IL GRANDE PASSO, UNO SPAGHETTI BUDDY LUNARE

Un film di grandi personaggi che fa sognare. Un’anomalia per il panorama italiano. Dal 20 agosto al cinema. 

Ilaria Ravarino, giovedì 13 agosto 2020 - Il grande passo
Stefano Fresi (50 anni) 16 luglio 1974, Roma (Italia) - Cancro. Nel film di Antonio Padovan Il grande passo.

SPAGHETTI BUDDY

Il primo pensiero, di fronte a un film come Il grande passo di Antonio Padovan, è che si tratti di un film di attori. Basterebbe solo leggere i nomi degli interpreti principali: Stefano Fresi e Giuseppe Battiston, gli ultracorpi del cinema italiano, finalmente insieme sullo stesso set da co-protagonisti, dopo anni di ingiustificata militanza a bordo campo. Eppure, oltre che un film di attori, l’opera seconda di Padovan è anche qualcos’altro: un film di personaggi. E più precisamente un film anomalo di personaggi, almeno nel panorama del cinema italiano: un buddy film con tutte le caratteristiche del genere - protagonisti amici/nemici, diversi come il giorno e la notte, costretti a convivere e allearsi nel nome di un interesse comune. L’archetipo è quello: Stefano Fresi il ferramenta romano, inquadrato e razionale, e Battiston il cosmonauta mancato, veneto e con qualche rotella fuori posto, insieme per ricomporre (forse) un pezzo del comune passato.

Ultra-frequentato negli Stati Uniti, dove il genere si declina addirittura in sottocategorie (il buddy cop movie, ad esempio: stessa dinamica, ma fra poliziotti), il buddy film in Italia ha sorti controverse: destinato a stemperarsi in film corale (si pensi al recente Gli uomini d’oro), o a cristallizzarsi in film di “coppie storiche” (una fra tutte: Bud Spencer e Terence Hill), raramente arriva al cinema nella sua forma originaria, con una coppia di protagonisti capaci di reggere sulle proprie spalle narrazione e coabitazione in scena. Tra i pochi esempi, oltre a Il grande passo, anche I peggiori di Vincenzo Alfieri (qui Alfieri e Lino Guanciale sono fratelli e criminali per caso), Il Toro di Carlo Mazzacurati (Diego Abatantuono e Roberto Citran, amici di vita e di truffa), e il buddy movie al femminile La pazza gioia di Paolo Virzì (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti entrambe in fuga dalla comunità).
 

VOGLIO LA LUNA

Coprotagonista del film di Padovan, la Luna come meta aspirazionale - il personaggio di Battiston la desidera da quando, a sei anni, vide in tv l’allunaggio - è un topos che torna sistematicamente nel cinema, a partire dai primordi (Viaggio nella Luna, il film del 1902 di Georges Méliès). Tra i primi registi italiani a subirne il fascino è Steno, che dirige nel 1958 la parodia di fantascienza Totò sulla Luna, in cui il fattorino Achille, aspirante scrittore, si ritrova imbarcato in una missione spaziale. Nel 1962 è ancora la commedia a guardare la Luna, con Lucio Fulci che spedisce nello spazio - prendendo in giro sia la Guerra Fredda che le ossessioni fantascientifiche del tempo - Franco e Ciccio in 002 Operazione Luna

La Luna è ispirazione e titolo del classico del 1979 di Bernardo Bertolucci, La Luna appunto, per poi trasfigurarsi nel 1990 in simbolo di candore ne La voce della Luna di Federico Fellini (“Cercare la luna nel pozzo significa desiderare qualcosa di irrealizzabile - dice l’incipit del film - Ivo Salvini però è matto, e non sa che ascoltare le voci provenienti dalle fonti d’acqua, la notte, può essergli fatale). E se la giovane Luciana di Cosmonauta, film d’esordio di Susanna Nicchiarelli, punta a conquistare la Luna per senso di emancipazione, crescita e rivalsa, ne L’uomo che comprò la Luna (guarda la video recensione) di Paolo Zucca il satellite terrestre finisce per essere conteso tra Stati Uniti e Sardegna - con esiti del tutto inaspettati.

IL BARDO DEL VENETO

Veneziano, classe 1985, dopo l’esordio del 2017 con Finché c’è prosecco c’è speranza, Antonio Padovan torna con Il grande passo nel luogo del delitto, riuscendo a diventare nel giro di pochi anni - nonostante il decennio trascorso all’estero - il nuovo cantore del Veneto. Con il nume tutelare di Carlo Mazzacurati a tenere dritta la barra del timone, e la bussola sempre puntata a Nord-Est, dopo le colline trevigiane raccontate nel primo film, tutto girato tra Conegliano e Valdobbiadene, Padovan si spinge con Il grande passo nel Polesine, la lingua di terra snella e lunga racchiusa tra il Po e l’Adige. 

Un territorio che il film, ambientato nel paese immaginario di Quattrotronchi, inquadra in una chiave particolarmente lunare: un panorama di casolari isolati sugli argini del Po, di campi alieni e strade alienanti, di corti rurali e fienili in pietra, tutto girato nella provincia di Rovigo (da Canaro a Crespino, da Villanova Marchesana a Rosolino). Una location suggestiva che è parte integrante dell’opera, perfettamente calzante con la sua atmosfera intima e lucidamente onirica.

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