IL SIGNOR DIAVOLO, UN FILM DENSO, RICCO DI SPUNTI E CON UN FASCINO MACABRO DI GENUINA POTENZA

Pupi Avati torna all'horror e azzecca praticamente tutto. Da giovedì 22 agosto al cinema.

Rudy Salvagnini, lunedì 22 luglio 2019 - Recensioni

Roma, 1952. Il giovane funzionario ministeriale Furio Momenté viene convocato dal suo superiore per una questione delicatissima. In Veneto, un minore ha ucciso un coetaneo convinto di uccidere il diavolo. Per motivi elettorali la questione va trattata in modo da evitare scandali. La madre della vittima è molto potente e, da sostenitrice della causa della maggioranza politica, ha cambiato opinione assumendo una posizione assai critica nei confronti della Chiesa e di chi politicamente la supporta. Il compito di Momenté è quindi quello di evitare un coinvolgimento di esponenti del clero nel procedimento penale in corso. Durante il lungo viaggio in treno, Momenté legge i verbali degli interrogatori condotti dal giudice istruttore, a partire da quello del piccolo assassino, Carlo. La realtà che comincia a dispiegarglisi davanti è complessa e sinistra, ma le cose, una volta che si troverà sul posto, si dimostreranno ben peggiori.

Pupi Avati si è fatto un nome soprattutto con commedie agrodolci che hanno saputo cogliere in modo magistrale la natura umana e i sentimenti che la animano. Ma, senza considerare il registro finemente grottesco che ha caratterizzato i suoi personalissimi esordi, Avati ha anche lasciato un segno indelebile nell'horror italiano, realizzando un pugno di capolavori capaci di creare una sorta di sottogenere che è stato definito come gotico padano.

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