BORDER: CINEMA FANTASTICO CHE RIBALTA LE PROSPETTIVE E APRE LA MENTE

Il film di Abbasi evoca con le sue metafore la società contemporanea e costruisce esempi, analogie, sentimenti condivisi. Premiato a Cannes e ora al cinema.

Roy Menarini, giovedì 28 marzo 2019 - Focus

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Eva Melander . Interpreta Tina nel film di Ali Abbasi Border - Creature di confine.

Una visione un po' rigida del fantastico lo fa sembrare poco più di un concetto vago, una borsa da palestra cinematografica da cui estrarre di volta in volta l'horror, il fantasy, la fantascienza, e così via. In verità, il fantastico è sempre un ibrido, e la mancata classificazione di tante opere, sospese a metà tra i territori narrativi, altro non è che la mancata attribuzione al genere archetipico. Border è un caso emblematico. Difficile decidere che cosa sia, difficile trovare un'etichetta che tenga insieme il dramma psicologico, il noir, il fantasy, il melodramma, l'orrore, di cui si nutre con grande voluttà (e talvolta con un pizzico di meccanicità). Ed è appunto il fantastico, che va considerato una visione del mondo e uno strumento di lettura della realtà, prima ancora che una griglia di riferimento simbolico.

Quel che accade ai protagonisti, al netto degli spoiler, ha un potere trasformativo profondo, e dialoga anche con la potenzialità più taciuta del mezzo cinematografico, quella dell'emancipazione.
Roy Menarini

Attraverso un prodigioso esempio di personaggio femminile - che durante il film mette però a repentaglio le nostre certezze su mascolino e femminino, su razionale e ferino - Border riesce a parlare agli esclusi, ai marginali, agli ingiustamente trattati, ai brutti, a coloro che si sentono estranei. Ecco un'altra qualità del fantastico: evocare la società contemporanea, costruire esempi, analogie, sentimenti condivisi.

Ali Abbasi cerca anche di evitare un rischio sempre incombente, edulcorare il dolore e la solitudine del mostro. Lo scavalca grazie al fatto che i suoi freak non sono principalmente vittime del loro aspetto, che costituisce stranezza ma non persecuzione. Talora anzi vengono apprezzati e sfruttati per le loro qualità. Sono esclusi, certo, ma sono utili: Tina ha un olfatto formidabile e una capacità soprannaturale di scovare i colpevoli. Il suo ruolo si svolge alla dogana, in uno spazio di confine, in un accesso-limite, un po' come accade a Bruce Willis in Unbreakable, un guardiano che, toccando i sospetti, "annusa" e vede le loro malefatte. Vore invece ha abbracciato a tutti gli effetti l'alterità e nutre un antagonismo profondo, venato di vendetta, per gli uomini che lo hanno maltrattato.

E qui si sviluppa l'aspetto forse meno trasgressivo di Border: negoziare la propria esistenza o andare al conflitto. L'idea del film - e del romanzo del talentuoso John Ajvide Lindqvist - è quella di sdoppiare il mostro. In coppia, la mostruosità viene guidata attraverso un percorso di conoscenza di sé, che sviluppa una dimensione melodrammatica, del resto tipica del genere, dai tempi di Il mostro della laguna nera fino a Guillermo del Toro e al suo La forma dell'acqua (guarda la video recensione).

In questo modo, Abbasi e Lindqvist (anche sceneggiatore) possono fare quel che è meno consueto per il fantastico, ovvero immergerci nel punto di vista del mostro quando si confronta finalmente con un proprio simile e quando esplora la propria natura. Senza liquidare l'aspetto corporeo, erotico, animalesco del rapporto e della scoperta. Il fantastico apre il mondo esperito, ribalta le prospettive e modifica i punti di vista sulle cose. Tocca allo spettatore imparare dal fantastico, non a noi spiegarne le metafore. A patto di saper guardare.

In foto una scena del film Border - Creature di confine.
In foto una scena del film Border - Creature di confine.
In foto una scena del film Border - Creature di confine.
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