EASTWOOD-REDFORD: VITE (QUASI) PARALLELE DI DUE GRANDI VECCHI

È come se i due autori si fossero accordati anche per una certa uscita di scena, che comunque non ci sarà.

Pino Farinotti, lunedì 11 febbraio 2019 - Focus

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Clint Eastwood (Clinton Eastwood Jr.) (94 anni) 31 maggio 1930, San Francisco (California - USA) - Gemelli. Interpreta Leo Sharp nel film di Clint Eastwood Il Corriere - The Mule.

Il quesito può essere: perché due grandi attori, ma anche personaggi di vertice in generale, come Clint Eastwood, classe 1930, e Robert Redford, 1936, hanno deciso, verso la fine della loro carriera di interpretare due criminali, seppure particolari, persino simpatici? In The Mule Eastwood è Leo Sharp, veterano della seconda guerra mondiale, con una grande passione per i fiori, che venne arrestato a novant'anni per traffico di droga. Nel recente Old Man & the Gun Redford dà corpo e volto a Forrest Tucker, un ottantenne di grande fascino, che entrava nelle banche, si toccava una tasca come se ci fosse una pistola, che non c'era, e riusciva a farsi consegnare il bottino.

Eastwood-Sharp e Redford-Tucker è come se si fossero accordati per una certa uscita di scena, che comunque non ci sarà. I due avrebbero certo attratto il greco Plutarco, quello delle "vite parallele", primo secolo dopo Cristo.
Pino Farinotti

Quei due, dopo tanti ruoli di modelli positivi, garanti, magari eroici, hanno voluto cambiare pelle, come se quelle loro rughe, una vera carta geografica dell'America, fossero una franchigia, e un esperimento (quasi) finale, riuscito. Politicamente, è notorio, Eastwood è un repubblicano riconosciuto, ma senza essere oppresso dall'ideologia. Ha sostenuto, in prevalenza, candidati della destra, ma anche candidati "liberal" nelle varie campagne per la Presidenza e per il governo dei singoli Stati. La sua azione è talmente vasta che occorre andare a campione. Non si può non citare alcuni dei politici da lui sostenuti, a partire dal lontanissimo 1951, quando si schierò per Eisenhower, nel 1972 per Nixon, e nel 2016 per Trump. Tutti vincitori, guarda caso.

Eastwood nei film ha davvero fatto tutto. È stato il "biondo" di Sergio Leone, il westerner più buono che cattivo che ha inventato un modello infinito. È stato Callaghan, il giustiziere oltre le regole, in una serie di film che la critica condannava perché di ultradestra. È stato tante volte eroe, da giovane, da adulto e da anziano. È stato anche il romantico amante dei Ponti di Madison County, il vecchio reduce della Corea che si sacrifica in Gran Torino. E molto, "tutto altro". Esemplari sono due film, Flags of Our Fathers dove racconta la battaglia di Iwo Jima dalla parte dei marines e poi Lettere da Iwo Jima nella visione dei giapponesi. Un bel modello di equilibrio umano, politico e artistico e di onestà intellettuale.

L'Eastwood di Mule 89enne, ancora una volta è come se esternasse un pudore al contrario. Mostrando quelle rughe come strumento di identità che non finisce mai. Più volte ha dichiarato "sarà il mio ultimo film come attore". Ha sempre disatteso e continuerà a farlo, se è vero che è già in montaggio un nuovo titolo, Impossible Odds. Bene così, teniamocelo stretto Clint.

Robert Redford, parallelo ma diverso. È un liberal assoluto, senza ripensamenti, amatissimo dal sistema del cinema americano, sempre in prima linea nella manifestazioni per i diritti tutti. Per Redford produco lo stralcio del mio editoriale su Old Man & the Gun.

Robert racconta: "Penso a me stesso da bambino e mi domando se quel bambino oggi sarebbe fiero di me, se la risposta è no, beh, continuo sulla mia strada, se è sì, allora so che sono esattamente dove dovrei essere". Credo che Redford abbia tutte le ragioni per essere soddisfatto di se stesso. Non c'è dubbio che sia dove voleva essere. In Come eravamo fa Hubbel, uno studente che scrive un racconto. L'incipit: "Egli era come la nazione in cui viveva, aveva avuto tutto troppo facilmente". Robert ha avuto tutto abbastanza facilmente. Ci ha messo del suo come quando da ragazzo andò a Firenze per studiare l'arte e poi a Parigi per rendersi conto di quella cultura illuminista che aveva cambiato le cose. Una base utile per poi fare quello che ha fatto. Nei suoi ruoli, superata la fase giovanile dove hai responsabilità minori, ha sempre trasmesso l'impegno sociale, i diritti, le uguaglianze, l'ecologia, la giustizia, il futuro, la trasgressione utile. Qualche titolo, fra i tanti, esemplare. In Corvo rosso non avrai il mio scalpo è un uomo che abbandona la cosiddetta civiltà per vivere nella natura, anche se è doloroso. in Tutti gli uomini del presidente è Bob Woodward, il giornalista che con Carl Bernstein scoperchiò l'abnorme malaffare del Watergate costringendo il presidente Nixon alle dimissioni. Nel Cavaliere elettrico salva un purosangue da dieci milioni di dollari dal marketing di una multinazionale che lo stava distruggendo, e lo riporta fra le montagne del Wyoming. In Brubaker comanda una prigione, ne cambia le regole: idolo dei detenuti, licenziato dai dirigenti. In The Conspirator, dov'è regista, difende la posizione di una donna coinvolta nell'assassinio di Lincoln: quando si dice trasgressione. Poi c'è la sua azione nel movimento, pensiamo al Sundance, e al sostegno ai giovani, e a quanti cineasti oggi affermati lo debbano a Redford. Sì, grande artista e grande uomo".

Eastwood e Redford sono legati da un altro piccolo paradosso: non hanno ottenuto gli Oscar come attori, ma come registi. In questa chiave Eastwood prevale, quattro a due: Oscar al film e alla regia per Gli spietati (1993); e ancora al film e alla regia per Million Dollar baby. Redford ha ottenuto, nel 1981, l'Oscar alla regia per Gente comune e uno alla carriera nel 2002.

I due nomi in questo editoriale pesano. Volendo opporre a Eastwood e a Redford qualche collega di questa epoca... preferisco non farlo. Mi limito a concludere: passatisti, è bello, è meglio.

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