UN DIVANO A TUNISI, UNA COMMEDIA SOFISTICATA E DIVERTENTE CHE RICHIAMA IL CINEMA DI WOODY ALLEN

L’esordio alla regia della franco-tunisina Manele Labidi è una commedia fatta di dialoghi e personaggi che cita la psicanalisi e inserisce elementi biografici tratti dalla vita reale della regista. Ora disponibile su NOW. GUARDALO SUBITO »

Giorgio Crico, giovedì 19 agosto 2021 - NOW

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Golshifteh Farahani (41 anni) 10 luglio 1983, Teheran (Iran) - Cancro. Interpreta Selma nel film di Manele Labidi Labbé Un divano a Tunisi.

Tunisi, oggi. La Primavera araba è ormai solo un ricordo e la città, proprio come tutto il Paese di cui è capitale, sta cercando di ricostruirsi e trarre una sua nuova forma dalla fase magmatica confusa e disorientata che ha necessariamente seguito il cambiamento epocale portato dal cambio di regime. Un luogo complesso ma anche vivace, potenzialmente fertile e stimolante per chi abbia voglia di mettersi alla prova, insomma: Selma – giovane psicologa francese di origine tunisina – ha senz’altro i requisiti giusti per misurarsi con la nuova Tunisi.

Cresciuta a Parigi col padre, la giovane psicanalista è dotata di un carattere forte e volitivo, una personalità determinata e intraprendente che la riporta nella sua città natale per aprire uno studio privato. Selma è convinta che, dopo il cambiamento radicale e potenzialmente traumatico vissuto dai cittadini, un po’ di supporto psicologico possa essere fondamentale per i tunisini: come dice lei stessa, a Tunisi «c’è molto da fare».

C’è però un problema: la popolazione locale non è proprio abituata ad avere a che fare con un professionista clinico della psiche e ben presto lo studio della giovane diventa un ricettacolo di personaggi bizzarri, spostati e complessati, uno più bizzarro dell’altro. Come se non bastasse, oltre ai pazienti squinternati e ad avventori non propriamente interessati alle sue prestazioni professionali in ambito psicologico, Selma è anche costretta a un continuo confronto con la porzione della sua famiglia che non è mai andata in Francia e che l’ha riaccolta in Tunisia, totalmente sprovvista degli strumenti culturali per capire non tanto e non solo la sua iniziativa imprenditoriale ma proprio il suo lavoro tout-court.

L’esordio alla regia cinematografica della cineasta franco-tunisina Manele Labidi Labbé è una commedia tanto sofisticata quanto divertente che prende moltissimo della tradizione transalpina ma anche da un’evidente influenza woodyalleniana.

Il tema portante della psicanalisi all’interno di Un divano a Tunisi  – ora disponibile in streaming su NOW – sembra proprio una filiazione diretta della (comprensibile) fascinazione per l’autore newyorkese e va perfettamente insieme con l’altro nucleo narrativo della distanza culturale tra Tunisi e Parigi, tra Tunisia e Francia: entrambi questi elementi sono i motori della vis comica del film, che sfrutta più che può entrambi gli inneschi per generare situazioni divertenti, spesso facendoli anche intersecare.

Un altro focus fondamentale è quello dei rapporti interpersonali: la protagonista ha ovviamente relazioni professionali con i suoi pazienti così come ha quelle familiari con il variopinto universo dei suoi parenti autoctoni e, a questi due mondi relazionali, aggiunge poi il terzo, quello romantico – perché non manca un elemento più passionale, alla trama, che è ovviamente utile per sviluppare ulteriori situazioni divertenti e non solo a mostrarci il personaggio principale alle prese con l’amore.

Impossibile infine non sottolineare il magnetismo naturale di Golshifteh Farahani, attrice franco-persiana che interpreta Selma: la sua interpretazione restituisce alla protagonista la forza e la (spiccatissima) personalità perfette per il ruolo, a cui aggiunge un surplus di charme irresistibile. Il personaggio che ne esce è perfettamente tridimensionale, credibile quanto basta per sostenere la verosimiglianza della trama ma anche sufficientemente potente per fare da architrave narrativo: Selma non annoia mai pur rimanendo genuinamente umana.

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