AGENTE SPECIALE 117 - MISSIONE RIO, GUARDA L'INIZIO DELL'OMAGGIO AI CLASSICI DELLO SPIONAGGIO

Su MYmovies i primi minuti del secondo capitolo della saga con Jean Dujardin nei panni di un sornione agente segreto. Dal 29 luglio al cinema.

Giorgio Crico, venerdì 23 luglio 2021 - Guarda l'inizio
Jean Dujardin (52 anni) 19 giugno 1972, Parigi (Francia) - Gemelli. Interpreta Agente Speciale 117 nel film di Michel Hazanavicius Agente Speciale 117 al servizio della Repubblica - Missione Rio.

Michel Hazanavicius, nel 2009, ha diretto il sequel di Missione Cairo, che naturalmente ripropone la parodia-omaggio transalpina di James Bond. Nei panni dell’agente 117 torna Jean Dujardin, ingellattissimo e sornione. Il film Agente speciale 117 al servizio della Repubblica - Missione Rio - di cui vediamo i primi minuti in esclusiva su MYmovies - sarà al cinema dal 29 luglio, distribuito da I Wonder Pictures.

Gstaad, 1967. L’agente segreto che più segreto non si può Hubert de la Bath è “molto impegnato” nell’intrattenere con dei giochi di prestigio una folta schiera di signorine di origine orientale all’interno del suo chalet alpino, nel quale si è ritirato per qualche giorno per sciare (almeno secondo fonti ufficiali). L’improvvisato spettacolino di prestidigitazione viene però presto interrotto da un commando di cinque figuri armati di abiti scuri e, più prosaicamente, di rivoltella, che iniziano uno scontro a fuoco con il malcapitato Hubert. Il motivo non è dato conoscerlo: trattasi di non meglio precisati scagnozzi del signor Li, arcinemico della famiglia imperiale cinese e, quindi, anche della contessa che si intratteneva nello chalet dell’Agente 117. Naturalmente, il nostro eroe respinge trionfalmente l’attacco e può continuare a intrattenere la nobildonna d’Oriente (cambiando però modalità d’esibizione).

Pochi giorni dopo, la spia più affascinante di Francia è nella capitale del suo Paese, pronto per un’altra giornata nel suo ufficio all’interno del Dipartimento di documentazione estera e controspionaggio senonché il suo capo e principale lo convoca nel suo ufficio. Il motivo è presto detto: Hubert deve partire per una nuova missione segreta in una località esotica che, stavolta, è il Brasile e, per la precisione, Rio De Janeiro. Il compito dell’Agente 117 è consegnare a un ex gerarca nazista diventato impresario di incontri di wrestling una cospicua somma di franchi francesi in cambio di una lunga lista di collaborazionisti francesi filonazisti rimasti ignoti (ma in seno) al governo.

Una volta compresa la missione, Hubert parte per il Sudamerica: ad aspettarlo la solita dose di nemici, spie & controspie, conti da regolare, arcinemici improbabili e guai assortiti.

Dodici anni dopo la sua missione egiziana, il nostro de la Bath si presta a una nuova, incredibile avventura. Armato di tutto il suo consueto arsenale e, più importante ancora, di basette più lunghe perfettamente in linea con il gusto dei tardi anni 60, il miglior agente del Dipartimento di documentazione estera e controspionaggio francese, rigorosamente e incorruttibilmente sempre al servizio della Repubblica tricolore transalpina, torna al centro del proscenio per la sua seconda vicenda cinematografica, ancora figlia della coppia pluripremiata Hazanavicius-Dujardin, capaci di portare a casa – tra gli altri – gli Oscar per Miglior film, Miglior attore e Miglior regia nel 2012, grazie a The Artist. Diversamente dal film oggetto di quell’exploit, però, la saga dedicata all’Agente 117 è prevalentemente ironica e brillante, se non decisamente comica.

Come il primo film della saga, Agente Speciale 117 al Servizio della Repubblica – Missione Rio è un omaggio divertito e divertente ai classici dello spionaggio degli anni 60, con i film di James Bond testa e spalle sopra tutti gli altri del genere. Se in Missione Cairo il riferimento principale erano specialmente gli intramontabili capolavori con Sean Connery, stavolta l’ispirazione è perlomeno equamente condivisa con i film interpretati da Roger Moore che, non a caso, Dujardin cerca di richiamare nel look e nella mimica così come faceva con Connery nel corso della sua prima sortita su grande schermo. Nel complesso, tutta la serie tratta dai racconti di Ian Fleming è un riferimento fondamentale per la trilogia di Hubert de la Bath, sempre in equilibrio tra la parodia e la citazione colta e quasi ossequiosa (del resto, le radici dell’ispirazione restano dichiaratissime e parte integrante del grande gioco narrativo).

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