Ispirandosi ai musical degli Anni Cinquanta, il film con Travolta e Newton-John è una mimesi di gran classe.
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Grease è un musical del 1978, in realtà potrebbe benissimo datare vent'anni prima, è una mimesi che non si preoccupa di nasconderlo, ed è di gran classe. Si accorsero, allora, che era bene tornare indietro, riportare il musical all'era felice, dopo che il genere, da quegli anni d'oro, si era evoluto, tanto da diventare sociale, tanto da evocare vicende gravi come il Vietnam (Hair) o indicare una metafora di fede e politica (Jesus Christ Superstar). Il musical aveva persino toccato Shakespeare: Baciami Kate! e West Side Story sono rappresentazioni della "Bisbetica domata" e di "Romeo e Giulietta". Contaminazioni magnifiche, una volta accettato quel codice.
È esattamente ciò che succede in Grease che si ispira, come detto, alla stagione degli anni cinquanta, dove prevaleva la "Metro" e il genere raggiunse una tale qualità da diventare l'unica forma d'arte "tutta americana". Un modello può essere Un americano a Parigi, un sincretismo completo: la musica di George Gershwin che non era solo autore leggero, ma anche compositore di sinfonie; una ricerca pittorica che vedeva Gene Kelly uscire da una composizione di Toulouse - Lautrec, e poi lo stesso Kelly, ballerino, coreografo, regista, cantante, attore, l'uomo spettacolo più completo di sempre. Quella stagione evocava una nostalgia irresistibile e su quella giocò il produttore Robert Stigwood, che acquisì i diritti della commedia musicale di Jacobs-Casey e la affidò al regista Randal Kleiser.
I titoli iniziali rimandano a un'altra memoria mitologica, "Love Is a Many-Splendored Thing", dal film L'amore è una cosa meravigliosa, canzone eterna e rapinosa di quel decennio. Danny (Travolta) e Sandy (Newton-John), studenti dell'High School, si innamorano, ma lui deve fare il duro di fronte agli amici. E così gli equivoci si moltiplicano. Lei è australiana e dovrà tornare a casa ma alla fine, ballando e cantando, come dice Sinatra, fanno pace e l'amore trionfa. "Tell me more, tell me more"/"Raccontami di più, raccontami di più" è la canzone simbolo del film, energia, giovinezza e gioia di vivere. Come detta il musical.
L'anno prima, nel '77 era nata la stella del ventitreenne John Travolta, con La febbre del sabato sera. Il registro di John era dunque il ballo, perfezionato poi con Staying Alive. Poi cominciò ad appesantirsi e dovette diventare attore vero. Anche se lo ricordiamo nella strepitosa sequenza di Pulp Fiction ballare quel twist "You can never can tell", con Uma Thurman. E ancora esibirsi nel ruolo dell'angelo danzante in Michael. Poi ha fatto tutto, e lo ha fatto bene: dall'eroe militare allo psicopatico, alla donna obesa. Tornando a Grease, la firma della coreografia era di Patricia Birch, ma quando scorrono i titoli finali, a carattere piccolo, confuso fra i tanti, passa un nome: Gene Kelly.