Il film di James Kent ha il merito di riportare su grande schermo il celebre 'post-war melodrama', ovvero il melodramma ambientato nell'immediato dopoguerra. Al cinema.
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In inglese si chiama "post-war melodrama", ovvero melodrammi cinematografici ambientati nell'immediato dopoguerra. Tra i più noti ci sono film come I migliori anni della nostra vita (forse uno dei più conosciuti, diretto da un maestro del genere come William Wyler) o Odissea tragica di Fred Zinnemann. In tutti i casi, sullo sfondo di terribili tragedie causate dal conflitto mondiale si snodano le vicende dei singoli, talvolta sentimentali talvolta esistenziali. Tra quelli ambientati in Germania, Il terzo uomo non può che venire alla mente, anche se somiglia ben più a un noir che a un melodramma. Fa dunque piacere ritrovare questa densa memoria cinematografica d'altri tempi in La conseguenza, nel quale domina Keira Knightley in un ruolo che le sembra cucito su misura: moglie di un militare inglese di stanza ad Amburgo, madre dolorosa privata di un figlio morto nei bombardamenti, attratta da un uomo tedesco ambiguo e bello e da una possibile, nuova famiglia.
Tra i temi interessanti, anche una certa comprensione per i tedeschi umiliati, feriti e sterminati dai bombardamenti massicci dell'ultima battaglia. Il film è ambientato pochi mesi dopo la fine delle ostilità, e - pur con un contesto scenografico di prammatica - offre quanto meno una dimensione di umanità ferita agli amburghesi che sono visti scavare disperatamente, giorno per giorno, per ritrovare tra le macerie almeno i resti dei proprio cari, defunti. Anche in questo caso, un po' di storia del cinema viene in soccorso. Una delle indagini più utili sul cinema di guerra è proprio quella che osserva lo "sguardo sul nemico".
A seconda del periodo, i film mutano la rappresentazione della controparte, dalle figurazioni più ostili e quasi bestiali via via fino ad accenti di comprensione e umanità, come in questo caso. Non tutto è lineare, e non è detto che - man mano che ci si allontana cronologicamente dal conflitto - le cose si facciano più pacifiche. Nel caso del conflitto in Vietnam, per esempio, la questione ha oscillato parecchio, impregnata com'era di visioni ideologiche dell'intervento statunitense.
In La conseguenza, invece, non vibra un'agenda sociale urgente, nulla ci riporta ai conflitti contemporanei e nulla sembra alludere a qualcosa di più del romanzo d'appendice (di cui non si vuole dare, sia chiaro, un'accezione negativa). Tutto è concentrato sulla storia e sul dipanarsi del triangolo bellico-passionale, con qualche brivido in più riguardante la vera identità del personaggio interpretato da Alexander Skarsgard.
Rimane semmai da chiedersi del target di film come La conseguenza i quali - se da una parte fa piacere vengano ancora prodotti, pur evidentemente démodé - dall'altra sembrano anche inseguire un pubblico maturo da sala cinematografica, per poi rischiare di perdersi nei palinsesti sempre più rigonfi delle televisioni o nei cataloghi sempre più infiniti della piattaforme di streaming. E in fondo, il buon vecchio melodramma del dopo-guerra ci parla, arrivando da lontano, anche del consumo di oggi e del ruolo della storia del '900 nel cinema contemporaneo.