E TRUMP MI CHIESE: «COSA NE PENSI DI QUEL PARASITE?»

Pino Farinotti immagina una ipotetica conversazione con il presidente degli Stati Uniti riguardo l'inaspettato trionfo di Parasite agli Oscar.

Pino Farinotti, venerdì 21 febbraio 2020 - Focus

Nel 2009, quando fui ricevuto dal neo presidente Obama alla Casa Bianca avevo già avuto la percezione, certo inquietante, del grande fratello che ci controlla. Tutti, me compreso. Gli avevano sottoposto certi miei testi e voleva informazioni sulla posizione della cultura italiana nei suoi confronti. Il "corso" si ripropone, il ricorso è Donald Trump che ha attaccato l'Academy Awards per aver dato tutti quei premi, compreso quello assoluto, a Parasite (guarda la video recensione). E ha scelto Brad Pitt come testimonial della perenne crociata contro di lui: " È un sopravvalutato, un piccolo saputello".

Commentando il film coreano avevo scritto:

(...) Donald Trump, l'uomo dell'America prima di tutto, è probabile che sia rimasto infastidito, diciamo così, dalla serata delle stelle. E credo che il movimento americano, premiando un "estraneo" abbia voluto mandare un altro segnale al presidente repubblicano. Come a dire: noi, cinema, spettacolo, cultura, arte, progressismo, democrazia, prestigio, siamo capaci di guardare e valorizzare, in assoluto, se è il caso, qualcosa così lontano da noi e che neppure parla la nostra lingua. Beccati questa...... get this!
Pino Farinotti

L'iter è stato lo stesso di quel 2009: contatto da parte di un funzionario troppo gentile, organizzazione, Malpensa. Arrivo a Washington. Casa Bianca. Studio Ovale. C'ero già stato, appunto. Trump, si sa, non passa inosservato al primo impatto, lo vediamo tutti i giorni ma dal vivo... fa impressione. È gentile, siede al suo posto. Sulla porta d'ingresso c'è un gigante nella posizione di Kevin Costner in The Bodyguard. È presente, un po' defilato, un trentenne elegante, Johnny, sorridente -lo sarà sempre.- Indovino: trattasi di un addetto alla cultura.
Mi dice: «Ho letto i suoi libri, quelli tradotti in inglese. Li trovo forti... powerful.» E questo mi inquieta ulteriormente, perché i miei libri sono tradotti in tutte le lingue, tranne l'inglese.

Trump esordisce col botto:
«Diamoci del tu Paino... ma qual è il tuo nome per esteso?»
Sono pronto nella risposta:
«Giuseppi.»
«Ah, ne conosco un altro... bene Giuseppi, in un tuo pezzo hai scritto sull'Oscar...»
Fa un cenno a Johnny che legge lo stralcio che ho inserito sopra.
«So bene cosa pensa quella... specie di cultura di me. Ti chiedo se anche la cultura italiana la pensa così.»
La risposta non è semplice. Mi dico che devo stare attento. Ma poi decido. Coraggio.
« Posso essere sincero, Donald?»
«Naturalmente.»
D'istinto mi giro verso il bodyguard.
«Pensano... peggio.»
Dopo un'altra occhiata al suo collaboratore.
«Davvero?»
«Temo di sì... Donald.»
Mi aspetto il peggio, che arriva.
«E tu come la pensi?»
Cerco di eludere.
«Donald, ho letto della tua posizione rispetto all'Oscar. Avresti preferito un titolo alla Via col vento. Anch'io amo quel film, e chi non lo ama?»
«Hai eluso la domanda. Scusami, non voglio metterti in imbarazzo... so che tu sei molto seguito nel tuo paese....»
«Per i miei interventi sulla cultura, dalla politica mi astengo.»

«Ma avrai le tue opinioni...»
«Certo, ma è mia roba personale, non conta.»
Trump guarda ancora Johnny.
«Mi sembra che il nostro Giuseppi non abbia una passione per me.»
Johnny interviene.
«Nel suo scritto lei dice che gli americani a volte sono imprevedibili, magari anticipano i tempi. Come quando ci liberammo degli inglesi tredici anni prima della rivoluzione francese. O quando, cito a memoria, nel 2009 hanno eletto presidente un afroamericano quando i tempi potevano non sembrare, al mondo, ancora maturi.»
Interviene Donald, annuisce quasi contento:
«In questo sono d'accordo, i tempi non erano maturi, e... nemmeno adesso a dire il vero.»
Johnny, forse per solidarietà professionale, mi dà una mano.
«Presidente, il signor Giuseppi rivela che avrebbe dato l'Oscar a 1917 (guarda la video recensione), quel film sulla grande guerra. In lingua inglese.»
«Sì, roba inglese, non americana... e poi mi pare che aggiunga di non sentirsi ferito per il suo errore e continua elogiando il film coreano.»
Mi stupisce, continua a inquietarmi, ma anche un po' mi lusinga, che il presidente degli Stati Uniti mi citi con tanta precisione. Decido di cambiare registro.
«Scusami Donald, ma l'antagonismo fra un'amministrazione, specialmente repubblicana, e la cultura sta nella tradizione e nella storia, non dovresti prendertela troppo. C'è quell'America che, magari non come prima, ma continua ad essere un riferimento del mondo... la letteratura, la comunicazione in generale, il cinema, i giornali. Non è tua amica, ma sei comunque il suo presidente. Tu hai altri amici. Le vostre due coste ospitano la cultura, tutta quella parte che ti contrasta, ma fra le due coste c'è tutto il resto della nazione, molto più vasto. Quello che ti ha fatto vincere. Vedila così... Donald.»
Trump e collaboratore si scambiano uno sguardo complice.
«Giuseppi» dice il presidente « vedo che qualche idea ce l'hai... e credo non ti sfugga quello che ho fatto per l'America, per la sua economia, il suo orgoglio, quanto ho dato al mio paese.»
«Credo che a nessuno sfugga, ma molti pensano che parte di quello che hai dato lo hai tolto ad altri.»

Donald annuisce esitando un po':
«Già, forse hai ragione, la pensano così.... ma adesso, da esperto, dimmi, quel film coreano è davvero buono?»
«Sì, è buono, forse è stato troppo premiato, ma è caduto in un momento favorevole. È stato un'occasione, un stimolo per qualcosa di nuovo. In un certo senso... quel coreano si è allineato alla vocazione americana dei cambiamenti. E il messaggio è stato mandato al mondo dalla California, Dunque il merito è dell'America... e del suo presidente. Vedila così.»
Donald si lascia andare a una risata.
«Johnny, il nostro Giuseppi mi fa diventare nemico e alleato di me stesso... dichiaro al mondo che sono un ignorante e ci guadagno. E magari non ha torto.»
Mi sembra un momento favorevole per insistere.
«Scusami per la citazione Donald. Come sai Roma dominava il mondo, per potenza militare, e organizzazione. Quando venne in contatto con la Grecia fu incantata dalla sua arte e dalla sua cultura, a la assunse, si prese persino i suoi dei. E così la Grecia si vide rilanciata nel mondo di allora, grazie a Roma... ai suoi imperatori.»
Donald sembra colpito. Dirige lo sguardo veloce verso il collaboratore colto, forse per una conferma. Poi mi sorride.
«Bello, Giuseppi, bello.»
E così si alza, ed è un buon momento per me. Calano tensione e adrenalina. Mi tende la mano.
«Cosa dirai ai tuoi amici italiani, del nostro incontro.»
«Che di persona sei simpatico.»

Sulla macchina blu verso l'aeroporto mi dico. "Chissà se si è accorto che ho parlato senza dire niente."

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