THE NEW POPE, SORRENTINO NON È INTERESSATO A FARE QUALCOSA DI PROVOCATORIO: «É TROPPO SEMPLICE»

Il regista racconta a MYmovies intenzioni e ispirazioni che hanno dato vita alla serie sequel di The Young Pope. Dal 10 gennaio in esclusiva su Sky Atlantic e NOW TV. 

Paola Casella, domenica 5 gennaio 2020 - Incontri

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Paolo Sorrentino (54 anni) 31 maggio 1970, Napoli (Italia) - Gemelli. Regista del film The New Pope.

Un Papa giovane e ambizioso, un Papa più adulto e più fragile: Paolo Sorrentino ce li racconta entrambi nella serie The New Pope, seguito di quel The Young Pope che ha inventato un modo tutto nuovo per raccontare il Vaticano e il papato contemporaneo. “In realtà io in Vaticano ci sono stato mezza volta”, afferma Sorrentino. “Quindi me lo sono inventato basandomi sui libri e su tutto il materiale di documentazione che c’è”.

Aggiungendo sesso e musica, però.
L’uso delle musiche fa parte di un approccio stilistico che di volta in volta ha un significato diverso - e a volte non ha proprio significato. Il sesso c’è dappertutto, fa parte della vita degli individui, e sarebbe ipocrita pensare che non ci sia anche in Vaticano. Partendo dal presupposto che un racconto di finzione vuole provare a riprodurre le cose della vita, il sesso ne deve fare parte.

Che tipo di sfide pone la scrittura seriale?
Dipende dallo sceneggiatore. Io tendo a scrivere più di quanto serva, di conseguenza quando scrivo un film mi devo trattenere e mi sforzo di tagliare. Tuttavia non scrivo così tanto da riempire una serie, dunque in quel caso devo sforzarmi di aggiungere. La mia misura ideale è un film o una serie da tre ore. Peccato che i film durino due ore e le serie dieci. 

Perché in The New Pope c’è più attualità rispetto a The Young Pope?
Perché nella prima serie avevamo un Papa che predicava la chiusura, dunque era sufficiente raccontare il Vaticano dall’interno. Invece The New Pope comincia con un Papa che dice: “Apriamo le porte”, quindi tutte le questioni di fuori dovevano entrare dentro. 

Il nuovo Papa predica la fragilità. 
È un tema che mi commuove, un uomo che rivendica per sé e per gli altri il diritto al non farcela rispetto alle aspettative degli altri: penso che sia una cosa da cattolici, nel senso più bello del termine.  Nella serie Malkovich fa un discorso che riscuote un consenso enorme, perché stabilisce che la sua fragilità è esattamente quella di tutti quanti noi, ci riguarda tutti e ha differenti gradazioni e motivazioni, a seconda anche del fatto che si sia maschio o femmina, giovane o vecchio.

Il Papa di Jude Law era una sorta di semidio, quello di John Malkovich è “umano troppo umano”. C’è bisogno di entrambi?
Sicuramente c’è bisogno di figure che possiamo stimare e considerare autorevoli, che sappiano guidarci in questo diritto ad essere fragili e vulnerabili, al non farcela, e al sentirci a disagio. 

Quando scrive sa già quello che vuole aggiungere o togliere?
So di non essere interessato a fare qualcosa di provocatorio, irriverente o trasgressivo: è troppo semplice, rispetto a un’istituzione seria e ingessata, comportarsi da spregiudicato. È un gioco antico e infantile. 

The New Pope racconta un attentato al Vaticano: un argomento tabù che lei ha affrontato senza nemmeno far vedere l’esplosione. 
Intanto non le so fare le esplosioni: ci sono scene che so che non sono proprio in grado di girare, e poi le esplosioni non mi piacciono neanche tanto. Ma credo che si possa raccontare tutto: come si racconta poi è un tema un po’ più complicato. In The New Pope raccontare un attentato in Vaticano è anche un modo per esorcizzare quel pericolo, per sperare che non succeda mai. 

Attraverso il personaggio di Lenny Berardo emerge la connessione fra due opposti: santità e divismo. 
Non per essere irriverente, ma io non vedo le due cose molto distanti fra loro. Nella prima serie Pio XII diventa un divo perché attua una strategia mediatica legata all’unico grande obiettivo che c’è nella Chiesa, ovvero l’incremento del numero dei fedeli.  

