Un documento inedito su come questo mestiere cambi chi ha mostrato l'inferno della guerra. Dal 10 giugno al cinema.
Da una camera oscura prendono vita e definizione su carta, uno dopo l'altro, i ritratti di tredici fotografi di guerra italiani, tra cui Andreja Restek, torinese d'adozione, croata d'origine ("nata in un Paese in cui una donna non poteva avere grandi sogni", dice). Sono loro, una volta tanto, a stare seduti e fermi davanti all'obiettivo, nel tentativo di definire gli scopi e i lati meno noti della loro professione. La struttura a mosaico del documentario offre i loro interventi, alternati agli scatti di scenari bellici a tutte le latitudini: il conflitto israelo-palestinese, la Siria, il fronte ucraino, l'Afghanistan, l'assedio di Sarajevo, il confine tra Kosovo e Albania, l'Egitto.
L'intento dichiarato è sbriciolare la retorica del supereroe, raccogliere un campione variegato di voci che smitizzino, ognuna dal punto di vista della propria esperienza, l'immagine stereotipata del testimone in pericolo, mosso dall'adrenalina del contesto di conflitto e concentrato unicamente sul catturare l'istantanea più significativa e rischiosa.