Vincono tutti o quasi in un'edizione ecumenica, ma non Glenn Close.
Un'edizione degli Oscar caratterizzata dall'assenza di un presentatore e quindi da molta serietà e pochissimo humour. Evitato così ogni rischio di scorrettezza politica, in un anno che, anche nei premi, sembra distribuire riconoscimenti a minoranze che spesso hanno contestato la supremazia bianca della manifestazione. Sul palco si alternano afroamericani e messicani, si raccontano storie di immigrati e di omosessuali, nel nome della libertà di credo e di sessualità.
Nessuno dei contendenti principali resta a secco, neppure Spike Lee (BlackKklansmann (guarda la video recensione)), da sempre escluso dagli oscar competitivi, nonostante una carriera incredibile. Segno che qualcosa è cambiato, che #OscarsSoWhite non è stato speso invano, che il processo di svecchiamento dell'Academy è in corso, benché l'assegnazione del premio di miglior film a Green Book rappresenti una visione tradizionalista del cinema. Peccato per la grande Glenn Close, esclusa anche in una serata così "ecumenica": a 71 anni diminuiscono le chance di un'ottava nomination e di vincere la sospirata e meritata statuetta.
La sorpresa più grande arriva in conclusione di serata. Green Book di Peter Farrelly è il miglior film del 2019 secondo l'Academy, davanti a Roma e Bohemian Rhapsody.
O su come il talento possa rappresentare una maledizione quando le circostanze sono ostili. Cinema commovente, che fa bene al cinema, nato e concepito per la sala cinematografica, in tempi di Netflix e di digitale. Steven Spielberg, ringraziato dai vincitori, dice di averlo visto cinque volte e che Green Book è il miglior buddy movie dai tempi di Butch Cassidy.
Non si contano i premi assegnati ai registi messicani negli ultimi anni, tra Inarritu, Del Toro e Alfonso Cuaron (Gravity). Per Cuaron quello per Roma (guarda la video recensione) è il secondo oscar come miglior regista (terzo se si considera quello per la fotografia di qualche ora fa).
Roma è un raffinatissimo esito registico, in cui ogni inquadratura impone l'attenzione del nostro sguardo. Cuaron ringrazia il Messico e le domestiche di tutto il mondo, a cui dedica questo racconto autobiografico sulla donna che lo allevò, tanti anni fa, nel quartiere natale di Roma.
Il successo di Olivia Colman per La favorita (guarda la video recensione), alla sua prima interpretazione, coincide con l'ennesima volta (settima nomination) in cui il premio sfugge a Glenn Close, che dal palco la Colman definisce come "il suo mito per anni".
Un ruolo unico e audace, quanto mai contemporaneo benché ambientato nel XVIII secolo, che vale a Colman un inatteso premio oscar.
Era di gran lunga il favorito della vigilia Rami Malek, autore di una performance di mimesi sorprendente per vestire i panni di Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody (guarda la video recensione).
Nella categoria erano presenti mostri sacri come Willem Dafoe e Christian Bale, ma alla sua prima nomination è il 37enne americano, figlio di immigrati egiziani, ad aggiudicarsi l'ambito premio. Nel discorso di ringraziamento ricorda che il film su Freddie Mercury è anche la storia di un "omosessuale immigrato, che ha lottato contro ogni tipo di discriminazione per arrivare lontano".
Il primo oscar della serata è afroamericano. E meritatissimo. Nel ruolo di una madre disposta a ogni sacrificio per ricostruire un nucleo familiare, Regina King sfrutta al meglio i pochi minuti che le sono concessi in Se la strada potesse parlare.
Il testo di James Baldwin è valorizzato da un'interpretazione decisamente da Oscar. Prima nomination e primo Oscar.
Secondo oscar alla seconda nomination nel giro di tre anni, probabilmente un record per Mahershala Ali, secondo attore afroamericano a vincere due statuette.
Pianista straordinario ed essere umano asociale e disfunzionale, minoranza di una minoranza che sceglie testardamente di scontrarsi con il razzismo del Sud degli Stati Uniti. Ali ringrazia il protagonista Viggo Mortensen e la nonna, che lo ha spinto a provare e provare nella carriera sognata, anche di fronte agli insuccessi sulla strada di attore.
Secondo premio della serata per Green Book (guarda la video recensione).
La psicologia dei due protagonisti, ben più complessa di quanto possa apparire, emerge proprio a partire dai loro duetti in automobile.
Per la sceneggiatura tratta da un libro vince il suo primo oscar BlackKklansman (guarda la video recensione).
Spike Lee, visibilmente emozionato, ringrazia con molti appunti in mano, e parla come un uomo che da anni voleva recitare queste parole sul palcoscenico degli oscar. Ricorda la schiavitù di quattro secoli fa, ricorda cosa significa privilegiare l'Amore contro l'Odio e che le elezioni sono dietro l'angolo: "Fate la cosa giusta, do the right thing!".
Alfonso Cuarón fa tutto da solo per Roma, ma il suo lavoro è allo stato dell'arte in ogni aspetto. A partire dalla fotografia, prevedibilmente premiata con l'Oscar.
Fino all'apogeo della sequenza della spiaggia, con la luce del sole sfruttata in maniera mirabile nei campi lunghi e lunghissimi. Cuarón ringrazia Emmanuel "Chivo" Lubetzki, suo abituale direttore della fotografia, nel discorso di accettazione del premio, oltre a tutto il popolo messicano.
