Torna in sala nella versione restaurata in 4K uno dei capolavori del regista di Hong Kong.
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Wong Kar-Wai è il più occidentale dei registi sfornati dalla new wave del cinema orientale a partire dagli anni Ottanta. È un regista sperimentale e un profondo innovatore del linguaggio cinematografico: probabilmente è il regista che sarebbe stato Godard se fosse nato in Cina trent'anni dopo.
I suoi film mantengono il taglio classico della cultura orientale soprattutto nelle tematiche delle storie, non esagerano mai coi toni e non sanno nemmeno cosa sia la morbosità: i sentimenti vengono descritti e messi in scena in modo pudico, viene lasciato spazio allo stupore ma mai al compiacimento. Si pensi a uno scrittore come Haruki Murakami, uno degli autori simbolo della letteratura giapponese contemporanea. Le sue storie sono universali ma il modo con cui la sua scrittura affronta i sentimenti rimanda a una cultura lontana, una cultura in cui temi quali il sesso, la droga e perfino la morte sono affrontati in modo vitale, in naturale contrapposizione alla pesantezza tipica della cultura occidentale.
Quello che rende Wong Kar-Wai un regista distante dalla terra da cui proviene è invece la forma che dà alle sue storie: per quanto profondamente hongkonghese in quanto a materiale di partenza, il suo cinema è esteticamente e concettualmente più vicino al gusto statunitense rispetto a quello della maggior parte dei suoi connazionali. Il cinema di Wong Kar-Wai è fresco e colorato, molto più spontaneo e rivitalizzante nel mettere a fuoco problemi che ormai sono diventati propri del mondo e non di una cultura in particolare.