SIA E MADDIE ZIEGLER, DAL SUCCESSO DI CHANDELIER AL FILM INSIEME. BRILLANO ALTE LE STELLE DI MUSIC

Candidato a 2 Golden Globes, il film della cantautrice Sia con Kate Hudson e Maddie Ziegler è disponibile in streaming fino al 28 febbraio su MYmovies. GUARDA O REGALA IL FILM »

Giovanni Bogani, venerdì 26 febbraio 2021 - Focus

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Due nomination ai Golden Globes, l’esordio alla regia di una tra le popstar più iconiche del pianeta. La prima occasione cinematografica per una teen star la cui vita è già un romanzo. Music è il film lungamente voluto, scritto, prodotto e diretto da Sia Furler, semplicemente Sia: icona del pop, regina del songwriting, australiana, quarantacinque anni, il viso spesso nascosto da enormi parrucche bionde. L’autrice di un successo planetario come "Chandelier", la coautrice di "Titanium". Racconti di cadute in picchiata nell’abisso e ritorno: espressioni di un’anima forte, tenace, dura come il diamante. Sia ha scritto per Madonna, Rihanna, Katy Perry, Shakira, Adele: il pop mondiale passa dalle sue dita.  


Ora Music approda in Italia, in streaming su MYmovies. Con due candidature scintillanti ai Globes: quella per il miglior film commedia/musical e quella per la migliore attrice in un film commedia/musicale, Kate Hudson.  

A questa storia, Sia ci pensava da anni: dal 2007. "Avevo scritto un breve racconto su una persona che avevo conosciuto", dice Sia, in un’ampia videointervista concessa a "Variety". "Pensavo a un film, ma non mi sognavo di dirigerlo. Mi sentivo una cantante, magari con qualche idea visiva. Poi quando nel 2014 ho diretto il video di ‘Chandelier’, nel 2014, ho preso coraggio: forse ce la potevo fare".  

Nel video di "Chandelier" appariva la ragazzina che tre anni dopo avrebbe interpretato Music, l’adolescente che vive in simbiosi con un enorme paio di cuffie, guarda il mondo con un perenne sorriso e gli occhi come fanali blu. La ragazzina si chiama Maddie Ziegler, è nata il 30 settembre 2002 a Pittsburgh, Pennsylvania. Non esattamente il centro del mondo. Ma lì giravano il reality sulla danza Mamme sull’orlo di una crisi da ballo. Lei, Maddie, ha imparato a ballare prima ancora che a camminare, e di quel reality è diventata la star. A 11 anni ha dovuto chiudere il profilo Facebook per i troppi fan, a tredici la rivista "Time" l’ha inserita fra i teenager più influenti al mondo, a quindici ha scritto la sua autobiografia – naturalmente un best seller.

Aveva solo dodici anni quando Sia l’ha scelta per il video di "Chandelier". Da allora, le due non si sono mollate più. Nel frattempo, si è accorto di lei anche Steven Spielberg, che la ha voluta nel cast del suo remake di West Side Story.  Quando balla, Maddie ha delicatezza e aggressività insieme, tenerezza e sfrontatezza. Anche nel film, in cui danza in molte sequenze surreali, la rappresentazione di come Music sente la realtà. Per ogni sequenza, una canzone originale di Sia.  

Detta così, sembra semplice. Ma non è stato facile, per Sia, mettere insieme il puzzle del film. Per prima cosa, ha dovuto trovare un produttore: Vincent Landay, l’uomo dietro ai capolavori folli di Spike Jonze, da Essere John Malkovich a Her. Poi, lo sceneggiatore. Ha scritto il film con Dallas Clayton, uno scrittore di libri per bambini che ha chiamato suo figlio "Audio". E allora, Music sembra un battesimo suo. Poi, le coreografie, create col coreografo dei suoi video Ryan Heffington. I costumi li ha disegnati lei stessa.  

E alla fine, il cast. Convocato via social, come già aveva fatto con Maddie: "Per ‘Chandelier’, l’ho contattata sul suo profilo Twitter", rivela Sia. "Leslie Odom jr., che interpreta Ebo, il protagonista maschile, lo avevo visto in ‘Hamilton’, ho cercato subito il suo profilo Twitter: dopo qualche giorno eravamo a pranzo. Kate Hudson cantava su Instagram una canzone di Natale. Le ho scritto lì". E ha fatto bene: la figlia di Goldie Hawn nel film fa scintille.  

Poi le riprese. "È come girare un videoclip, con la stessa intensità, ma per 40 giorni di fila", dice. Infine il montaggio. Tre anni, prima di una versione definitiva. "Ora voglio andare in pensione, perché sono esausta".  

E infine, le polemiche. Sul sito del "Guardian", esce lo scorso 26 gennaio la stroncatura di una giornalista pluripremiata, Clem Bastow, essa stessa autistica. Bastow parla di stereotipi e se la prende con la performance di Maddie Ziegler. Si chiede che guida abbia ricevuto, per arrivare a rappresentare un "autismo alla Rain Man, tutto tic e movimenti convulsi". E sostiene che Sia avrebbe potuto ingaggiare un’attrice autistica per davvero. "Se ha davvero scritturato tredici artisti ‘neuro-atipici’ in ruoli di contorno, perché non estendere l’approccio al ruolo di Music?".  

Questione delicata e complessa. Forse, due sono i motivi. Occorreva, per le sequenze di danza, chi potesse eseguire la complessa coreografia di Ryan Heffington, tutta simmetrie e asimmetrie, scatti e delicati equilibri. Maddie Ziegler poteva farlo.  

Ma soprattutto, si tratta – come sempre – di interpretare, con maggiore o minore autenticità. Non è obbligatorio essere autistici per interpretare un personaggio autistico. Non lo sono Leonardo DiCaprio, che si rivelò con il ragazzino di Buon compleanno Mr. Grape; né Tom Hanks che interpreta Forrest Gump, o lo Sean Penn di Mi chiamo Sam, né il Dustin Hoffman di Rain Man. Non lo è il bimbo protagonista di Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry. Non lo è Keir Gilchrist, il protagonista diciottenne della serie Atypical distribuita da Netflix e sviluppata in collaborazione con il centro ricerca sull’autismo dell’UCLA.  

Non vive sulla sua pelle questa condizione neppure Luigi Fedele, che interpreta con delicatezza un ragazzo autistico in Quanto basta di Francesco Falaschi, né Giulio Pranno, protagonista di Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores. Tutti loro fanno ciò che sono chiamati a fare, in ogni film, in ogni ruolo, gli attori: entrare nella pelle, nella storia, nella vita e anche nella condizione psicologica di un personaggio. Si chiama interpretazione. Si chiama cinema.   

Oppure, mettiamola così: è abbastanza assurdo pensare che un attore debba avere una certa malattia o disturbo per avere una certa parte.  

E infine, non tutti si sono accorti che Music non è la storia della ragazzina Music, che corre nel suo mondo di colori e suoni, quanto la storia della sorella maggiore, Zu. È lei che è chiamata a rimettere insieme i cocci della sua vita, è lei che – come Sia – ha un passato di dipendenza dall’alcol e dalle droghe. È lei che sta a guardare, fra meraviglia e sconcerto, quella ragazzina venuta da un altro pianeta. Proprio come Sia avrà guardato la sua protegée Maddie Ziegler, ogni volta che si accende nella danza.    

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