Si sta svolgendo al Dolby Theatre di Hollywood la 91a edizione degli Academy Awards. Un'edizione anomala che per la prima volta dopo trent'anni non si avvale di un presentatore ufficiale, ma sul palco più prestigioso di Los Angeles si stanno susseguendo personalità di spicco del mondo dello spettacolo (e non solo) a consegnare i premi. Una decisione che ha smosso le polemiche intorno alla manifestazione già prima del suo inizio e che farà sicuramente discutere anche a fine serata.
Scopri tutti i vincitori che vengono via via annunciati.
Oltre al montaggio sonoro Bohemian Rhapsody si aggiudica anche il premio per il montaggio tout court.
Una chiave del suo incredibile successo.
I contendenti erano già rassegnati, tanto era scontata l'assegnazione. Alfonso Cuarón si aggiudica il secondo premio per Roma, storia dell'omonimo quartiere di Città del Messico, e in particolare di una domestica, Cleo, e delle sue traversie e tragedie. Cleo è il simbolo di una nazione vessata dalla storia, ma capace di una resilienza non comune e di una generosità che non conosce confini.
Durante il discorso di ringraziamento Cuarón cita grandi vincitori del passato, come Rashomon di Akira Kurosawa, e afferma che i film candidati oggi in questa categoria "confermano che apparteniamo tutti allo stesso "oceano" artistico".
Sulle lotte civili e le battaglie di minoranze prevale il relativo disimpegno di un documentario dedicato a una prestazione sportiva straordinaria.
Il documentario, girato da Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin e prodotto grazie al National Geographic, alterna le immagini dell'impresa a un approfondimento sulla vita di Honnold e sulle battaglie del suo quotidiano, anch'esso irto di pericoli.
L'afrofuturismo colpisce ancora, grazie ai set costruiti digitalmente e non attorno alle miniere di vibranio della nazione di Wakanda. Hannah Beachler ha plasmato un mondo di pura fantasia che si rivela agli occhi degli spettatori.
Il successo straordinario di Black Panther deve moltissimo alla scenografia che deve all'estetica blaxploitation più che a quella tipicamente Marveliana.
Prima statuetta anche per Bohemian Rhapsody, attesa e prevista.
In particolare nella sequenza della creazione del brano che dà il titolo al film il lavoro di montaggio sonoro è inarrivabile.
Un Oscar sorprendente per un film colpevolmente trascurato dall'Academy.
Il film deve molto ai suoi effetti speciali, che non puntano mai a stupire con effetti digitali mirabolanti, bensì a ricostruire nella maniera più realistica possibile la sensazione di pericolo di un astronauta coinvolto in un'impresa folle e pericolosa.
Mentre chiunque si sarebbe atteso un Oscar per il film in costume, ambientato alla corte della regina d'Inghilterra, ecco la prima statuetta non tecnica di sempre per un film di supereroi. Era chiaro che Black Panther (guarda la video recensione) non rimanesse a mani vuote, ma il premio per i migliori costumi non era il più atteso.
Carter dedica il premio alla madre 97enne, il "supereroe originario".
Come era nelle previsioni di molti, l'Oscar per il miglior trucco va a Vice (guarda la video recensione).
Il film infatti si basa sulla mimesi dei membri dell'amministrazione Bush ed è parte della sua ricostruzione corrosiva e intrisa di satira.
Il film dedicato alla storia dei Queen cattura anche l'altra categoria tecnica sul sonoro.
E brilla in modo particolare nella sequenza che ricostruisce il concerto del Live Aid, capolavoro di mimesi e di resa ai massimi livelli del pathos sonoro della performance di Freddie Mercury e soci.
Tutti se lo aspettavano ed è arrivato. Dopo un'esibizione commovente di Bradley Cooper e Lady Gaga, ecco l'oscar per Shallow, canzone attorno a cui ruota A Star is Born, scritta da Mark Ronson per la voce e l'interpretazione di Lady Gaga.
Gaga ha ringraziato per il premio tra le lacrime, rivolgendosi a chi segue la cerimonia dal divano di casa: "Ho lavorato duro per tutta la vita per arrivare qui. Ma non è mai stata una questione di vincere qualcosa, bensì di non arrendersi alle avversità, nemmeno quando tutto sembra andare contro di te".
Il premio, in una categoria tra le più indecise e combattute, va a Black Panther (guarda la video recensione).
Il giovanissimo svedese Ludwig Goransson, compagno di studi del regista Ryan Coogler, ha già composto le musiche per il suo film precedente Creed.
L'Oscar per il miglior cortometraggio live action va a Skin, dell'israeliano Guy Nattiv e di Jaime Ray Newman.
Il regista ha dichiarato, dedicando il premio al figlio, che spera possa vivere in un mondo in cui non ci sia bisogno di film come questo.
Anche qui il pronostico è rispettato: Period. End of Sentence è prodotto da Netflix, come uno dei trionfatori della serata, Roma (guarda la video recensione).
In particolare in India, oggetto delle attenzioni della regista Rayka Zehtabchi, dove alcuni degli intervistati parlano del ciclo mestruale come di una malattia.
La Pixar si rifà nella categoria dei cortometraggi di animazione, come da pronostico.
Una fiaba deliziosa, contraddistinta dai colori e dalla sensibilità che hanno reso grande la Pixar.