Nel film con Martin Lawrence e Will Smith è evidente una costante tensione tra la volontà di mettersi in discussione e quella di rimanere fedeli a se stessi. Al cinema.
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A 17 anni dal precedente, esce Bad Boys for Life (guarda la video recensione), l’ultimo capitolo del franchise d’azione che vede i detective Mike Lowrey e Marcus Burnett nel ruolo di protagonisti.
Il tempo trascorso non è irrilevante e appare inevitabile la necessità di farvi i conti: in apertura la Porsche di Mike avanza in una frenetica corsa lungo le assolate strade di Miami, così come accadeva nel primo capitolo della saga, datato 1995. La portata del cambiamento però è ineludibile.
In un dialogo tra il proprio passato e il presente, si ha come l’impressione che il film debba assolvere a nuove necessità per poter riportare la storia sul grande schermo.
Il risultato è una costante, quanto apprezzabile, tensione tra la volontà di mettersi in discussione e quella di rimanere fedeli a se stessi.
La saga, ormai matura da poter ragionare sulle stesse dinamiche che l’hanno resa celebre, arriva ad un interessante punto di svolta: si esplorano lati inediti delle vite dei protagonisti e forse per la prima volta vengono indagate in maniera approfondita le backstory dei cattivi. In questo caso la trama si regge poco sugli eventi contingenti, funzionali al solo avanzamento della narrazione, e più sulle motivazioni profonde, legate alla caratterizzazione dei personaggi.
È come se queste novità sottintendessero la consapevolezza di un importante salto generazionale nel pubblico, mediato all’interno del film da una divisione di giovani detective con cui i due protagonisti si troveranno lavorare: vecchio e nuovo, fianco a fianco.
Molte sono state, negli ultimi anni, le saghe che hanno deciso di reinventarsi, optando però nella maggior parte dei casi per rifacimenti degli originali, più che per veri e propri sequel. Uno dei casi più celebri è Ghostbusters, che nel 2016 vede l’uscita di un reboot dell’omonimo cult del 1984; il reboot però stravolge profondamente l’originale e segna con esso una demarcazione netta. La stessa storia si rivolge a un pubblico completamente diverso, di giovanissimi, e diventa commedia, più che film di fantascienza, dove la categoria di genere fantascientifico abbandona la fascinazione che pervadeva i primi capitoli. Rispetto a questo, Bad Boys for Life si muove da degno epigono dei precedenti, con personaggi che mettono in dubbio le proprie scelte di vita, i loro statuti, ma non escono mai del tutto dai tracciati originari.
Un altro celebre caso è Jurassic World, che rilancia nelle sale il fascino del film di Spielberg: anche qui vi sono cambiamenti profondi, il film appare mosso da altri intenti rispetto agli originali, pur riproponendone la magia. Bad Boys for Life invece cambia veste, si adatta ai tempi, ma cerca di confermare quello che i precedenti rappresentavano per il loro tempo. Il risultato è un film pieno d’azione, capace di smorzare anche i momenti più riflessivi grazie alla forte ironia che contraddistingue la saga.