Dai film per la TV alle comparsate per registi come Ettore Scola e Martin Scorsese. Fino alla vittoria della Palma d'Oro con Matteo Garrone.
Eroe perdente di Dogman, attore ignorato in Italia, star a Cannes. Marcello Fonte è la dimostrazione che le strade per il cinema sono infinite e, imprevedibile, è la propria storia. "La mia vita è il cinema", ha detto allo scorso Festival di Cannes ritirando, emozionato, la Palma d'oro per il miglior attore in Dogman di Matteo Garrone. Dovevamo aspettare il festival francese per riconoscere il talento che non eravamo riusciti a vedere. E quel momento Marcello Fonte se l'è goduto fino in fondo. Dopo l'urlo di Benigni, «Marcellooo!», l'attore ha esitato un istante prima di salire sul palco. «Pensavano che non avessi capito ma invece io volevo godermelo. La vita è piena di cose brutte. "Facciamolo durare un po' di più" mi sono detto. E ho contato fino a tre», racconta il piccolo grande Dogman. Un traguardo non solo per la sua carriera, ma una ricompensa e un incoraggiamento a un uomo dalla ferrea determinazione che è arrivato a troneggiare tra predecessori come Marlon Brando, Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté, fino a Joaquin Phoenix. La sua storia però non è solo quella di una lunga gavetta nella scalata al successo, ma un percorso di resistenza morale a una vita che non sempre gli ha sorriso.
Con un passato da scout, Marcello all'età di 10 anni ha imparato a suonare il rullante per la banda musicale del suo paese. Un'esperienza che nel 2015 rielaborerà nel film Asino vola, da lui scritto, interpretato e co-diretto insieme a Paolo Tripodi, presentato infine al Locarno Festival. Lì Marcello diventa Maurizio, parla con asini e galline, come lui da piccolo faceva con il cagnetto Bechi e con i cani di cui si prende cura in Dogman. Cresciuto, come lui, in una discarica, salvato da un'immaginazione che gli ha permesso di riscrivere la realtà. «Chi l'ha detto che gli asini non volano? Se ci credi li vedi».
A 19 anni si è trasferito a Roma e ha fatto qualsiasi mestiere, sarto, imbianchino, barbiere e infine comparsa. Appena arrivato nella capitale non sapeva nemmeno se voleva fare l'attore, poi per caso, al Teatro Valle dove lavorava come custode, spinto anche dal fratello scenografo, si è creato un ruolo vacante e lui non ci ha pensato due volte a prenderlo. Marcello così si è appassionato alla recitazione e ha ottenuto piccole parti in produzioni televisive e cinematografiche, tra cui il programma tv Stracult, la serie tv Don Matteo e l'ultimo, La mafia uccide solo d'estate, la serie diretta da Luca Ribuoli e tratta dall'omonimo film diretto e interpretato da Pif. Le comparse, con gli anni, sono diventate sempre più importanti, portandolo a lavorare per grandi registi tra cui Ettore Scola per Concorrenza sleale, Martin Scorsese per Gangs of New York e Alice Rohrwacher per Corpo celeste.
Nel frattempo al Teatro Valle Occupato Marcello Fonte era diventato un nome, tra gli attivisti più entusiasti e disponibili, conosciuto nei centri sociali della capitale come quello del cinema Palazzo o dell'Angelo Mai, costruendosi così una reputazione nell'ambiente romano ma fuori dei giri del cinema italiano che contano. Il suo è il percorso di un outsider che, infine, è arrivato.
È proprio grazie a quei centri sociali che conosceva bene che Marcello Fonte ha avuto il suo primo ruolo più importante, la parte del Greco in Io sono tempesta (guarda la video recensione) (2018) di Daniele Luchetti: la storia di un ricco uomo d'affari, condannato per evasione fiscale, che deve scontare la sua pena in un centro sociale. Nello stesso anno Marcello, però, si trasforma nel Canaro della Magliana per Garrone che ha rivelato al mondo il suo talento.
Dai cortometraggi agli spettacoli teatrali in Calabria fino alla Palma d'Oro, quello che ha guidato Marcello Fonte è stata la forza di immaginare la sua vita come uno spettacolo. A forza di immaginarla ci è riuscito.