Nato per raccontare l'iniziativa del carcere di Bollate, il film di Alessandro Best è da oggi disponibile su Infinity.
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Incassare per ripartire. Un po' come sbagliare prima di capire, quindi riprendere la retta via. Da questa idea nasce "Pugni chiusi", il progetto di pugilato attivo dal 2016 nel carcere di Bollate, in provincia di Milano, e rivolto a detenuti e polizia penitenziaria. L'iniziativa è stata raccontata dal giovane filmaker Alessandro Best nell'omonimo documentario.
Pugni chiusi ha infatti l'obiettivo di raccontare come lo sport possa essere una grande leva emotiva per "uscire dal tunnel", ricostruendo un nuovo futuro e riacquistando un ruolo all'interno della società. Attraverso interviste ai due istruttori che lavorano nel penitenziario milanese - Mirko Chiari, Bruno Meloni - alla direzione carceraria, a diversi detenuti, alle loro famiglie e ad alcuni pugili "liberi", si scopre come lo sport può plasmare le persone, e come la loro condizione di libertà o reclusione può risultare sia un beneficio che un ostacolo. "Parlare di pugilato è sempre difficoltoso, parlarne in termini di crescita umana e professionale ancora peggio, soprattutto quando devi raccontare a chi non ha mai preso uno schiaffo il perché la boxe può aiutare molte persone" spiega Mirko Chiari, uno dei coach. "Da ottobre 2016 svolgiamo anche due allenamenti a settimana, di un'ora ciascuno, rivolti al personale di polizia penitenziaria. Per i detenuti - oggi in 20 sono coinvolti nel progetto - abbiamo un giorno fisso alla settimana: il venerdì dalle 17 alle 19. I partecipanti provengono dai quattro dei sette reparti presenti al carcere di Bollate, circa la metà hanno un'età compresa tra 19 e i 30 anni. Abbiamo anche qualche 'anzianotto' di 51 anni che si difende molto bene". Pugni Chiusi è disponibile su Infinity.