Parasite è il primo film non in lingua inglese a vincere l'Oscar come miglior film, ma anche quelli per Miglior Regia, Miglior sceneggiatura originale e Miglior film internazionale.
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È il narratore che, con singolare maestria, ha portato in Corea del Sud, e poi nel mondo, moderne fiabe nere.
L'Academy lo ha celebrato nel 2020, quando ha premiato la storia della famiglia Park, immagine di vanitosa ricchezza, e della famiglia Kim, ricca invece d'astuzia, ma non di molto altro! Lo sviluppo di un destino avverso e di una volontà opportunistica che uniscono questi due nuclei familiari, dando al più povero l'opportunità d'oro di vivere dei riflessi del lusso del più agiato, gli ha permesso di scandire un pensato doppio gioco, creatosi all'interno di relazione simbiotica. Relazione che, a tempo debito, sarà minacciata nella sua confortante dimensione, da una selvaggia e subdola battaglia per il dominio di quel fragile e organico equilibrio domestico, rompendo definitivamente l'omeostasi creata.
Parasite, titolo azzeccatissimo, ha definitivamente inserito Bong Joon-ho tra i migliori registi sudcoreani in circolazione (a fargli compagnia ci sono Park Chan-wook, Kim Jee-woon), ma già The Host (2006), Madre (2009) e Snowpiercer (2013) rappresentavano splendidamente il suo psicopatico e misterioso viaggio nelle viscere della sopravvivenza, mischiata a una vasta gamma di generi (horror, fantascienza post-apocalittica, thriller, dramma).