Il nome del protagonista del film si riferisce a Audie Murphy, un westerner di successo ormai dimenticato.
Nell’overdose di offerte di film dei mille canali in digitale o “pay”, a volte il telecomando scova qualcosa di buono. Così abbiamo visto un titolo non abusato dal piccolo schermo, Ave, Cesare! (guarda la video recensione) dei Coen. Il tema è il cinema degli anni cinquanta, momento d’oro in assoluto, con focus su un “peplum”, la Roma antica. Ma Joel ed Ethan toccano, brevemente, anche il western, evocando un personaggio pressoché sconosciuto nelle ultime epoche, ma che, a suo tempo, fu un fulgido, vero, eroe americano. Ci arriverò. In Ave, Cesare! (guarda la video recensione), Hodie è un giovane eroe del west, grande pistolero, cavaliere, acrobata, senza macchia; è di piccola statura, fa roteare il lazo, salta da un ramo all’altro, ferma i cavalli imbizzarriti, salva la fanciulla in pericolo e la bacia a labbra chiuse. Tutti i cliché che conosciamo. La produzione vorrebbe evolvere l’immagine di Hodie, togliergli speroni, jeans e camicia a quadri e infilarlo in uno smoking. Il cambio di costume ci sta, ma poi occorre intervenire sulla recitazione. Il regista Laurentz gli dice la battuta che deve pronunciare: “Vorrei fosse così semplice.” Sembrerebbe una cosa semplice, appunto, ma Hodie non ci riesce. Ci prova venti volte, è imbarazzato e grottesco, non trova mai il tono giusto. Il povero Hodie non è riuscito a emanciparsi dal suo cliché di cow boy idiota.
Il nome Hodie non è casuale, presenta un riferimento preciso, che merita di essere raccontato.
Pistole roventiC’era una volta Audie Murphy (1925-1971). Era nato a Kingston, cittadina del Texas, sesto di dodici figli, da famiglia poverissima. Il padre era sparito, la madre morì presto e Audie, adolescente, divenne il capofamiglia. Un sacerdote si prese cura del ragazzo e dei fratelli che trovarono ospitalità in un orfanatrofio. Audie ritenne che arruolarsi fosse la soluzione migliore. Tentò nei paracadutisti, nei marines, sempre bocciato: era esile e non arrivava al metro e settanta. Fu preso come fante e il 10 luglio del ’43 prese parte allo sbarco in Sicilia, in località Licata nella divisione al comando del generale Truscott. E lì ebbe inizio la sua leggenda. Combatté ad Anzio e a Cassino, entrò in Roma liberata. Prese parte a tutte la battaglie decisive in Francia, in Belgio, in Germania. Compì imprese impossibili, mostrando un’attitudine al combattimento impressionante e un coraggio sovrumano.
Gli vengono attribuiti l’uccisone di 240 soldati della Wehrmacth, la cattura di centinaia di prigionieri e la distruzione di un’intera colonna di carri armati. Fra le altre imprese. Ebbe tutte le decorazioni possibili, di tutti i Paesi alleati, compresa la Legion d’Onore e la Medaglia d’Onore del Congresso, la più alta decorazione degli Stati Uniti. E non aveva ancora vent’anni. Per le ferite subite non poté proseguire nella carriera militare. A Los Angeles fu notato da James Cagney, il divo dei gangster movie, che lo portò a Hollywood, e anche lì mostrò talento. Divenne un westerner, di successo, protagonista di oltre cinquanta film. Fu chiamato anche per ruoli diversi.
Fu lo stesso Hemingway a segnalarlo per Agguato nei Caraibi, tratto dal suo romanzo "Avere e non avere". Nel 1955 fece se stesso in All’inferno e ritorno, tratto dal suo libro. Ebbe due mogli, matrimoni complicati. Scrisse, e suonò, canzoni country. Poi il declino. La guerra vissuta in quel modo non poteva non lasciargli conseguenze pesanti. Morì precipitando col suo aereo. Aveva 46 anni. È sepolto ad Arligton, nel cimitero degli eroi. In questa epoca varie emittenti trasmettono alcuni dei suoi western. Li segnalo: Sfida nella valle dei Comanche, Pistoleri maledetti, Pistole roventi. Io considero i Coen fra i maggiori autori contemporanei, ma verso Audie sono stati irrispettosi. Mi dispiace.