Parker Posey raccoglie il testimone da Jonathan Harris e indossa i panni del controverso 'villain' della serie. Ora su Netflix.
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C'è dottore e dottore. E non tutti assecondano il gender swap, ovvero il cambio cinematografico di genere. Quel che per il Doctor Who fu una rivelazione scioccante - il passaggio di testimone a una donna, Jodie Whittaker - per il Dottor Smith di Lost in Space, interpretato nella versione di Netflix da Parker Posey, è sembrato invece una scelta dovuta e convincente. Innanzitutto nei confronti di Jonathan Harris, l'attore che recitò nel ruolo di Zachary Smith, il "villain" della serie, negli anni Sessanta.
Nella serie originale, e in qualche misura anche nel remake Netflix, il Dottor Smith ha un ruolo cruciale nell'origine delle disavventure dei Robinson: la sua identità di psicologo militare nasconde in realtà un secondo lavoro - e una precisa missione.
Come nella serie originale, Smith ha una relazione particolare con il robot, qui dall'aspetto meno analogico dell'originale, con cui Will instaura un'affettuosa amicizia. E il suo rapporto con i Robinson resta all'insegna della manipolazione: più truffatrice che assassina, più manipolatrice che stratega, il carattere di Smith è quello di una donna insieme buffa, egoista, presuntuosa e doppiogiochista. "Questo mix di aggressività e dolcezza era la cifra del personaggio originale e non cambierà. Troppo cattiva? Spero che il pubblico capisca che anche lei in qualche modo deve sopravvivere".
E come ogni cattivo, anche Smith ha la sua nemesi. Che nel nuovo Lost in Space è rappresentata "da tutte le donne dello show. Perchè se Smith è una donna con un suo preciso e forte carattere, le altre non sono da meno. Sono furbe quanto lei, sono ostinate e decise: Smith è la loro dark side".
Per Parker Posey, considerata un'attrice da film indipendente e da poco entrata nell'universo Netflix, l'occasione di Lost in Space "è eccitante e mi riempie di orgoglio. Adoro partecipare a film in cui i bambini non sono per forza quelli di fronte ai quali non si possono dire le cose importanti. I bambini qui sono giovani, intelligenti adulti. Mi sono sempre chiesta perché ci fosse così poca fantascienza a considerarli tali, come personaggi e come pubblico".