IL VIAGGIO DI YAO, UN INVITO A RIPRENDERE IN MANO LA PROPRIA ESISTENZA

Non è difficile scorgere nel film il desiderio di Omar Sy di fare il punto della propria carriera. Dal 4 aprile al cinema.

Marianna Cappi, martedì 26 marzo 2019 - Focus

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Omar Sy (46 anni) 20 gennaio 1978, Trappes (Francia) - Capricorno. Interpreta Seydou Tall nel film di Philippe Godeau Il viaggio di Yao.

Nel racconto della star del cinema francese Seydou Tall che decide di rivedere la sua tabella di marcia e lasciare la comfort zone dell'Hotel Radysson di Dakar, per riaccompagnare un ragazzino di tredici anni nel suo villaggio nel nord del Senegal, non è difficile leggere un desiderio dell'attore campione d'incassi Omar Sy di fare in qualche modo il punto della propria carriera. Lo testimonia non solo il coinvolgimento dell'attore come co-produttore del film (per lui si tratta di una prima volta) ma anche lo spazio dato al paese di origine di suo padre, il Senegal, e in generale un mood velato di nostalgia che nel film attornia il suo personaggio dall'inizio alla fine.

Indossando l'alter ego di un professionista del mondo del cinema in procinto di separarsi dalla moglie, il personaggio di Tall/Sy inscena una situazione di crisi per rendere credibile il richiamo di un'avventura fuori dagli schemi e dalle strade asfaltate, verso la propria infanzia e le proprie origini profonde.
Marianna Cappi

Al di là del risvolto personale, ipotetico ma non inverosimile, Il viaggio di Yao ha anche un aspetto sociale e culturale più ampio e immediatamente evidente, per cui, nell'epoca dei viaggi forzati dai paesi dell'Africa verso l'Europa della democrazia e della pace, l'attraversamento del paesaggio geografico e umano del Senegal, si fa promemoria importante dell'esistenza di un paese di indubbia bellezza e fascino, oltre che di un altro modo di vivere, che per molti versi è più povero soltanto in apparenza, ma conserva una tradizione di socialità che in Europa è andata drammaticamente perduta (Yao non capisce, per esempio, perché Seydou abbia chiamato un clown per animare la festa di suo figlio e non lo abbia fatto lui stesso).

C'è, infine, la possibilità di illuminare il film da una terza angolatura, più propriamente cinematografica. Il road movie di Philippe Godeau non guarda al cinema-verità né tantomeno al cinema dei paesi africani, ma affonda le sue radici (visto che di questo di parla) nella commedia francese che negli ultimi decenni ha avuto più riscontri al botteghino, quella, cioè, che sfrutta pregiudizi e luoghi comuni per giocare a ribaltarli col sorriso sulle labbra. Si potrebbe dire che Il viaggio di Yao metta insieme - posizionandosi al centro, come un mediatore culturale - i due poli della commedia dei buoni sentimenti da un lato, di cui Omar Sy è esponente di spicco, e del genere di Benvenuti al Nord e dei tanti suoi epigoni dall'altro. L'esistenza di un pregiudizio non è mai esplicitata, ma quel che Godeau racconta è proprio che l'Africa è sconosciuta agli stessi africani, almeno quelli che, pur venendo da quelle terre, se ne sono allontanati nel tempo e nello spirito. Il viaggio di Yao diventa così il viaggio di Seydou, ma anche un invito aperto, rivolto a chiunque abbia il desiderio o il bisogno di allontanarsi dai percorsi prestabiliti da altri per riprendere in mano il volante della propria esistenza.

In foto una scena del film Il viaggio di Yao.
In foto una scena del film Il viaggio di Yao.
In foto una scena del film Il viaggio di Yao.
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