI ARTISTICA ED EMOTIVA DI SORRENTINO

Un film che diverte, rende omaggio ai maestri e prova a ricomporre le parti “disunite” di un regista che voleva fare il filosofo e invece si è trovato a raccontare, ancora e ancora, il rimpianto. In Concorso a Venezia 78, dal 24 novembre al cinema e dal 15 dicembre in streaming su Netflix.

Paola Casella, giovedì 2 settembre 2021 - Mostra di Venezia

“Alla fine torni sempre a te e a questa città”, dice il regista Antonio Capuano a Fabio, alter ego cinematografico di Paolo Sorrentino, che con È stata la mano di Dio ripercorre la propria storia famigliare e fornisce il racconto della formazione che l’ha portato a trasferirsi a Roma per diventare regista. Ma Napoli se l’è portata dentro, e solo oggi affronta di petto il suo rapporto con la città, nonché la tragedia della perdita dei genitori ad un’età ancora incerta. 

Sorrentino torna a bagnare i panni in quel mare che "non bagna Napoli" per ripescarvi le origini della sua vocazione e rendere omaggio a chi, prima ancora dei Maestri, ha arricchito il suo mondo interiore: un padre istrionico, una madre giocoliera, una zia alienata e provocante, uno zio in grado di interpretare come “la mano di Dio” l’intervento di quel Diego Armando Maradona capace di “atti politici”, come il celebre goal di mano contro l’Inghilterra, e di miracoli quotidiani, come quello di chiamare a sé – “in curva B, naturalmente” - il giovane Fabio, sottraendolo al destino tragico dei suoi genitori.

Si ride, tanto, in questa storia di discendenti del Regno di Napoli, insieme a questa galleria di personaggi a volte grotteschi ma mai meno che umani. E Maradona è il nume tutelare ricorrente che manda segni da lontano, che fa ballare sui balconi un’intera città, che salva la vita e l’onore, che riesce a non essere mai deludente, almeno in quegli anni lontani. 

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