Un autore vero, un osservatore attento e polemico delle società nelle quali ha agito, dalla Repubblica ceca ad Hollywood.
Miloš Forman è stato un autore vero, titolare di un cinema di livello molto alto, osservatore attento e polemico delle società nelle quali ha agito. Decisiva è la formazione di Forman in un collettivo, la Lanterna magica, che si ispirava alle avanguardie europee, soprattutto di lingua tedesca, fra le due guerre mondiali, e che lavorava su un sincretismo fra cinema e teatro, col condizionamento, pesante, del regime comunista. In "casa", Forman si fa notare dal movimento internazionale, con titoli come Gli amori di una bionda, del 1965, che gli vale una nomination all'Oscar come miglior film straniero. Il regista non può non soffrire il regime immobile e ottuso instaurato dalla burocrazia stalinista e così la Storia sceglie per lui.
Il richiamo può essere a un'altra epoca, e a un altro regime, quando nel 1933, con l'avvento di Hitler, un gruppo di artisti di lingua tedesca emigrò in California. Ci guadagnò il cinema americano. Così come è successo con Forman. Così come spesso accade, un artista che viene da fuori può portare un'intelligenza e una ricerca che sorpassa la visione dei suoi collegi autoctoni: si pone in una prospettiva più larga e più alta, possiede informazioni "esterne" che possono arricchire le visione. È esattamente ciò che è successo al cineasta cecoslovacco, che si portava dentro qualcosa che alla comunicazione, e al cinema, giova sempre: una certa rabbia nel giudicare il mondo.
Critico in patria, il regista non smise di esserlo in America. Basti pensare al suo film più importante Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) dove il protagonista Nicholson si finge pazzo e viene internato in un manicomio. Cerca di cambiare le cose dando maggiore libertà agli altri pazienti, ma viene neutralizzato e reso un vegetale dalla terapeuta tetragona e implacabile. Il segnale era quello che l'autore ben conosceva: un ordine inesorabile, politico, che divide la società in schiavi e dittatori. Il titolo ottenne ben cinque Oscar, compreso quello alla regia.
Il pronunciamento, nei due film, era squisitamente formaniano: un'analogia, magari parziale, fra la Cecoslovacchia comunista e gli Stati Uniti che si accreditano come patria della libertà e della democrazia. Il regista dimostra di saper assumere velocemente tutti i registri della cultura e dello spettacolo statunitensi come quando firma Hair (1979) un musical. L'incontro fra un giovane che sta per partire per il Vietnam e un gruppo di figli dei fiori è l'occasione per confrontare due momenti e due modi di intendere la vita. Il tutto cantando e ballando. Altri titoli da ricordare sono Ragtime, Valmont, Man on the Moon, L'ultimo inquisitore, generi sempre diversi. Ma assolutamente ricordabile, è Amadeus (1984) titolo beatificato, giustamente, da critica e pubblico, e non accade quasi mai: è la vita romanzata intima, dolorosa ma con spettacolare cifra credibile, del genio Mozart. Otto Oscar, e secondo per l'autore, alla regia.