In tutti i film del regista le donne sembrano nate per sconvolgere, turbare, fare a pezzi il mondo. Per poi restituirlo in tutt'altra forma, non sempre migliore. Al cinema.
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"Le donne sono fatte per sorreggere il mondo", dice Stefania Sandrelli, madre di famiglia in procinto di festeggiare le nozze d'oro nell'ultimo film di Gabriele Muccino, A casa tutti bene. Eppure in tutti i lavori del regista romano, più che sorreggere il mondo, le donne sembrano nate per sconvolgerlo, turbarlo, farlo a pezzi. Per poi restituirlo in tutt'altra forma, non necessariamente migliore della precedente.
È un cast davvero corale quello di A casa tutti bene, circa una ventina tra protagonisti e comprimari, in cui il femminile si moltiplica, si sdoppia (Sandrelli/Impacciatore), fa esplodere conflitti (Michelini), scatenare gli istinti (Crescentini), tenta di sedare gli animi (Sandrelli) e accendere passioni sopite (Cucci). Come se per raccontare l'implosione di una famiglia, tema legato alla stessa biografia del regista - anche lui una madre pittrice, un fratello attore, un burrascoso trascorso sentimentale - Muccino avesse sentito il bisogno di aumentare l'entropia sentimentale dello script affidando a tutte le "sue" donne il compito di alzarne il coefficiente di isteria, ansia, tensione, competizione. Per arrivare a un inedito - almeno nel suo cinema - punto di rottura.
Succede soprattutto nei suoi film italiani. Qui le donne sono come le pistole nei gialli: se Muccino le mette in scena, prima o poi colpiranno qualcuno al cuore. È così fin dal principio, da quell'Ecco fatto in cui una storia di amicizia al maschile (Giorgio Pasotti e Claudio Santamaria) viene turbata dall'entrata in campo di una ragazza (Barbora Bobulova), tema che prosegue in Come te nessuno mai, dove la passione politica di Silvio (Silvio Muccino) si sovrappone alla passione per Valentina (Giulia Carmignani), compagna dell'amico Martino (Giuseppe Sanfelice).
Un topos, quello della donna creatrice e distruttrice, che torna a ripetersi in Ricordati di me, con la coppia Alessia/Giulia (Monica Bellucci e Laura Morante), e inevitabilmente nel sequel de L'ultimo bacio, Baciami Ancora. E che nel decimo film del regista, L'estate addosso, si incarna nell'apparente candore di una ragazzina (Matilda Lutz), la cui energia sessuale è capace di travolgere ogni confine, spezzando qualsiasi legame.
È singolare quanto invece la carriera statunitense del regista, approdato nel 2006 a Hollywood e da allora rimasto a cavallo dei due mondi, abbia tutto un altro rapporto con il femminile.
Ne La ricerca della felicità il protagonista Will Smith viene lasciato dalla moglie che si rifiuta di dargli fiducia, precipitandolo ulteriormente nella povertà; in Sette Anime la moglie di Tim Thomas (ancora Will Smith) muore all'inizio del film, e quando il cuore del protagonista batterà di nuovo per qualcuno sarà per una donna per cui sceglierà di morire. E in Quello che so sull'amore, declinato in chiave di commedia, le donne non sono da meno: da una parte le rapaci seduttrici che l'allenatore George Dryer (Gerard Butler) incontra a bordo campo mentre ne allena i bambini, dall'altra la ex che lo ha lasciato per un altro. E tuttavia è proprio negli Stati Uniti, con un film come Padri e figlie, che Muccino si cimenta per la prima volta con un "a solo" al femminile: storia a cavallo tra passato e presente e tempo in scena equamente diviso tra un padre coraggioso (Russell Crowe) e sua figlia (Amanda Seyfried), confusa, incapace di amare e di sorreggere il mondo esattamente come un uomo.