In The Equalizer 2 veste i panni di un eroe non lontano dall'essere super che adempie ogni tipo di missione, umanitaria o lapidaria, per ridurre le distorsioni del mondo e regolare i conti nel nome del Padre. Dal 13 settembre al cinema.
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Figlio di un pastore protestante, Denzel Washington è cresciuto ad Harlem e nella fede. Alla maniera di Robert McCall, vecchio agente della CIA che salva le anime perdute e le rimette sulla retta via, l'attore consacra il suo tempo e la sua energia a servire il Signore e il prossimo. Le sue convinzioni religiose riemergono prepotenti in The Equalizer 2, secondo episodio di una saga cinematografica adattata da una serie televisiva degli anni Ottanta. The Equalizer 2 riprende il personaggio irreprensibile di Denzel Washington tra routine quotidiana, peripezie straordinarie e sanzioni fisiche. A questo giro e in questo girone di peccatori, il nostro vorrebbe soltanto leggere Proust ma l'Eterno non manca di richiamarlo al suo dovere: salvare madri e orfani in ambasce, soccorrere anziani nostalgici e vecchi amici. Sempre pronto a incrociare la "cattiva strada" per dirottarla verso la luce, McCall colleziona buone azioni e prediche bibliche, spacca dita, braccia, facce, chiede indietro l'occhio secondo un principio di rivalsa proporzionale al danno subito, rientra a casa e risale il (suo) tempo perduto.
A un angelo della vendetta di grana grossa apporta una sorta di eternità, facendone una figura trascendente, capace di passare attraverso le convenzioni di serie B senza perdere niente delle sue qualità. Esemplare la sequenza finale in cui l'attore sublima il corpo, evolvendo in un'altra dimensione fino a diventare presenza fantomatica al cuore di una tempesta e di un décor western. Denzel Washington non è praticamente più visibile ma è dappertutto. Dopo il primo Equalizer e per il suo primo sequel, Washington preferisce andare altrove che ripetersi, giocando abilmente col carattere monumentale e inafferrabile della star, proprietà in cui Alain Delon eccelleva. Del resto non si diventa per caso il primo attore afroamericano strapagato (venti milioni a film).
Oscar vinto come miglior attore per il poliziotto corrotto di Training Day, dopo aver ricevuto dodici anni prima quello di migliore attore non protagonista per Glory - Uomini di gloria, Denzel Washington ha costruito la sua carriera senza azzardi. A immagine di Frank Lucas (American Gangster), ha mantenuto un profilo basso, una condotta umile, una logica fredda ma decisamente politica che gli ha permesso di contestare e integrare insieme il sistema. Impeccabile e dotato come il trafficante di Harlem di una durezza 'civilizzata' si è preso progressivamente tutto.
Impermeabile alle pressioni sociali, riguardo al ruolo che dovrebbe o non dovrebbe interpretare, il divo nero conduce la sua battaglia secondo le regole di Hollywood, sul terreno del denaro e di un successo fiero. È un white-collar ansioso di competere, di lavorare di più e di guadagnare di più, salvando, se serve, anche l'ultimo esemplare della Bibbia in blockbuster senza salvezza (Codice Genesi).
Al suo debutto, la prestazione in Grido di libertà che racconta l'incontro tra un giornalista bianco e un attivista sudafricano e la presa di coscienza del primo, l'attore dichiara subito un impegno politico tacito. Ex schiavo al fianco di Morgan Freeman e al centro del 54° reggimento del Massachusetts, il primo costituito da afroamericani durante la Guerra di Secessione (Glory - Uomini di gloria), leader dei diritti civili dei neri negli Stati Uniti per Spike Lee (Malcolm X), netturbino di Pittsburgh che sognava di diventare una star del baseball in un tempo in cui gli afroamericani non avevano il diritto di giocare coi bianchi (Barriere), Denzel Washington porta e mette in scena (The Great Debaters - Il potere della parola e Barriere) la cultura di una comunità e le tappe dell'evoluzione della condizione nera in America.
A sessantaquattro anni tra film éngagé e mega produzioni, Denzel Washington non perde tempo e torna al cinema con un giustiziere borderline, ruolo di predilezioni che ha sviluppato con maggiore sottigliezza in Man on Fire o The Manchurian Candidate. Un eroe non lontano dall'essere super che adempie ogni tipo di missione, umanitaria o lapidaria, per ridurre le distorsioni del mondo e regolare i conti nel nome del Padre.