Come ha gestito il risveglio di Lenny Berardo?
Sono ripartito dall’evoluzione del carattere di Jude Law alla fine della prima stagione: un uomo più dolce, meno intransigente, cambiato rispetto alle posizioni radicali dell’inizio, con più dubbi e meno sicurezze. 

C’è un altro film su Netflix che si chiama I due Papi. È una strana coincidenza che nel parlare di due figure papali l’accento sia sulla dualità.
Non ho visto il film di Meirelles, purtroppo, e posso rispondere solo per me, ma sicuramente il fatto che all’improvviso un giorno abbiamo visto due Papi anziché uno è stravagante, un po’ come quando abbiamo visto la pecora Dolly. E questo ha stimolato l’inventiva degli sceneggiatori. 

Ci racconta il suo incontro con John Malkovich?
Avevo cominciato a scrivere il suo personaggio ma non ero soddisfatto. Poi ho incontrato John e ho riscritto completamente non solo il suo personaggio ma l’intera serie. Siamo stati una sera e buona parte della notte a parlare – è un parlatore importante, Malkovich - e ho trovato affascinante quell’ambiguità che conoscete tutti, ma anche il suo modo di essere rassicurante. A me delle persone affascinano le contraddizioni, un po’ come nelle relazioni sentimentali: quando qualcosa ti spiazza cominci a diventare sensibile. Malkovich è così, spiazzante in maniera positiva, è leggero ma sa anche dare importanza alle cose, è ironico ma sa anche essere molto serio, ha un’eleganza naturale: man mano che lo osservavo pensavo che la mia fantasia sul suo personaggio era più debole di ciò che è lui, e mi sono detto: “Sai che c’è di nuovo? Mi prendo quello che percepisco di lui e lo faccio diventare il personaggio”.

I suoi Papi fanno testimonianza di Fede?
Essendo inevitabilmente anche dei politici, nel corso del racconto i due Papi prendono consapevolezza del fatto che, per il bene sia della Chiesa e dei fedeli, si può prendere in considerazione senza sforzo, anzi, con gioia, la possibilità di togliersi di mezzo, di fare un passo indietro. In questo senso sono ammirevoli, sanno rinunciare al personalismo, alla vanità, alla voglia di esserci: sanno fare quello che i politici forse non sanno più fare, cioè rendersi conto che noi e il nostro bene dovremmo essere più importanti di loro. Invece lo dimenticano sistematicamente: lo vediamo tutti i giorni, si ostinano a rimanere anche quando il mondo dice loro: “Non c’è bisogno che resti, fatti da parte”. 

The New Pope affronta anche il tema delle donne nella Chiesa.
Tutte le volte che mi sono potuto aggrappare al femminile l’ho fatto, ma parlando del Vaticano, che è un mondo molto chiuso e molto maschile, gli spazi sono risicati. In The New Pope ho affrontato il tema delle richieste o rivendicazioni da parte delle suore nei confronti degli alti prelati affinché ci sia una maggiore parità, che arrivano fino al Papa, in uno scenario purtroppo ancora non molto realistico nella Chiesa, ma verosimile. Sono abbastanza sicuro che questa sarà la prossima grande questione all’interno della Chiesa, una volta che si risolveranno quelle più pressanti legate alla pedofilia. È un processo irreversibile, così come è irreversibile ciò che sta accadendo nel rapporto fra uomini e donne. La Chiesa si muove sempre un po’ a rilento ma arriverà sicuramente anche là, e questa serie prova ad occuparsene. 

The New Pope, una serie originale Sky creata e diretta dal Premio Oscar Paolo Sorrentino, prodotta da The Apartment - Wildside, parte di Fremantle. Dal 10 gennaio in esclusiva su Sky Atlantic e NOW TV.

In foto una scena da The New Pope.
Jude Law (David Jude Law) (51 anni) 29 dicembre 1972, Londra (Gran Bretagna) - Capricorno. Interpreta Lenny Belardo nel film di Paolo Sorrentino The New Pope.
In foto una scena da The New Pope
John Malkovich (John Gavin Malkovich ) (70 anni) 9 dicembre 1953, Christopher (Illinois - USA) - Sagittario. Nel film di Paolo Sorrentino The New Pope.
In foto una scena da The New Pope
John Malkovich (John Gavin Malkovich ) (70 anni) 9 dicembre 1953, Christopher (Illinois - USA) - Sagittario. Nel film di Paolo Sorrentino The New Pope.
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